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Nella prima domenica di Quaresima la liturgia ci ha proposto, quest’anno, il vangelo di Luca, precisamente il capitolo quarto1, più conosciuto come Vangelo delle tentazioni.

Vorrei invitarvi però, prima di passare brevemente al brano evangelico, a fare un passo indietro, anzi direi proprio un salto all’inizio, letteralmente alla Genesi di tutto.

La tentazione del primo Adamo: necessità di un rimedio

La prima tentazione è stata quella di Adamo ed Eva, i quali hanno rinunciato al paradiso terrestre rinnegando il loro rapporto relazionale con Dio. La tentazione li ha colpiti proprio nel dono più grande che era stato loro fatto: il loro essere figli ad immagine e somiglianza2 del Padre.

Volendo diventare più del Padre, o perlomeno come il Padre, si sono scoperti totalmente fragili e nudi3, aumentando a dismisura la distanza che li univa al Creatore.

L’uomo costituzionalmente è un essere relazionale, sempre in cammino per trovare nell’altro la parte mancante della sua interezza4, ma per prima cosa è in relazione con Dio, fonte poi di ogni altra relazione. La prima relazione infatti è quella con Dio, la più importante, dice Benedetto XVI, ed è quella fondamentale, capace di rimettere in ordine tutte le altre relazioni.

In questo momento storico tragico, una piccola riflessione sulle relazioni che abbiamo perso e che dobbiamo recuperare è opportuna.

Non ho la ricetta per ricucire le ferite che questo tempo pandemico ha provocato, ma sicuramente si può proporre un modello dal quale ripartire per ricostruire le macerie di una socialità relazionale distrutta. La distanza fisica opportuna e fondamentale per combattere il morbo maligno, si è sostituita e immedesimata con una distanza sociale. Il panico nel quale, a fronte di immagini davvero pesanti che speriamo di non dover mai più rivedere, siamo inevitabilmente crollati, ci ha fatti ulteriormente isolare e chiudere nel nostro guscio, che se al momento poteva sembrare unico spazio sicuro di respiro, a lungo andare si è dimostrato pauroso scivolamento verso la solitudine più buia. Dobbiamo allora cogliere l’opportunità per ricostruire il nostro tessuto sociale improntato sulla relazione più profonda e stabile che ci sia: quella con Dio.

Dio nella sua relazione trascendente con noi, verticale, fonda la solidità di tale rapporto in quel Principio5 del primo giorno della Genesi, che non è detto primo in quanto è dato un secondo giorno, ma uno in quanto unico6. Dio è in principio, da sempre e per sempre, tutto esiste per Lui, Egli conserva ogni cosa nell’essere. Ogni cosa è-esiste-vive in relazione con Lui.

Questa relazione verticale dona vita ad una seconda relazione orizzontale, l’ultima di una serie di coppie stando al testo biblico, la relazione tra Adamo ed Eva, introdotta con il verbo creare usato per ben tre volte in modo da solennizzare il momento7, sottolineando che a questo punto la creazione non è più solo buona ma molto buona8. Questa relazione orizzontale che si interseca con quella verticale, innestandosi perfettamente, è richiamata anche nel comandamento nuovo9, che dice prima di amare Dio e poi il prossimo come se stessi.

La croce che si viene a formare tra queste due relazioni intersecate è il fondamento di tutta la nostra esistenza e vita, «perché la molteplicità che la caratterizza è espressione dell’origine infinita che è l’unità e unicità del suo Creatore»10. Il fatto che nulla sia creato senza il Logos, che non solo è Parola ma è Dio stesso, Figlio, cioè Relazione che ci mostra come Dio sia Padre, il quale – in quanto Trinità -, è egli stesso Relazione11, ci fa comprendere come tutto sia permeato dallo Spirito – che lega Padre e Figlio -.

La Croce dunque già – in un certo qual modo – inscritta nella creazione, diventa il ponte che ci collega al Principio dal quale siamo scaturiti e al quale ritorneremo: «quando sarò elevato da terra attirerò tutti a me12. Riscopriamoci dentro questo contesto per diventare costruttori di nuove relazioni sane e radicate per rigenerare la nostra società.

