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Le mie vie

Quando stamattina ho deciso di fondare una breve meditazione spirituale su di un umile fumetto, nell’istante stesso in cui l’idea, come la vita in un oceano primordiale, emergeva inattesa e meravigliosa, ho sentito il bisogno di giustificare l’operazione. Si è trattato di una strana sensazione, estranea e personale al tempo stesso, uno di quei moti interiori che ci rendono profondamente consapevoli di quanto stratificato sia il nostro Io. Difatti, nulla è più estraneo al mio personale approccio alla fede del ritenere una realtà, una qualunque realtà, troppo umile o semplice per condurre a Dio; d’altro canto, la necessità di dare a questa iniziativa un fondamento solido e quanto più possibile inattaccabile, è scaturita non dall’esterno ma dai sicuri anfratti del mio intimo.

Vi confesso che la cosa m’imbarazza non poco, poiché una parte cospicua della mia vita spirituale, del mio rapporto con Dio, si gioca, ora come in passato, sulla ferma convinzione che anche l’esperienza o l’oggetto più piccolo ed insignificante, se bagnato dalla Luce della fede, può rivelare qualcosa dell’indescrivibile Bellezza e Perfezione del Signore. Aver scorto in me questo dubbio, questa sottile esitazione, non del tutto ascrivibile al pur presente timore del giudizio degli altri, mi costringe a scendere a patti con una realtà dolente: anche io, come tutti gli uomini, vivo i limiti della mia consapevolezza, gli stessi che spinsero il profeta Isaia a scrivere queste celebri parole: «Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie. Oracolo del Signore. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri» (Is 55, 8-9).

Mi trovo quindi costretto, per grazia e non per merito, ad abbandonare l’arrogante convinzione d’essere diverso dagli altri, di vedere sempre e con naturalezza il mondo alla luce della fede. Al contrario, anche io come tutti esito ad arrendermi alla sola ed unica realtà, ossia che la Grandezza dell’Onnipotente è tale da potersi esprimere attraverso gli infanti (cf Sal 8, 3), da potersi annidare nella più umile e popolare forma d’arte.

Se pensate vi sia saggezza in questo, aguzzate la mente e seguitemi!

La salvezza di Gotham

La storia che mi ha tanto colpito s’intitola The Good People of Gotham e, come molti di voi avranno capito, appartiene al floridissimo universo narrativo di Batman.1 Scritta dall’inglese Dan Watters ed illustrata dall’italiano Riccardo Federici, è apparsa per la prima volta negli Stati Uniti fra il settembre e l’ottobre del 2023, in una testata speciale in due numeri intitolata Knight Terrors: Detective Comics.2 L’edizione italiana, cui faccio riferimento, è stata pubblicata il 15 febbraio del 2024 nel numero 88 dello spillato Batman, edito dalla Panini Comics.

La storia, in sé autoconclusiva pur se legata all’evento Knight Terrors, ha come protagonista Jim Gordon, l’iconico commissario di polizia amico e silenzioso alleato del Cavaliere Oscuro, ed è ambientata in una Gotham onirica, più oscura del solito, assediata da un’innaturale nevicata estiva. Quasi per caso, l’ormai ex poliziotto scopre in un magazzino abbandonato tre individui mascherati che si definiscono “La Brava Gente di Gotham”; questi, radunati attorno ad un oscuro e misterioso orologio, evocano tre entità extra – dimensionali, divinità aliene ed annoiate evidentemente ispirate alle opere di H. P. Lovecraft.3 Al loro cospetto, si dicono angosciati dal desiderio di salvare la città dalla sua inarrestabile spirale di crimine e violenza e supplicano, a tal fine, tre doni, tutti idealmente finalizzati alla redenzione di Gotham: la forza, il potere economico e la conoscenza.

Esauditi dalle frivole e crudeli divinità, le tre Brave Persone si rendono presto conto di quanto distorte ed oscure siano le benedizioni ricevute. Nel tentativo di distruggere tutti i criminali ed i malvagi, colui che ha chiesto la potenza si tramuta in un mostro severo ed implacabile, peggiore di coloro che combatte. D’altro canto, il dono della ricchezza costringe colei che l’ha richiesto a vomitare senza sosta piccoli diamanti fino a venire da questi uccisa in casa sua. Infine Barbara Gordon, figlia del commissario e depositaria della benedizione della conoscenza, vede il suo corpo divenire fragile come vetro e, alla fine, andare in frantumi.

