Viviamo oggi in un mondo in cui, si dice, siamo tirati un po’ per la giacchetta dal materialismo. Di contro, c’è anche chi si rifugia in un certo “spiritualismo”1. Forse, in fondo, è sempre stato così. Tuttavia ci sarebbe un’altra questione.

“Il corpo?” “Che fine ha fatto il corpo?”

Ecco. Al corpo nessuno ha pensato. Mi è sempre sembrato un po’ bizzarro: sia chi pensa che tutto è materia (ammesso che lo possa… pensare!), sia chi ritiene che in fondo conti solo ciò che è spirituale, finisce per dimenticare il corpo. Cioè, finisce per svilirne la dignità.

Sia che il corpo (noi) sia (siamo) polvere in continua erosione, sia che l’anima sia una sorta di “spiritello” in esso intrappolato, il corpo è poco più che un vestito, un oggetto, eventualmente va modificato, o trattato secondo i propri desideri, se non corrisponde ad essi; oppure è un carcere a cui sfuggire. È qui che materialismo e spiritualismo vengono a coincidere.

Sia in un caso – tutto quello che conta è un corpo, ma un corpo che è polvere. Dunque è un oggetto fra altri oggetti, perché anche noi lo siamo – che nell’altro – noi siamo la nostra anima, il corpo è solo un contenitore che ci racchiude, che probabilmente cambieremo –, ci si ritrova ad avere a che fare con un corpo che è oggetto. Al pari di un abito. O di un’automobile.

Anima e corpo

Ora, anche senza scendere in questioni troppo tecniche, ma, è davvero così? Ha senso? Funziona? Anche solo con un pochino d’intuito? Pensandoci un attimo?
Siamo capaci di pensare a concetti astratti, come il punto o la linea, o le figure geometriche, oppure, ancor più, alla bontà, alla bellezza. Tutte cose che, in quanto tali, non si sono mai viste in giro (sfido chiunque a far vedere ai miei bulbi oculari una linea retta2!). Ma, se siamo capaci di pensare ad “oggetti” immateriali, come è possibile per noi immagazzinarli, “vederli”, con qualche cosa che è solo materiale? Per farlo, tali “oggetti” dovrebbero essere, appunto, “scritti” su qualcosa di materiale – chessò, un organo, segnali chimici – ma ciò non è possibile proprio perché sono immateriali. Tanto quanto non è in alcun modo possibile disegnare un vero punto, che non ha dimensioni in termini di spazio, su un foglio. Cosa che peraltro ci distingue piuttosto bene dagli altri animali, almeno finché di loro zampa non incominceranno a scrivere trattati di geometria. O a leggere Rilke.

Dall’altro lato della medaglia, tuttavia, resta il fatto che abbiamo un corpo. E non solo: possiamo conoscere naturalmente solo attraverso esso, cioè attraverso i nostri sensi. Non siamo dei puri spiriti, né potremmo esserlo. Tant’è che, se un organo del nostro corpo viene lesionato, noi veniamo impediti nella conoscenza o nell’espressione, com’è infatti evidente in coloro che hanno subito danni, per esempio, a occhi, cervello, timpani, e così via. Noi sentiamo, e non si può sentire senza corpo, perciò il corpo è una parte dell’uomo. Ecco perché, in un certo senso, siamo il nostro corpo. Ciò però non significa (come abbiamo visto sopra), che siamo solo il nostro corpo. Ma che siamo anche il nostro corpo. Che esso costituisce la nostra identità. Che la persona è costituita, assieme, da anima e corpo. È anima e corpo. Il suo corpo, quel corpo, e non un altro. Ecco: il corpo è soggetto, non oggetto.

Surgite, mortui, venite ad iudicium!

D’altronde noi cristiani ci teniamo, alla nostra bella materia. «La carne è il cardine della salvezza»3, recita la nota massima di Tertulliano, e forse è il caso di ribadirlo. La risurrezione sarà, è, della carne4, di questa carne e di queste ossa. In senso letterale, non metaforico. Non solo “risurrezione spirituale”.

«Ma di nuovo vivranno i tuoi morti. I miei cadaveri risorgeranno! Svegliatevi ed esultate voi che giacete nella polvere»5, «Profetizza su queste ossa e annuncia loro: “Ossa inaridite, udite la parola del Signore. Così dice il Signore Dio a queste ossa: Ecco, io faccio entrare in voi lo spirito e rivivrete. Metterò su di voi i nervi e farò crescere su di voi la carne, su di voi stenderò la pelle e infonderò in voi lo spirito e rivivrete. Saprete che io sono il Signore”»6, così già nell’Antico Testamento ciò veniva preannunciato a Isaia e Ezechiele.

Peraltro, sarebbe stato assurdo da parte del Creatore dotare la creatura di qualcosa di inutile o, peggio, di dannoso o malvagio. Al contrario, il corpo è buono e costitutivo della nostra natura: «E Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò. Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona»7.

Questo è confermato anche da Cristo stesso, che non ha disdegnato, pur essendo Dio, di farsi carne, di assumere la natura umana, proprio la nostra, anima e corpo. E che è risorto, anima e corpo, come confermano evidentemente i discepoli: «Poi disse a Tommaso: “Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!”»8, «A noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti»9.

