“Sainte-Chapelle Paris”, foto di
Atibordee Kongprepan (CC BY-ND 2.0).
Non esiste il self made man nella vita spirituale (non c’è in quella biologica, figuriamoci in quella spirituale): un vecchio abate cistercense diceva: “Chi incomincia a servire Dio deve anzitutto sottomettersi alle direttive di un saggio precettore. Chi mai infatti si pone per una via sconosciuta senza una guida?” [Card. Giovanni Bona, Manductio ad coelum II, I]”.
Con Dio non c’è fare, ma solo lasciarsi fare: nel momento in cui l’uomo pensa di dare qualcosa a Dio non ha capito niente. “Ma come! A Dio bisogna dare tutto!” Sì, ma scusa, tu il tuo tutto dove lo hai preso? “Eh, me lo ha dato Dio”. E allora? Ciò che ci dà Gli rendiamo, sicché Dio si dona all’uomo (incarnazione), perché l’uomo, divinizzato, ritorni a Dio (ascensione). Il punto focale della vita spirituale, quindi, non è dare qualcosa a Dio, ma lasciarsi attraversare da Dio.
Dio è luce e l’uomo è come vetro: la luce attraversa il vetro, ma se il vetro è opaco la luce non passa. Se uno si ponesse dal punto di vista del vetro, non vedrebbe la sua opacità, al massimo potrebbe scorgere di proiettare un’ombra. Ma perché colga l’opacità in quanto tale, e quindi la causa dell’ombra, ci vuole qualcuno che provi a guardargli attraverso. Questo è il padre spirituale: un uomo capace di guardarti attraverso e vedere la luce nonostante tutto. Dove non vede lo splendore, lucida perché la luce trapassi: del resto il fine spirituale dell’uomo rispetto a Dio è lo stesso fine del vetro rispetto al Sole. Il vetro, quando è buono, non si vede, solo la luce traspare: essi sono realmente distinti, ma la vista non è più capace di distinguerli. San Paolo diceva tutto questo con una sola frase: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2, 20)
Leggi la seconda parte dell’articolo, 5 Consigli per trovare un Padre Spirituale.