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Esiste Dio? Sembra di no. Infatti…”: in queste parole forse avrete riconosciuto la celebre apertura dell’articolo terzo questione seconda dell’opera “La Somma Teologica”; celebre poiché in questo punto l’autore, Tommaso d’Aquino, si chiede in che modo si possa affermare se Dio esista. Qualche incauto potrebbe lasciarsi sfuggire un: “Ma è chiaro! Ch’esista s’afferma per fede!”.

Al contrario, la questione non sta proprio in questi termini, infatti «L’esistenza di Dio e altre verità che riguardo a Dio si possono conoscere con la ragione naturale non sono […] articoli di fede, ma preliminari agli articoli di fede: infatti la fede presuppone la conoscenza naturale», d’altro canto è anche vero che «nulla impedisce che una cosa che di per sé è oggetto di dimostrazione e di scienza sia accettata come oggetto di fede da chi non arriva a capirne la dimostrazione»1; cui poi seguirà la nota esposizione delle “cinque vie” per provare quanto detto. Nulla di nuovo, d’altronde la Chiesa da sempre sostiene che «Dio […] può essere conosciuto con certezza con il lume naturale della ragione umana partendo dalle cose create»2.

Perché questa premessa?

Nel marasma della filosofia contemporanea, rassegnata – perlopiù – a negare ogni portata veritativa alla ragione umana, e quindi a dissolverla in costellazioni di opinioni tutto sommato indifferenti fra loro (salvo ridursi, in tal caso, a forse poco più che chiacchiera), emerge dal coro una voce orientata in ben altra direzione. Ecco perché in questo articolo abbiamo deciso di presentare la figura di un grande pensatore italiano del ‘900: Gustavo Bontadini (1903-1990).

Gustavo Bontadini
Gustavo Bontadini

Per introdurlo brevemente, chi fu Gustavo Bontadini? In ambito accademico fu docente di filosofia teoretica presso le università di Urbino, la Statale di Milano, l’Università di Pavia e, dal 1951 in poi, l’Università Cattolica di Milano. Uomo d’acume e di spirito, egli si propose di ridotare la filosofia dei suoi – a quanto pare – dimenticati strumenti costruttivi. Vi era una sola via per uscire dall’impasse creatasi: procedere in modo rigoroso, con gli strumenti forniti dalla ragione. Perché? Perché «se non arriviamo alla verità incontrovertibile, assoluta e capace di negare la propria negazione, ci resta solo l’arbitrio che non è libertà, proprio perché la libertà è assistita, anzi fondata sulla ragione […], ma, appunto per questo […], solo nella libertà, intesa come scelta incondizionata per la verità, la ragione può essere usata validamente. Occorre decidere di seguire la ragione ovunque essa ci porti come ci insegnano Platone e Agostino»3. Proviamo allora a tracciare, necessariamente in breve, le linee di questo percorso.

La parabola della filosofia moderna

Dopo aver condotto studi approfonditi e puntuali sulla filosofia moderna e contemporanea4, Bontadini mostrò in modo criticamente fondato come vi fosse ancora la possibilità di condurre un discorso razionalmente pertinente circa la realtà e l’essere, dandone un fondamento metodologico. Questo il nucleo fondamentale da cui partire.

Il passo successivo è allora quello di indicare il significato – nel modo più evidente – dei termini elementari. Primo: cosa s’intende per essere? E per divenire? Nella nostra esperienza osserviamo continuamente il mutare delle cose (qualche cosa che prima c’era, ora non c’è più, e viceversa, p. es. nascita/morte di un vivente, distruzione di un oggetto, etc.): questo mutare palesantesi nell’esperienza è il divenire. A questo punto, si vede bene come le cose (gli enti) che mutano ci mostrino ch’esse ad un certo momento ci sono, mentre ad un cert’altro non ci sono più: questa differenza distingue – realmente – un momento positivo in cui diciamo che l’ente è (essere), da uno negativo in cui diciamo che l’ente non è più, che è andato distrutto (non essere).

Il teorema di creazione

Ci si chiede allora: mondo, divenire = totalità del reale?

Nel mondo diveniente notiamo infatti come ci sia qualche cosa che non vada; come “l’esperienza del negativo” (sic!) ci desti delle perplessità.

