Credo di aver intuito per la prima volta di avere la vocazione all’età di nove anni. Oh, sì, lo ricordo molto bene quel giorno e con facilità riuscirei a risalire addirittura alla data precisa! Era il pomeriggio del sabato che precede la Domenica delle Palme, alle soglie della Pasqua ed io ero inginocchiato davanti al Santissimo Sacramento assieme al mio parroco: stavamo concludendo le Quarantore quando ad un certo punto, durante la Benedizione eucaristica, mi son detto: “Voglio diventare sacerdote”!

No no attenzione! Non fatevi idee strane, non ho avuto né visioni né tanto meno rivelazioni mistiche: restiamo con i piedi per terra, perché, ve lo garantisco, avere i piedi per terra è un presupposto fondamentale di ogni vocazione. Non ci credete? Leggete il Vangelo e provate a dimostrarmi il contrario! Vi dirò di più: è stato proprio leggendo il Vangelo che, dopo circa 11 anni da quel sabato pomeriggio, ho capito che quell’intuizione fanciullesca non era il capriccio di un bambino ammaliato dall’incenso e dal Tantum ergo; piuttosto era la misteriosa richiesta di una Persona che domandava di fare un’unica cosa, quella che ripetiamo ad ogni Messa prima della Comunione: “Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua Risurrezione, nell’attesa della tua venuta”. E così, da quel momento anche la prospettiva è cambiata e non ho detto più “voglio fare il sacerdote” ma “sia fatta la tua volontà”.

Quando si cerca la Volontà di Dio, è lì che inizia tutto e lo Spirito Santo si posa dove il nostro desiderio incontra la Volontà del Padre che ha come unica esigenza la Pasqua del Figlio. Pasqua! Parola di vita, di luce e gioia infinita che racchiude però in sé il grande Mistero della Passione e della Croce. Per questo è fondamentale tenere i piedi per terra perché, se non “si preferisce” Gesù ad ogni cosa, rischiamo solo di costruire invece dei castelli per aria e Gesù si presenta a noi con delle esigenze specifiche, non abbassando mai il tiro con nessuno: Egli esige la totalità del dono di noi stessi, desidera essere il cuore della nostra esistenza, il centro e il punto d’arrivo di ogni nostra aspirazione. Caspita! Altroché favole smielate, la posta in gioco è davvero alta.

Corrispondere alle esigenze di Dio non è un programma astratto o da occasioni rare, è il tessuto quotidiano dell’esistenza di ciascun battezzato: per essere cittadini del cielo è necessario anzitutto percorrere rettamente le vie della terra, entrando con coraggio nel Mistero di Cristo per tentare di identificarci con esso. Il fine ultimo della chiamata alla sequela non può essere nient’altro che questo: divenire il prolungamento dell’azione di Gesù nella storia ma in senso intimo, appunto; non soltanto ripetitori di parole ma azione di Cristo che si allarga e si prolunga, come è successo il mattino di Pasqua, al Sepolcro. Vi confesso che compresi tutto questo a Gerusalemme, e precisamente il 6 maggio 2013 -sì, anche in questo caso sono in grado di risalire alla data! – proprio all’ombra della Basilica del Santo sepolcro: per un momento vidi Maria Maddalena, sconvolta e festante, impacciata e tutta inquieta che mi passava davanti. Nessuna visione mistica, neanche in questo caso, tranquilli, eppure mi sembrava quasi di sentire lo sbattere concitato dei suoi sandali nel terreno.

Sono sicuro che avrebbe sicuramente gridato se avesse potuto ma non poteva: il fiato non le sarebbe bastato, ormai si era lanciata in una corsa senza respiro, doveva andare ad annunciare la Notizia che le aveva definitivamente sconvolto la vita: “va’ e annuncia ai miei fratelli che sono risorto!”. L’inquietudine di Maddalena in quel momento divenne la mia e restò tale finché non la riconobbi in San Domenico: occhi contemplativi ma piedi sempre pronti a partire per annunciare il Vangelo. Sì, lo ribadisco e ne sono convinto, il presupposto fondamentale è sempre quello: avere i piedi per terra.

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fr. Giuseppe Fracci
Sono nato in un piccolo paese della Provincia di Cagliari nel 1992 e i miei tratti fortemente mediterranei mi caratterizzano e annoverano nel numero del popolo sardo inconfondibilmente, anche se qualcuno ogni tanto mi scambia per sudamericano! Ho lasciato nel 2011 i bei lidi color smeraldo della mia terra, trasferendomi a Milano per studiare Lettere classiche all’Università Cattolica. Potreste portami in qualunque città del mondo ma in ogni caso, sappiate che vi direi ostinatamente: “Milàn l’è semper Milàn”. Tra i Navigli e Brera ho trovato la Vita ma non nei locali di Parco Sempione bensì all’ombra delle magnolie bianche del Chiostro di Santa Maria delle Grazie. Lì, Qualcuno mi ha sussurrato ripetutamente: “va’, e annuncia ai miei fratelli che sono risorto!”. Alla fine ho ceduto e sono diventato bianco anche io… solo nell’abito, la carnagione è sempre la stessa.

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