La storia, sempre raccontata dalla prospettiva del buon commissario, termina rivelandosi un terribile incubo esperito da Gordon medesimo, lasciando però aperta la domanda circa il suo legame con la realtà.

Lettura allegorica

L’intero racconto ha una fortissima carica simbolica, resa ancora più evidente proprio dall’ambiguo riferimento all’esperienza del sogno. Proviamo quindi a scioglierne il senso.

Per prima cosa, la città di Gotham, qui come in tutte le storie di Batman, incarna e comunica una specifica prospettiva sul mondo, quella appunto del Cavaliere Oscuro. Essa viene sempre raffigurata di notte e, pur con diverse sfumature, è il luogo per eccellenza dove il male dell’uomo dispiega tutta la sua crudeltà e tutto il suo vasto squallore. Si tratta, in fondo, della rappresentazione del punto di vista dell’orfano Bruce Wayne, di colui che vive il mondo intero come uno stagno di crudeltà cui opporre la sua eroica e drammatica impresa. La corruzione di Gotham quindi, vero principio di questa storia, incarna l’interezza del male del mondo in tutta la sua vasta ed omogenea inattaccabilità.

Ecco allora che l’iniziativa de “La Brava Gente” non va letta semplicemente come qualcosa di puntuale, connesso alla specifica condizione della città, bensì come la risposta degli onesti all’apparente invincibilità del male. Il loro chiedere doni a queste potenze crudeli ed indifferenti, terribilmente simili a demoni, tinge allora di una nota tragica anche l’indignazione dei giusti. È come se l’autore, riprendendo una tematica cara alla mitologia di Batman, ci mettesse di fronte all’apparente inutilità di ogni azione onesta, all’impossibilità di una vittoria sul male che non implichi il ricorrere, non senza una certa paradossalità, al male stesso.

Proprio su questa nota tragica s’innesta la sadica risposta a questi simbolici tre desideri. Non è la forza dell’uomo a distruggere il male, poiché la violenza rende il giustiziere drammaticamente simile all’empio. Neppure la ricchezza terrena può donare la vittoria poiché essa, prima ancora di scendere in campo, lacera e sfalda ciò che di buono c’era nel giusto. Infine, la sapienza dei mortali conduce alla sola conclusione accessibile alla solitudine dell’intelletto creato: la salvezza ed il bene stesso sono un’illusione, fragili come cristallo e destinate solo a divenir polvere.

La vera chiave di volta tuttavia si rivela essere il personaggio di Jim Gordon. Egli, similmente a Batman, è colui che ha sempre fatto la sua parte nella lotta contro il male, senza mai tirarsi indietro; tuttavia, a differenza del Cavaliere Oscuro, ha continuato a seminare la sua onestà, giustizia e misericordia senza crucciarsi per l’apparente futilità della cosa, senza pretendere di divenire la soluzione. È proprio l’umiltà di Gordon, il suo esempio, a consentire a Barbara, poco prima di morire, di comprendere il suo errore: Gotham, e con lei il mondo oscuro che rappresenta, non è un fragile arazzo da custodire. Si tratta invece di un miracolo, qualcosa che esiste e sussiste indipendentemente dalle forze dell’uomo. Alla luce di ciò, il commissario Gordon diviene l’emblema del vero eroe, colui che non intende salvare il mondo, ma semplicemente fare la sua parte nel lottare contro un male che mai avrà la meglio e che, possiamo aggiungere, è forse già sconfitto.

Oceani notturni

È a questo punto che la nostra comprensione del racconto può essere illuminata dalla fede. Non si tratta di una più profonda penetrazione, di una maggiore capacità di cogliere l’intentio auctoris soggiacente all’opera; il vero beneficio giunge dall’intersecare le intuizioni ivi presenti con la realtà antropologica e spirituale che il cristiano, in virtù della sua fede, conosce e comprende.

Lo scandalo dell’apparente invincibilità del male è ben presente nella tradizione biblica. Possiamo leggerlo sia nell’immagine veterotestamentaria del mare, simbolo oscuro di una minaccia avvolgente da cui solo Dio può sottrarre (cf Sal 69,15), sia nel Nuovo Testamento, specie nei racconti della Passione: «Come se fossi un ladro siete venuti con spade e bastoni. Ogni giorno ero con voi nel tempio e non avete mai messo le mani su di me; ma questa è l’ora vostra e il potere delle tenebre» (Lc 22, 52-53).

