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Cari lettori, benvenuti a questo secondo incontro sul Vangelo secondo Marco; per chi di voi ne avesse piacere o curiosità, ecco un comodo link per recuperare l’articolo precedente. Venendo a noi, vediamo quali porte ci si spalancano davanti oggi… o forse no: «si radunarono tante persone che non vi era più posto neanche davanti alla porta»1. Cristo è il centro del cosmo e della storia, per questo vicino a Lui la forza di gravità aumenta, lo spazio si contrae, ed è inutile ostinarsi a sgomitare tra la gente. Occorre vedere se c’è posto sul tetto della casa, e lì c’è sempre. Il tema della leggerezza è poco affrontato nella fede cristiana  e credo che il racconto del paralitico ce la insegni più che bene. Per salire sul tetto di una casa occorre essere leggeri, agili e al contempo forti; e se non si è capaci di salire da sé bisogna essere almeno tanto leggeri dentro da accettare di farsi portare in spalla. Questo è il nostro dramma: la pesantezza, la pesantezza delle nostre colpe, la pesantezza del nostro io, quell’abisso che è l’io. Diceva Chesterton: «Si può conoscere il cosmo, ma non il proprio ego; il proprio io è più distante di ogni altra stella»2.

Chesterton è sicuramente uno dei miei autori preferiti, quasi un secondo padre. Tra i suoi tanti doni ne aveva uno in particolare, ed era proprio la leggerezza. Eppure lui non era proprio un fuscello! La sua profonda e nobile ironia, il suo sguardo luccicante di bambino di fronte alla meraviglia del mondo, sono tutte qualità che gli invidio profondamente. «Una caratteristica dei grandi santi – diceva – è il loro potere di leggerezza. Gli angeli possono volare perché portano se stessi leggermente. […] La solennità discende dagli uomini naturalmente; il riso è uno slancio. È facile essere pesanti, difficile essere leggeri. Satana è caduto per la forza di gravità»3.

Lo sguardo di Gesù è leggero, il suo «giogo infatti è dolce e il [suo] peso leggero»4, perché è lo sguardo di Dio: non è una prospettiva snob o superficiale, né di spocchiosa superiorità, ma è lo sguardo che solo chi ti ha fatto e ti ama può avere. Le rare volte che ho chiesto in dono il Suo sguardo, non solo la realtà tutta mi ha mostrato il suo vero volto, ma in fondo ero persino più felice, anzi veramente felice. Ci arrabattiamo tutti quotidianamente per cercare Dio con le nostre forze, o per combatterlo, e senza troppi risultati. Ecco allora che la chiave è capovolgere, anzi farsi capovolgere. Basta fare a Cristo obiezioni impertinenti! Basta chiedersi: «Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?»5, «Perché mangia e beve insieme ai pubblicani e ai peccatori?»6, «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?»7, «Guarda! Perché fanno in giorno di sabato quello che non è lecito?»8. Continuare a porre condizioni al buon Dio è segno di arroganza, così come lo è anche vivere nell’indifferenza; e poi chi di noi avrebbe potuto porre una condizione più alta dell’Incarnazione?

Cari amici, è sconvolgente notare come Cristo sfrutti quella schietta realtà quotidiana che abbiamo di fronte agli occhi per condurci all’Abisso immenso delle profondità divine, perché in fondo «che cosa è più facile: dire al paralitico “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Àlzati, prendi la tua barella e cammina”?»9. Quanto sarebbe straordinario un volto che ci conoscesse come nessun altro mai, al punto che al suo dirci «seguimi!»10, noi, che siamo povere nullità, ci alziamo e lo seguiamo; quanto sarebbe straordinario un volto capace di elevare agli splendori della Grazia peccatori e lestofanti, senza scadere in un “terzomondismo” da quattro soldi; quanto sarebbe straordinario un volto che per parlare di Dio c’invitasse a nozze; quanto sarebbe straordinario un volto che senza fare il sessantottino rimettesse la Legge al suo posto originario.

Cari lettori, è vero che la Chiesa può sembrare una massa di briganti a volte, ma solo in questo ovile a maglie larghe tutto l’universo trova il proprio senso e ordine; e questo solamente perché c’è Lui.


1 Mc 2,1.

2 G.K. Chesterton, Ortodossia (tra. Raffaello Ferruzzi), Morcelliana, Brescia 1995, p. 75.

3 Ivi, p. 165.

4 Mt 11,30.

5 Mc 2,7.

6 Mc 2,16.

7 Mc 2,18.

8 Mc 2,24.

9 Mc 2,9.

10 Mc 2,14.

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Chi sono io? Se è vero che gli altri possono talvolta descriverci meglio di come ci definiremmo noi, vi lascio una definizione sintetica di un amico ed ex collega: "tu sei un fruitore di bellezza"... Che significa? Semplice. In tutto quello che ho vissuto finora, dallo studio maldestro della teologia alle immeritate Grazie nel lavoro come professore, dal calore della mia famiglia fino al colore delle tante amicizie, una cosa sola mi è sempre stata chiara: tutta questa Bellezza mi chiama da sempre, e ho scoperto che è solo andando più in fondo - non da solo, ecco perché c'è la Chiesa - che posso trovarla e sempre goderne, per poi annunciarLa agli altri, perché sappiate che «La cinta esterna del Cristianesimo è un rigido presidio di abnegazioni etiche e di preti professionali; ma dentro questo presidio inumano troverete la vecchia vita umana che danza come i fanciulli e beve vino come gli uomini» (G. K. Chesterton). Ecco perché mi son fatto domenicano... Per contattare l'autore: fr.piergiorgio@osservatoredomenicano.it