Le tentazioni del nuovo Adamo, rimedio al primo Adamo

Focalizzando la nostra attenzione sul brano evangelico di questa domenica, vi leggiamo che il demonio tenta tre volte Gesù nel deserto: «Di’ a questa pietra che diventi pane»13, facendo leva sulla fame che attanagliava il suo corpo; «Se ti prostri dinanzi a me, tutto sarà tuo»14, provando il suo spirito; «se tu sei figlio di Dio, buttati giù»15, tentando la sua psiche col premere sul desiderio di sicurezza del quale ogni uomo ha bisogno. Vediamo come in realtà Gesù abbia già tutto quello che il demonio gli offre, proprio come lo hanno Adamo ed Eva nel giardino dell’Eden, dove il Creatore provvedeva loro ogni cosa, amandoli proprio perché li aveva creati Lui. Eva volgendo la sua attenzione all’albero della vita si accorge che è «buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza»16. Si tocca la dimensione somatica del cibo, quella psichica della bellezza estetica e infine quella spirituale della saggezza, proprio come nelle tentazioni di Gesù nel deserto.

Adamo ed Eva hanno fondamentalmente provato a fare da soli. Hanno cioè messo in discussione l’impronta relazionale che li unisce a Dio. Questa impronta è anche viscerale [e anticipatrice in figura] in quanto Adamo viene creato dalla terra vergine, mentre Cristo nascerà poi da una Vergine; Adamo venne fatto ad immagine di Dio, come abbiamo detto, Cristo ne è la stessa immagine; per la mano di Eva venne la perdizione, dalla vergine Maria viene la Sapienza incarnata; da un albero viene la morte, dall’albero della croce la redenzione; infine mentre Adamo fu cacciato dal Paradiso nel deserto, il nuovo Adamo, Cristo, è tornato invece dal deserto al paradiso.17 Contempliamo in Adamo la nostra mirabile creazione e, sotto i veli dell’allegoria, scorgiamo già la molto più mirabile nostra redenzione, che è di fatto la nostra nuova creazione ad opera del nuovo Adamo, Gesù Cristo, uomo perfetto.

La nostra tentazione e il suo rimedio

Gesù ci ha rivelato il Padre e ci ha svelato la relazione fondamentale dalla quale non si può prescindere e dalla quale dobbiamo ripartire.

Anche noi oggi subiamo fortemente il fascino della tentazione di fare da soli, abituandoci a scartare il mistero della croce per prendere non vie che hanno come punto di arrivo il cielo squarciato e aperto per ricondurci al Padre, ma tangenziali intasate dal nostro egoismo. Oggi l’inganno più grande è quello di poter togliere la relazione trascendente, la tentazione più grande è quella di poter fare a meno della croce di Cristo.

La croce ci insegna proprio che non possiamo fare da soli, la croce ci insegna che Cristo ha vinto la morte perché non possiamo salvarci da soli, la croce ci insegna che rinunciando al sacrificio d’amore di Dio rimaniamo soli nel deserto.

1 Lc 4, 1-13.

2 Cfr. Gn 1,26.

3 Gn 3,7.

4 Cfr. Benedetto XVI, Lettera Enciclica Deus Caritas est, 11, Lev, Roma 2005.

5 Gn 1,1.

6 Donati P. e Maspero G., Dopo la Pandemia, rigenerare la società con le relazioni, Città Nuova, Roma 2021, pp. 90-91.

7 Cfr. Gn 1,27.

8 Donati P. e Maspero G., op. cit., p. 93.

9 Lc 10,27.

10 Donati P. e Maspero G.,  op. cit., p. 95.

11 Cfr. Ibidem.

12 Gv 12,32.

13 Lc 4,3.

14 Lc 4,7.

15 Lc 4,9.

16 Gn 3,6.

17 S. Ambrogio, Commento al Vangelo di San Luca, Vol I, Città Nuova, Roma 1966, p.186.

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Nato il 18/09/1988 tra le risaie della Lomellina nella Diocesi di Vigevano ma in provincia di Pavia (ci tengo a dirlo). Cresciuto sotto il campanile del paese e in oratorio tirando calci al pallone. Dopo aver completato il liceo a Vigevano, ho frequentato l'università di Pavia, in particolare in orario aperitivo. Ho speso gli ultimi dieci anni della mia vita come educatore per la Diocesi di Vigevano e la mia parrocchia, tra centinaia di ragazzini che ormai guidano tutti la macchina. Ma la felicità vera è arrivata solo abbracciando l'abito domenicano, divenendo professo semplice il 12 settembre 2020. Per contatto e-mail: biasibettiop@outlook.com