Tutto è simbolo

In ogni cosa vi è un simbolo. Le cose non sono mai solo cose, ma mediazioni fra colui che le sa osservare e ciò che esse lasciano intravedere. Questo è il loro senso più profondo, il quale è spesso depositato ai margini dei nostri rapporti più consueti con il mondo, con gli eventi e con le tradizioni umane. La ragione è semplice: la relazione con la realtà è sempre più mediata dalla categoria dell’utilità. In essa le cose cessano di avere un’essenza propria, un’identità propria e si fanno versatili in vista di uno scopo, divengono funzionali e assumono un volto differente a seconda dell’esigenza di chi le usa: una matita in mano al sottoscritto graffia un paio d’appunti su un lembo di carta, in mano ad uno scimpanzé pesca mirabili termiti, in mano a John Wick diviene un’arma micidiale capace di sterminare dozzine di persone. Dei tre, non per vantarmi, credo di essere l’unico a farne un uso appropriato. Comunque, vale lo stesso per Halloween, il quale è pur sempre un complesso simbolo, sebbene molti non gli diano alcun tipo di peso.

Il Credo di Halloween ovvero della ‘necrofania’

Qualche contenuto lo abbiamo già visto in altra sede: Halloween (la vigilia di Tutti i santi) è una festa al contrario. È una festa per il clima restituito dalle decorazioni, dagl’abiti, dai dolciumi, ma è al contrario, perché invece di applaudire la vita, che la festa di Tutti i santi celebra, plaude la morte. Tuttavia, per i suoi addobbi festosamente lugubri sembra uno scimmiottamento del non lontano Natale e non il contraddittorio di Tutti i santi, perché? Il segreto è qui: se il Natale celebra la Nascita di Cristo, che è il Capo della Chiesa, Tutti i santi celebra la Nascita del Corpo che è la Chiesa. Infatti, come notava saggiamente un caro confratello, “lo sposo e la sposa, capo e corpo, sono una sola carne, un solo corpo mistico. Cristo e la Chiesa sono un tutt’uno, un solo «Cristo totale», animato e reso uno dallo Spirito Santo1. Non si può avversare la Chiesa senza combattere Cristo e non si può lottare con Cristo senza un ‘corpo a Corpo’ con la Chiesa.

Uomo vestito da fantasma con teschio sul volto
Rachel Adams, The calling

Ma non c’è una festa, senza alcune convinzioni che la animano. Queste non per forza debbono animare i festeggianti, i quali possono parteciparvi per i motivi più disparati, né bisogna confondere i motivi di un’iniziativa coi motivi delle persone che vi partecipano. Tuttavia, ogni iniziativa, ogni festa, ha dei suoi contenuti propri che si dividono fra cose da credere (parte teoretica) e cose da compiere (parte morale). I due aspetti vanno insieme, anzi, spesso il secondo dipende dal primo. Ora, credo che la visione del mondo propria della ‘festa’ di Halloween sia escatologica. La parola escatologia indica la riflessione del pensiero (-logia) sulle cose ultime (éskhatos), su come tutto andrà a finire. Halloween inscena l’insorgere notturno di una dimensione ultra-terrena sulla nostra dimensione terrena. La sua sorgente non è il cielo, ma le viscere del sottosuolo. Non siamo di fronte ad una teofania, cioè ad un’apparizione (phàinein) di Dio (Theos), ma ad una necrofania, cioè alla manifestazione esplicita del regno della morte (necros).

Vi è chiaramente, quindi, la credenza di un al di là, di un dopo-morte che, però, non è altro che l’assolutizzazione stessa della morte. Che sia una dimensione post-mortem, direi che è piuttosto inequivocabile: volti vuoti, rubati della loro espressività, labbra turgide, sfatte e illividite dai gonfiori della cancrena. Vi sono solo due cose capaci di sfigurare un essere umano in tal modo: la morte e il botulino; ma, per quanto horror sia il botulino, rimane roba di gente piuttosto viva, se trova ancora il tempo di imbottirsi di silicone. Halloween, al contrario, allude ad un dopo la morte, che non è mai un fuori dalla morte: la rappresentazione, per quanto innocua per i più, dà palcoscenico ad un infero scatenato sulla terra, senza alcun tipo di limite specifico (ad Halloween come a Carnevale ogni cosa vale, così almeno dicono). Questo oltretomba ‘liberato’ sulla terra, però, non è mai liberato dalla tomba. Rende soltanto tomba la terra e infero la superficie.

