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Ogni uomo desidera essere veramente felice e vivere una vita pienamente realizzata. In altre parole ogni uomo desidera, più o meno esplicitamente, diventare perfetto. Come è possibile tutto ciò? Come può un essere imperfetto, debole, finito e soggetto a molte miserie come l’essere umano raggiungere un obbiettivo così elevato?

La risposta del cristianesimo a queste domande è semplice ma nello stesso tempo molto esigente. L’uomo può essere perfetto, cioè santo, solo per via dell’aiuto fondamentale della grazia di Dio. L’essenza della santità consiste nel partecipare della vita divina, la quale a sua volta si esprime nell’uomo attraverso le virtù teologali. Esse, in quanto strettamente collegate tra loro, sono tutte importanti, ma la carità ha una natura di eccellenza suprema: non a caso san Paolo la chiama vincolo di perfezione (Col 3,14).

Le virtù teologali si chiamano teologali perché hanno Dio come principio, fine e oggetto. Dio dona la grazia santificante all’anima, la eleva e la rende capace di compiere degli atti che altrimenti non sarebbe in grado di compiere; nel linguaggio della teologia medievale si dice che Dio è la causa efficiente e formale, mentre l’uomo è la causa dispositiva. In altre parole l’uomo risponde e collabora all’iniziativa dell’Onnipotente, il quale dà all’uomo la capacità di agire in modo soprannaturale. Infatti come può l’uomo, che è un essere finito, amare in modo divino1, se non è Dio stesso a donargli tale grazia?

Tutte e tre le virtù teologali sono di vitale importanza ma la carità ha un’importanza assoluta. È il carisma che principalmente dobbiamo chiedere nella preghiera: «Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità».2
La fede ci introduce nella conoscenza di Dio, la speranza ce lo fa desiderare, mentre la carità ci immerge nell’amore di Dio e nella sua comunione: essa perfeziona ed eleva la volontà dell’uomo rendendola capace di amare come Dio ama e quel che Dio ama. Molto interessante è l’analogia proposta da san Tommaso: «La carità è la vita dell’anima, come anche l’anima è la vita del corpo».3

Già i Padri della Chiesa, meditando le Sacre Scritture, affermavano che l’essenza della vita cristiana è partecipare alla vita divina e quindi anche a tutte le sue qualità e caratteristiche. Dio vuole unirsi profondamente con l’uomo per renderlo partecipe dell’amore eterno increato esistente nella Trinità.

La prima lettera di Giovanni esprime in modo chiaro questo tema:
«Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato. Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui. In questo conosciamo che egli rimane in noi; dallo Spirito che ci ha dato».4

Dio veramente vuole dai suoi figli amati qualcosa di grande. Dio vuole che l’uomo ami Dio con lo stesso amore con cui Dio ama se stesso, ami il prossimo con lo stesso amore con il quale Dio ama il prossimo e ami se stesso con lo stesso amore con cui Dio lo ama. Questo, come abbiamo già accennato, è possibile soltanto se la Santissima Trinità dimora in noi. D’altra parte poiché Dio è amore (1Gv 4,7), dove c’è Dio simultaneamente c’è il suo amore, esso è uno solo, infatti in Dio non vi sono composizioni, ma a sua volta porta con sé diverse dimensioni.

Infatti è amore la natura di Dio, e questo è l’amore essenziale; è amore l’amore che procede, cioè lo Spirito Santo; ed è ancora amore l’amore nozionale, cioè l’amore con cui il Padre genera il Figlio. Queste distinzioni però non devono farci dimenticare che in Dio, poiché è l’Essere Assoluto e quindi infinitamente perfetto e semplice, l’amore e l’essere coincidono: di conseguenza ovvia l’amore in Dio è infinito come Dio stesso. Però la cosa strabiliante è che anche quando si riversa nell’uomo, come afferma san Tommaso, assume un’apertura potenzialmente infinita:

«Infatti la carità non ha un limite di aumento nella natura della propria specie, essendo essa una partecipazione della carità infinita, che è lo Spirito Santo. Parimenti la causa che fa crescere la carità, cioè Dio, è di una potenza infinita. E neppure si può fissare un limite a tale aumento dalla parte del soggetto: poiché col crescere della carità cresce sempre di più l’attitudine a un ulteriore aumento. Per cui rimane che all’aumento della carità non si può fissare alcun limite nella vita presente»5.

Il comandamento della carità permette al cristiano di seguire pienamente Gesù, di imitarlo nei suoi comportamenti e sentimenti, in tutti i suoi atti esteriori e interiori:
«La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta».6

Essa ci dà la capacità di sopportare e affrontare anche i sacrifici più grandi e di conformarci a Cristo crocifisso. Quando le occasioni della vita lo richiedono, siamo chiamati ad amare anche i nemici, siamo chiamati a perdonare coloro che ci hanno fatto del male.
Perdonare e pregare per quelli che ci hanno fatto del male, grave o lieve che sia il peccato che si è subito, non è facile dal punto di vista umano, anzi per certi aspetti è impossibile.

È una grazia da chiedere nella preghiera che in fin dei conti fa bene a tutti: infatti quando riusciamo a perdonare la persona che ci ha fatto del male, nasce in noi un senso di pace e il ricordo del male patito gradualmente smette di opprimerci, perché Dio, col donarci la grazia di perdonare il prossimo, ci dona anche la grazia di dimenticare il male subito, poiché ci coinvolge nel dinamismo della sua misericordia capace di distruggere il peccato.
Inoltre questa è una delle condizioni necessarie per entrare nel Regno di Dio:

«Se infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi, ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà a voi».7

Infatti nel Regno di Dio, il quale sulla terra è già presente nella vita dei santi, vi è la completa assenza del peccato, poiché è un regno di pace, di gioia e di infinita e perfetta carità.


1 «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi» (Gv 15,12).

2 1Cor 13,13.

3 Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, II-II, q. 23, a. 2, ad 2.

4 1Gv 3,23.

5 Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, II-II, q. 24, a. 7.

6 1Cor 13,4-7.

7 Mt 6,14-15.

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Sono nato a Crema il 12 luglio 1991. Ho iniziato a farmi domande serie sulla fede e sulla mia vocazione intorno ai 19 anni, una volta finite le scuole superiori. Queste domande mi portarono ad approfondire i contenuti della fede cristiana, iniziai a leggere personalmente i vangeli e successivamente, come mi consigliò un mio amico, lessi anche il Catechismo della Chiesa cattolica. Inoltre incominciai a frequentare le iniziative della parrocchia, e fu proprio qui che, durante gli incontri di catechismo per gli adulti tenuti dal viceparroco, sentii per le prime volte i nomi di san Tommaso d’Aquino e di santa Caterina da Siena, nomi che suscitarono in me un forte interesse di approfondire il loro insegnamento. Piano piano, continuavo a sentire in me sempre più intenso il desiderio di diventare religioso: fu così che, una volta avuti i contatti per il percorso di discernimento vocazionale nell’Ordine, intrapresi un percorso che mi ha portato ad essere un frate dell’Ordine dei Predicatori. Ho emesso i voti semplici il 15 settembre 2019.