Ancora fresca di stampa, l’ultima lettera apostolica di papa Francesco, Aperuit illis, è, come spesso accade, non solo densa di contenuti, ma anche di suggerimenti e consigli molto pratici per aiutarci nella vita di fede. Dopo Gaudete et exsultate, ossia il documento che richiama alla vocazione universale alla santità per tutti i battezzati, adesso il Papa, con l’istituzione, alla terza domenica del tempo ordinario, della “Domenica della Parola di Dio” vuole richiamare l’attenzione sulla necessità di tenere sempre vivo il rapporto con la Sacra Scrittura, cosa che è certamente buona in sé, ma ha anche il vantaggio di permetterci di arrivare alla messa domenicale, o per chi può, quella quotidiana, non con l’atteggiamento di chi si appresta a farsi ripetere cose note (ma lo sono davvero?), ma come un incontro che possa essere davvero speciale. Il documento si apre con la citazione dell’episodio dell’incontro con il Signore risorto da parte dei discepoli di Emmaus. Certo che le parole di quel misterioso viandante, apparentemente così straniero in Gerusalemme, da non conoscere i drammatici avvenimenti di quei giorni, facevano ardere il cuore a quegli scoraggiati discepoli, ma solo allo spezzare del pane riescono a riconoscere il Cristo risorto.

«Comprendiamo da questa scena – scrive il Papa – quanto sia inscindibile il rapporto tra la Sacra Scrittura e l’Eucaristia. Il Concilio Vaticano II insegna: “La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture come ha fatto per il Corpo stesso di Cristo, non mancando mai, soprattutto nella sacra liturgia, di nutrirsi del pane di vita dalla mensa sia della Parola di Dio che del Corpo di Cristo, e di porgerlo ai fedeli” (Dei Verbum, 21)»1.

Fra gli altri molti elementi interessanti di questo breve, ma denso, documento, anche la raccomandazione del Pontefice a considerare l’azione dello Spirito Santo che non solo ispira nel momento della formazione dei testi della Sacra Scrittura, ma assiste sempre chi, con animo credente, si accosta a questa specialissima lettura, cosa che manca fatalmente a tutti coloro che vogliano ridurre la Sacra Scrittura ad un esercizio letterario.

Ecco che vivere in maniera “viva ed efficace”, per usare le parole dell’autore della lettera agli Ebrei, non vuol dire solo accostarsi alla Parola nella liturgia, cosa che richiede una consapevole e retta preparazione dei lettori (soprattutto coloro che sono istituiti per il servizio alla liturgia), ma anche come una sorta di dialogo continuo; papa Francesco cita espressamente la lectio divina2.

Si tratta di uno dei modi in cui la Chiesa, da secoli, coltiva il rapporto con la Parola rivelata: è bene chiarire che non si tratta di una tecnica, ma, se è lecito usare questa parola, di un’arte. La parola non spaventi: è un’arte e non un esercizio intellettuale. Si tratta infatti di una relazione d’amore: «Costantemente la Parola di Dio richiama all’amore misericordioso del Padre che chiede ai figli di vivere nella carità. La vita di Gesù è l’espressione piena e perfetta di questo amore divino che non trattiene nulla per sé, ma a tutti offre sé stesso senza riserve»3.

Voler essere familiari con il Vangelo, portarlo con noi, leggerlo. Con la lectio divina, abbiamo una bella possibilità di farlo, in maniera sistematica e ordinata; anche l’accostarsi a una parola che ci capita spesso di sentire (che non sempre coincide con ascoltare) ha i suoi modi.

«Senza il Signore che ci introduce è impossibile comprendere in profondità la Sacra Scrittura, ma è altrettanto vero il contrario: senza la Sacra Scrittura restano indecifrabili gli eventi della missione di Gesù e della sua Chiesa nel mondo. Giustamente San Girolamo poteva scrivere: “L’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo” (In Is., Prologo: PL 24,17)»4.

Ci sono molti modi che aiutano ad accostarsi a questo modo di stare con la Sacra Scrittura: si può fare una lettura cursiva della Bibbia o scegliere le letture del giorno o della domenica. Ognuno può trovare il suo modo, ma quello che credo sia più importante tenere presente è che il primo contatto è quello con il testo. Con l’aiuto dello Spirito Santo, che è bene chiedere, ci si può aprire alla comprensione. Questo contatto con un testo “oggettivo” può riservarci delle sorprese: spesso la memoria fa brutti scherzi e a volte scopriamo che quello che crediamo di sapere è diverso da quello che sappiamo davvero. Dunque, è un esercizio di umiltà: impariamo o reimpariamo ad ascoltare senza pensare, con imprudente presunzione, di aver capito tutto. Dicono alcuni Padri del deserto che è solo quando siamo pronti, che il Maestro arriva. Insieme a Lui possiamo camminare sentendoci ardere il cuore, e con la gioia di averlo in mezzo a noi nello spezzare il pane.

(Per approfondire leggi anche: Intervista ad un esegeta)


1 Papa Francesco, Aperuit illis, 8.

2 Papa Francesco, cit., 4. Per capire brevemente cosa sia la lectio divina, tema che verrà approfondito, rimandiamo per ora a una delle sue descrizioni classiche, che certamente non ne esaurisce la ricchezza, ma che è sicuramente adatta anche a chi vi si approccia per la prima volta, nella presentazione fattane da p. Angelo Bellon O.P. a questo link: lectio divina. «La Lectio divina è una forma particolare di preghiera. […] Parte dall’ascolto della parola di Dio (lectio) ed è la prima tappa, per passare alla meditazione (seconda tappa) nella quale ci si domanda perché Dio ci intrattiene con quelle parole o con quell’evento della sua vita o della storia della salvezza, per interloquire con Dio sull’argomento in cui Egli ci intrattiene (è la terza tappa ed è chiamata orazione) e per compiacerci di Lui, della sua presenza, della sua parola, del suo accompagnamento alla nostra vita. È la contemplazione (quarta tappa)».

3 Papa Francesco, cit., 13.

4 Papa Francesco, cit., 1.

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fr. Giovanni Ruotolo
Frate domenicano, appassionato di San Tommaso e San Paolo e di troppe altre cose. Serio ma non troppo. Mi piacciono i libri, i gatti e imparare da quelli che sanno più di me. Per contattare l'autore: fr.giovanni@osservatoredomenicano.it

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