Tutto ciò non è nuovo al cristianesimo: è una profezia. Esiste un giorno in cui l’ultimo nemico ad essere sconfitto sarà la morte (Cfr. 1 Cor 15, 26). Ma quel giorno sarà preludiato da “un ultimo assalto del male”, senza il quale “il trionfo del regno di Cristo non avverrà” (CCC 680). Non si può dire quale sia il giorno in cui la chiave cigolerà nel lucchetto e saranno sciolte le catene di ciò che prima aveva un freno, né possiamo immaginare che cosa sarà il tempo in cui il Nemico si sollazzerà orridamente sulla terra. Molti autori hanno glossato con immagini e rappresentazioni i pochi e criptici versetti dell’Apocalisse: “Poi dalla bocca del drago e dalla bocca della bestia e dalla bocca del falso profeta vidi uscire tre spiriti immondi, simili a rane: sono infatti spiriti di demòni che operano prodigi e vanno a radunare tutti i re di tutta la terra per la guerra del gran giorno di Dio onnipotente” (Ap 16, 13-14). Ma fra tutti mi colpisce il racconto di un ‘profeta’: egli scrive che in quel tempo – che per noi deve ancora venire – si aprirono “le porte fra il mondo terrestre e quello dell’oltretomba e in effetti divenne un fenomeno abituale la comunicazione dei vivi coi morti e anche degli uomini con i demoni; inoltre si svilupparono nuove forme inaudite di orgia mistica e di demonolatria2. È un genio, perché è in questo che sta l’assalto del nemico: nel rendere normale il male. Anche se il demoniaco cessa di essere eclatante, rimane eclatante che non lo sia, è eclatante che l’uomo viva abitualmente questa macabra reciprocità con l’oltretomba, magari nel farla apparire persino divertente: come è ‘divertente’ travestirsi e fingere per una notte di essere parte di quelle potenze infernali o, perché no, nel confezionare una serie televisiva di ispirazione schifosamente satanista (come stanno facendo ora!). Perché è così che si rende buono il male, rendendolo abituale e l’inflazione, soprattutto mediatica, è un mezzo efficacissimo per abituare le persone a qualcosa di meschino: “La ripetizione dei medesimi atti genera il vizio. Ne derivano inclinazioni perverse che ottenebrano la coscienza e alterano la concreta valutazione del bene e del male. In tal modo il peccato tende a riprodursi e a rafforzarsi” (CCC 1865).

La morale di Halloween

Bambino mascherato da mostro
Jim Voorhies, “Halloween, Trick or Treat”

Certo, Halloween è solo un gioco che, però, gioca all’inferno e questo non può essere ignorato: nessuno di noi sarebbe lieto di vedere i propri figli giocare all’ebreo e al piccolo nazista, perché scherzare su certe cose è cosa molto seria. Per l’inferno non è diverso. Non a caso, in una visione del mondo dove la corruzione è più forte della vita, anche gli atti della vita vengono sottomessi alla corruzione. Ecco la giocosa morale di Halloween: Dolcetto o scherzetto?. L’idea è molto semplice: si bussa alla porta di qualcuno, si domanda un dolce, se questi non lo dona, si è legittimati al dispetto. Certamente nulla di che, al massimo qualcuno, fingendo improbabili e sugose emorragie, schizza ketchup sulle magnolie di una vecchia signora o irrita ossessivamente il campanello. L’idea dietro il gioco, però, è la seguente: chi chiede a qualcuno qualcosa che questi non gli deve (simbolicamente rappresentato in un dolcetto), chiede un atto di carità. Infatti, la carità, che ha esempio nell’elemosina, è un dare a ciascuno del proprio, un dare gratuitamente. Diversa è la giustizia, che è un dare a ciascuno il suo, quasi un restituire. Un uomo non può pretendere che uno sconosciuto gli offra un caffè, mentre può pretendere che, se ha pagato due euro per un espresso che costa un euro, gli sia dato il resto, anche se il commesso è uno sconosciuto. Perché? Nel primo caso nulla è dovuto, nel secondo, invece, vi è un debito. Certo, il cristiano ha il dovere di un’assennata carità, perché ha ricevuto carità da Colui che ci ha amati per primo. Ma non si può arrestare una persona perché non fa donazioni, mentre lo si può fare se ruba. Così se si chiede ad uno sconosciuto il dono di un dolcetto, si chiede un gesto gratuito. Se questi non lo dà, si comanda di reagire come ad un’ingiustizia, cioè con una piccola vendetta (simboleggiata dal dispetto). Ne segue che l’atto più alto della carità viene trattato come un atto giustizia. In altri termini: tutto mi è dovuto. Anche qui il simbolo di Halloween è il contrario del Natale. Qual è, infatti, la sintesi del Natale se non questo, che tutto ci è stato donato?

Leggi anche l’articolo dell’anno scorso su Halloween: Il Gallo, la Zucca e il Mistero di Halloween.


fra Marco Meneghin op, Non c’è Cristo senza Chiesa, consultato alle h. 10:30 del 26.10.2018

2Vladimir Sergeevič Solov’ëv, I tre dialoghi e il racconto dell’anticristo, trad. it. Giovanni Faccioli, Marietti, Genova 2014, p. 199

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fr. Pietro Zauli
Chi sono? In verità non ne so molto più di voi. Del resto, vivo anche per scoprirlo. Ma giustamente chi legge questo genere di presentazioni, si attende una sfagiolata di dati anagrafici. Essia! Sono nato all’Ospedale Maggiore di Bologna quel glorioso 9 settembre del 1994 (glorioso per ovvie ragioni). Chi non mi ha mai veduto senza barba, ipotizza che mi trassero dal ventre di mia madre proprio tirandomi dalla barba… inquietante, ma non smentirò questa leggenda. Frattanto in questi 25 anni di vita ho frequentato il liceo scientifico Malpighi, mi sono appassionato a Tolkien, alla Filosofia, alla Poesia medioevale e novecentesca, infine alla cinematografia, su cui amo diffondermi in raccolte meditazioni crepuscolari. Cosa ho compreso saldamente? Ad una sola vita, un solo modo per viverla. Per questo appena conseguita la maggiore età, ho fatto domanda di entrare nell’Ordine dei Frati Predicatori. Attualmente mi nutro di studi di San Tommaso, di spiritualità e di metafisica (sto affrontando un densissimo filosofo Polacco, Przywara … la pronunciabilità del nome è direttamente proporzionale alla sua chiarezza). Per contattare l'autore: fr.pietro@osservatoredomenicano.it

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