L’intera Rivelazione è sottilmente attraversata da questa pericolosa consapevolezza, madre tanto di profonda sapienza quanto di cocente disperazione. Essa porta il credente a prendere atto di una semplice realtà: non è in potere dell’uomo sconfiggere il male. Nessuno può salvarsi da solo né, con le proprie sole forze, ottenere una reale vittoria sul peccato. Certo, possiamo compiere grandi imprese o raggiungere vette insperate di sapienza e grandezza; tuttavia la nostra gloria sarà sempre effimera, destinata ad andare in frantumi sotto il peso di una corruzione che non risparmia neppure i migliori.

Provate, per esempio, a leggere sotto questa luce la conclusione della vicenda del re Salomone, così come viene narrata in 2Re 11,1-13: la gloria quasi onirica del suo regno, tale da meravigliare anche le opulente potenze dell’Oriente Antico e fondata su di una saggezza di origine divina, non salva l’eredità del grande re da una rovina tanto rapida quanto definitiva. Perfino in quel contesto privilegiato, colmo delle grazie del Signore, il male pare avere l’ultima parola, insidioso ed ineliminabile come un’infestazione.

Se questo da un lato rende il credente saggio, portandolo umilmente a confidare solo nel Signore, dall’altro ne mette sempre alla prova la speranza. Il cristiano, proprio come Batman e “La Brava Gente” di Gotham che a lui si ispira, percepisce tutta la futilità dei propri sforzi, che paiono gettarsi nell’oscurità dell’oceano, vani e dimenticati come gocce di pioggia. Ecco allora che ogni passo della sua personale lotta deve considerare due nemici: il male stesso ed il sottile sospetto che, in fondo, la vittoria definitiva sia solo un miraggio.

Non crediate che la fede in Gesù Cristo ci renda immuni da quest’angosciante timore, dallo scoramento che ci porta a concepire le tenebre della nostra notte come il solo possibile presente. La speranza che scaturisce dalla fede è simile alla luce di una torcia, tanto sfolgorante se la si guarda quanto facile da ignorare se le si volta anche solo per un attimo le spalle. Per questo la lotta interiore di Jim Gordon e di Batman, questo costante tira e molla fra la disperazione e la ferma fiducia nella vittoria, è una realtà antropologica che nessuno, neppure il discepolo di Cristo, può permettersi d’ignorare su questa terra.

In verità il vero nemico, come penso abbia intuito lo scrittore del nostro fumetto, è il nostro cuore. Nella sottile arroganza de “La Brava Gente” di Gotham, superbamente convinti di potersi ergere a “redentori” con le proprie sole forze, riconosciamo il riflesso di un pensiero insidioso che spesso coglie anche il credente. Si tratta del desiderio, mascherato da pesante responsabilità, di dover salvare il mondo da soli, la convinzione di dover dare un senso ad ogni battaglia vincendo la guerra. Forse penserete di esserne immuni, di non aver mai subito una simile tentazione, ma riflettete bene e rispondete: chi di voi, facendo la carità, non ha mai ritenuto futile un simile gesto proprio perché incapace di risolvere davvero il problema della povertà, pur magari solo in un singolo uomo? Quale cristiano, dando testimonianza della propria fede ad una persona cara ma lontana da Cristo, non si è sentito in dovere d’insistere fino alla sua conversione, come se fosse in suo potere raggiungere un simile risultato?

È proprio la minaccia della disperazione che ci spinge a prendere in mano le redini della lotta; un simile gesto tuttavia, pur se colmo di buone intenzioni, racchiude in sé una tragica premessa: smettere di aver fiducia in Dio. Solo chi confida di essere condotto alla vittoria, di potersi poggiare su un Bene che ha già vinto il male, può contemplare la terrificante immobilità dell’oceano di notte e senza vergogna gettarvi il proprio sudore. Ecco allora che l’umile racconto di Jim Gordon e di Batman, che pure non giunge a riconoscere la mano del Signore nella prodigiosa sussistenza di Gotham, intuisce una realtà che il credente può facilmente portare a compimento. Si tratta della natura stessa della lotta dell’uomo, tesa non a sconfiggere il male ma a partecipare ad una vittoria che, nonostante le apparenze, ci è già stata donata.