Cosa significa tutto questo?
Significa che, primo, sono squalificate ai blocchi di partenza dottrine che prevedono l’insignificanza del corpo, come quella della reincarnazione10, o i panteismi11, che affermano l’illusorietà o la non esistenza del mondo.
Secondo, che il corpo ha, sin da ora, la sua più grande importanza come costitutivo della nostra persona, come soggetto, e va attentamente considerato sia per quanto riguarda la sua integrità fisica, sia in campo morale.
Terzo, che l’immortalità del corpo dopo la risurrezione non è proprio paragonabile (ammesso che un giorno possa essere possibile) ad un’eventuale interminabile longevità su questa terra garantita da mezzi tecnici, medici o tecno-scientifici. Infatti «i morti risorgeranno incorruttibili»12, e Dio «asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate»13.
Vi sarà ciò che nessuna tecnica potrà mai dare, la piena consolazione e l’amore, la presenza di Dio, la ricomposizione di ogni discordia; ciò che ogni uomo desidera, la certezza che mai più andranno perduti.

Perciò con Atenagora siamo:

«Fiduciosi e certi di questi eventi futuri non meno che di quelli già accaduti, e considerando la nostra natura noi amiamo la vita soggetta al bisogno e alla corruzione, come conveniente all’esistenza presente, e fermamente speriamo quella che durerà nell’incorruzione. Non è una fisima che abbiamo appresa dagli uomini, pascendoci di speranze fallaci; noi prestiamo fede a un mallevadore infallibile, cioè al disegno del Creatore. Egli fece l’uomo composto d’anima immortale e di corpo, lo dotò d’intelligenza, gli scolpì nel cuore una legge perché fossero custoditi e salvi i suoi doni, convenienti a un’esistenza saggia e a una vita ragionevole. Ora noi ben sappiamo che Dio non avrebbe formato l’uomo qual è né l’avrebbe fornito di tutte le doti ordinate a un’esistenza perenne, se non avesse voluto la perpetuità della sua creatura»14.


1 Spiritualismo inteso in senso esteso, non in riferimento alla relativa corrente filosofica, ma a quelle tendenze di spiritualismo “iperplatonico”, che esaltano solo la componente spirituale: p. es. quelle relative a certe religioni/filosofie orientali (che indicano come illusorio il mondo materiale), allo gnosticismo (movimento di dottrine e sette sviluppatesi intorno ai primi secoli del cristianesimo; propongono la salvezza non per grazia, ma attraverso la conoscenza, oppure attraverso pratiche ascetiche o religiose personali, cui giungono solo pochi individui “illuminati”; in genere, esaltano la componente spirituale a discapito della materiale; spesso, contrariamente a quanto insegnato dal cristianesimo, propongono l’esistenza di due principî, due dèi: uno buono e uno malvagio, con quest’ultimo creatore del mondo materiale) o a movimenti “new age” (movimenti spiritualistici contemporanei, che tendono a fondere elementi di diverse religioni; in genere sono di carattere non comunitario e volti alla ricerca del benessere psico-fisico personale, raggiungibile, come nella gnosi, non per grazia di Dio, ma attraverso un percorso di conoscenza o ascesi personale).

2 Le linee rette sono oggetti geometrici monodimensionali: di lunghezza infinita, ma di altezza e profondità zero.

3 Tertulliano, De resurrectione mortuorum, 8, 2.

4 «Credo […] la risurrezione della carne», dal Simbolo degli Apostoli.

5 Is 26,19.

6 Ez 4,6.

7 Gen 1,27.31a.

8 Gv 20,27.

9 At 10,41.

10 Dottrina secondo cui l’anima pre-esiste al corpo e, dopo la morte, torna a vivere sulla terra in un altro corpo.

11 Dottrina che afferma che tutto è Uno identificando, in senso stretto, Dio e il mondo.

12 1Cor 15,52.

13 Ap 21,4.

14 Atenagora di Atene, Sulla risurrezione dei morti, Capo XIII. [Atenagora fu un filosofo ed apologista cristiano ateniese vissuto ai tempi degli imperatori Marco Aurelio e Commodo. Morì verso la fine del II secolo].


Riconoscimenti per le immagini: per la copertina, dettaglio della foto di Renaud Camus, Lorenzo Maitani, 1255-1330, Creazione d’Adamo, c. 1305, dettaglio, Facciata della cattedrale di Orvieto.

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fr. Marco Meneghin
Al secolo Marco, nell’Ordine fra’ Marco Maria Meneghin, nato nella ridente cittadina trevigiana di Conegliano nell’Anno Domini 1991. Ho conseguito la laurea magistrale in Informatica nel 2015, in particolare specializzandomi nel ramo del ragionamento automatico. Chiamato dappoi per vocazione, ho emesso nel 2017 la professione semplice, facendo il mio ingresso nell’Ordine dei Predicatori. Ho conseguito il baccellierato in filosofia presso lo Studio Filosofico Domenicano di Bologna e attualmente sono studente di teologia presso la Facoltà Teologica dell'Emilia-Romagna. Per contattare l'autore: fr.marco@osservatoredomenicano.it

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