Ogni ente A è tale perché non è non A. Quel gatto è quel gatto perché non è il tavolo, il cane, la pietra e tutto il resto: il suo essere quel gatto è circoscritto, limitato, dall’essere di tutte le altre cose. Però nel divenire, come si diceva, osserviamo come siffatte “cose” vengano meno, pur non venendo meno tale medesima limitazione, la quale, se prima faceva capo all’essere, ora non potrà che far capo al non essere.

Ma in questo modo sarebbe il negativo (non essere) a limitare il positivo, e questo è assurdo: assurdo che il negativo eserciti una “azione” positiva, cioè una limitazione (ciò vale a dire che l’essere – l’esistenza – verrebbe a coincidere con il non essere5); in altri termini, «è contraddittorio che l’essere sia originariamente limitato dal non essere»6.

Perciò questa limitazione dovrà fare capo a un positivo. Positivo, per quanto detto, collocato aldilà dell’esperienza, non soggetto ad alcun divenire, ad alcun mutamento (immutabile), e che sia la totalità dell’essere: quel che viene detto Dio. La conciliazione reciproca di queste due istanze (Dio immutabile e mondo diveniente), sarà data dall’Atto creatore, che coincide con Dio stesso, per il quale il mondo è incluso e dipendente (cioè creato) nel e da questo Atto, dirimendo quella che era la – apparente – contraddizione del divenire, in quest’ottica non più soggetto ad alcuna limitazione da parte del negativo7.

Tutto ciò si presenta come approfondimento di un risultato già raggiunto in nuce dalla filosofia classica, che necessitava però di essere esplicitato in alcuni punti che per contingenze storiche non erano potuti emergere completamente a loro tempo (da qui il nome di neoclassica).

Questo recupero critico e chiarificatore della metafisica classica quale baluardo della ragione è certamente degno di attenzione, in quanto pone un pungolo notevole a tutti coloro i quali abbiano, per vari motivi, considerato troppo sbrigativamente la questione, spronando, per quanto e ove possibile, ad una più intelligente considerazione della propria posizione esistenziale, onde evitare una poco strategica ritirata nell’umbratile zona dell’abbandono del pensiero critico.


[1] Tommaso d’Aquino, La Somma Teologica, I, q. 2, a. 2, ESD, Bologna 2014, trad. it. T.S. Centi, R. Coggi, G. Barzaghi, G. Carbone.

[2] Concilio Vaticano I, Cost. dogm. Dei Filius, c. 2; Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Dei Verbum, 6.

[3] G. Bontadini, Dall’intervista “Un «ad-Dio» che è un «a-rivederci». Ci rimane la sua eredità: «pensare l’essere» (a cura di M. Roncoroni)”, in Appunti di Filosofia, pag. 247, Vita e Pensiero, Milano 1996.

[4] Della notevole mole di studi compiuti dall’autore circa la filosofia moderna e contemporanea, qui si segnalano, a titolo indicativo e come più “divulgativi”, i capitoli II. e III. del volume Appunti di Filosofia, op. cit.

[5] Cfr. G. Bontadini, “Sull’aspetto dialettico della dimostrazione dell’esistenza di Dio”, in Conversazioni di metafisica, tomo II, Vita e Pensiero, Milano 1995.

[6] G. Bontadini, “Per una filosofia neoclassica”, in Conversazioni di metafisica, tomo I, pag. 285, op. cit.

[7] Cfr. G. Bontadini, “Per una teoria del fondamento”, in Metafisica e deellenizzazione, Vita e Pensiero, Milano 1975.

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Al secolo Marco, nell’Ordine fra’ Marco Maria Meneghin, nato nella ridente cittadina trevigiana di Conegliano nell’Anno Domini 1991. Ho conseguito la laurea magistrale in Informatica nel 2015, in particolare specializzandomi nel ramo del ragionamento automatico. Chiamato dappoi per vocazione, ho emesso nel 2017 la professione semplice, facendo il mio ingresso nell’Ordine dei Predicatori. Ho conseguito il baccellierato in filosofia presso lo Studio Filosofico Domenicano di Bologna e attualmente sono studente di teologia presso la Facoltà Teologica dell'Emilia-Romagna. Per contattare l'autore: fr.marco@osservatoredomenicano.it