In fondo, è con un concetto molto simile che Gesù stesso, alla vigilia della propria Passione, conforta i discepoli, preparando loro e noi a lottare con coraggio anche nella notte più profonda senza mai smettere di confidare nell’alba: «Ecco, viene l’ora, anzi è già venuta, in cui vi disperderete ciascuno per conto suo e mi lascerete solo; ma io non sono solo, perché il Padre è con me. Vi ho detto questo perché abbiate pace in me. Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!» (Gv 16,32-33).


1 Sto parlando naturalmente del Cavaliere oscuro, Batman, ideato da Bill Finger e Bob Kane ed apparso per la prima volta su Detective Comics n. 27 del maggio del 1939. Personaggio di punta, assieme al Superman di Jerry Siegel e Joe Shuster, della Dc Comics, Batman, alter ego del miliardario Bruce Wayne, vive ed opera nell’oscura città di Gotham, liberamente ispirata ai peggiori bassifondi di New York di notte. La vicenda editoriale del personaggio ha attraversato 85 anni di storia, divenendo una delle icone americane più conosciute. Con film, serie televisive e videogiochi, rimane ancora uno dei supereroi più venduti ed amati, protagonista tanto di storie leggere quanto di piccoli capolavori narrativi e visivi; per ogni riferimento, cf Wikipedia, pagine “Batman” e “Superman”, consultate il 02/03/2024.

2 Knight Terrors è un crossover pubblicato dalla DC Comics negli Stati Uniti fra il luglio e l’agosto del 2023. Miniserie in quattro numeri scritta da Joshua Williamson ed illustrata da Howard Porter, come tutti i crossover ha coinvolto tutti i personaggi principali dell’Universo DC, tanto con storie interne alle singole testate quanto con storie speciali come quella oggetto di questo articolo; per ogni riferimento, cf Wikipedia (English version), pagina “Knight Terrors”, consultata il 02/03/2024.

3 Howard Phillips Lovecraft, nato a Providence il 20 agosto del 1880 e morto nella stessa città il 15 marzo del 1937, fu scrittore, poeta, saggista e critico letterato statunitense. Egli, assieme a giganti come Edgar Allan Poe, è uno dei maggiori scrittori horror degli Stati Uniti nonché precursore della grande tradizione fantascientifica che si svilupperà nei decenni seguenti. Fra la sua vasta produzione letteraria spiccano le opere legate al Ciclo di Chtulu ed alcuni racconti a metà fra l’horror, il fantasy e la fantascienza come Dagon, Il Colore venuto dallo spazio e L’orrore di Dunwich. Uno dei temi più affascinanti di queste opere è l’idea che la realtà sia fondata su divinità tanto potenti quanto folli, creatura annoiate fatte di follia e crudeltà i cui misteri rendono la curiosità dell’uomo, la sua spinta a conoscere, una grottesca contraddizione. Il tema, oltre ad aver ispirato i Penta-sacerdoti del nostro fumetto di Batman, è riscontrabile, pur con delle varianti, in molti romanzi di Stephen King (cf It e Desperation) ed in capolavori del fumetto come l’Hellboy di Mike Mignola (cf hellboy: Il verme Conquistatore); per ogni riferimento, cf Wikipedia, pagina Howard Phillips Lovecraft”, consultata il 04/03/2024.

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Quando il Signore mi venne a cercare, la mia mente vagava confusa nei caldi spazi dell’inedia, talmente carica di nulla da non poter portare altro con sé. Il mio corpo invece si preparava ad un indefinito inverno nella città di Ancona, gioiello del medio Adriatico (si fa per dire). Nella patria del pesce e del “mosciolo”, per un leggiadro scherzo della Provvidenza, sono nato quasi trentadue anni fa con una sentita inimicizia fra me e qualunque carne marina. La chiamata del Signore mi vide studente in storia ed appassionato consumatore di storie: racconti di tutti i tipi e narrati da aedi di tutte le arti. Ora che lo Spirito mi ha indirizzato nella famiglia di San Domenico ho posto questo mio nulla nelle mani della Vergine Maria e del caro Castigliano e chiedo loro quotidianamente di mostrarmi in ogni storia, vera o immaginaria, la traccia del Divino che lì soggiace. Ora che sto a Bologna studio come studiando rendere omaggio a Dio. Per contattare l'autore: fr.giuseppe@osservatoredomenicano.it