Abbiamo chiesto al prof. Massimo Roncoroni, già professore di filosofia e storia della filosofia, nonché laico domenicano, di parlarci di un grande filosofo italiano del ‘900, Gustavo Bontadini (per approfondirne la figura: Gustavo Bontadini e il teorema di creazione).
Egli fu allievo e studente, nonché amico, del filosofo. Gli abbiamo chiesto di rispondere, in una breve serie di tre interviste a tema, ad alcune nostre domande e curiosità sul filosofo milanese che per tanti anni insegnò all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Ecco la prima.
Bontadini e la scelta per la filosofia
La prima domanda che vorremmo porre sul filosofo milanese, riguarda i motivi della sua scelta per la filosofia. Quali sono i motivi che hanno spinto Bontadini ad intraprendere proprio questi studi?
Bisogna partire da questa premessa: Bontadini nasce a Milano il 27 marzo 1903 e qui frequenta il liceo moderno istituito con legge Credaro nel 1911 e attivo fino al 1923, anno della riforma Gentile, che lo trasforma in liceo scientifico1. Nel liceo moderno Bontadini si appassiona soprattutto allo studio delle matematiche (“portento della mente umana” come ricordava dicesse Leibniz) sicché per l’università era indeciso se iscriversi a matematica o filosofia. E perché sceglie filosofia invece di matematica? La sua risposta è molto semplice: «Per difendere la mia religione». L’istanza fondamentale di Bontadini è dunque un’istanza apologetica, tipicamente apologetica2. Vale a dire la difesa di ragionevolezza e razionalità dell’adesione a Gesù Cristo come via alla verità oltre ogni forma del morire. Altro particolare non trascurabile, Bontadini proviene dagli oratori milanesi del tempo di Andrea Ferrari: tempo di positivismo e modernismo trionfanti. In concreto sceglie per la filosofia per difendere la fondata possibilità per ogni uomo di aderire a Gesù Cristo come senso e significato delle cose tutte e in esse della vita umana. Identica ragione per la quale San Tommaso asserisce che la fede è atto razionale e ragionevole, pensare con assenso, “cum assensione cogitare”. Questa è di Bontadini l’“intentio profundior fontaliter considerata”. Intenzione vocazionale non molto diversa da quella di Giustino, l’apologista e martire.
Bontadini ha voluto essere un Socrate cristiano. Non a caso teneva regolarmente all’università Cattolica un seminario di apologetica: ragione prima e ultima del suo fare filosofia.
Oggi più che di apologetica, si parla di dialogo. Come si rapportano queste due istanze? Come Bontadini le intendeva?
Oggi l’apologetica ha cattiva stampa ed è considerata qualcosa da evitare, anche all’interno di Cristianesimo e Chiesa. Bontadini invece ha fatto conversazione e dialogo, mentre oggi l’elemento fondamentale è sì il dialogo, purché non difensivo, pronto ad arrendersi alle ragioni dell’interlocutore per la serie “loquimini vobis placentia”, vi diremo ciò che vi piace. A riguardo invece Bontadini non si è mai arreso senza combattere. E anche qui la similitudine con Giustino mi pare funzioni benissimo. Bontadini era un apologeta, non in senso fanatico, anzi! Tant’è che diceva: «L’autentico cattolico, non può non essere anticlericale». Ora, Cattolico vuol dire “universale”, mentre clericale vuol dire di una parte, parziale. Il Cristianesimo deve dimostrare che è veramente universale e che sono gli altri a cadere in una parzialità. Bontadini privilegiava il contropiede anche in filosofia, cioè “il principio di non contraddizione”, capace di mostrare insieme la falsità del contraddittorio e la verità del contraddetto, prendendo in contropiede l’avversario. Se gli altri ti attaccano, tu ti difendi, ma difendendoti segni il goal nella porta avversaria. Altra cosa notevole al riguardo, ricordata da Bontadini: nella dialettica come arte della disputa di tipo sofistico, la vittoria del protagonista coincide con la morte dell’antagonista, “mors tua vita mea”. Occorre dimostrare invece che in buona e vera dialettica, se vince il Cristianesimo, la vittoria del protagonista segna la possibilità di resurrezione dell’antagonista, fattosi così deuteragonista! È chiaro? In questo senso ti presentava un Cristianesimo d’attacco, integrale, ma non integralista.
Dunque un approccio comunque universale e inclusivo, non escludente?
Esatto. L’“escludenza delle escludenze”, per dirla con il suo stimato Gioberti, era proprio il suo criterio di ricerca e di incontro con il pensiero altrui. La positività integrale o positività del positivo, ché un positivo non può mai essere negato, pena contraddizione. Questo è un punto importante. Qui siamo tra cristiani che stanno cercando di confrontarsi con un maestro di pensiero cristiano. Bontadini avrebbe detto, o meglio diceva, che come cristiano si sarebbe presentato davanti al Padreterno con la testimonianza del peccatore, perché la testimonianza del peccatore è un modo di rendere gloria a Dio. Non se la sentiva di vantarsi di nulla, se non di essere un peccatore. Se mi pento del male compiuto, significa che insieme testimonio dell’esistenza del bene mancato.
Allora chiediamo: secondo lei si potrebbe dire che Bontadini fu, in un certo senso, un maestro? E se sì, in che modo?
Sì che si può dire! Certo, non era perfetto, dal momento che nessuno è perfetto, e perciò non bisogna credere che i maestri siano dei perfetti (maestri con la m minuscola, s’intende, questo non vale per Gesù Cristo). Ma non gli si toglie la grandezza. Anzi, Bontadini diceva: «Voi mi onorate se pensate le cose che dico, non se ripetete le cose che dico». Lui diceva sempre che non voleva cloni e non voleva dischi della voce del padrone, della serie “come tu suoni io canto”! È il bello della filosofia fatta così, Bontadini ce lo ha insegnato: si impara conversando insieme. Ecco, il dialogo è inteso in questo senso.
Per leggere anche la seconda intervista clicca qui: Gustavo Bontadini e la metafisica.
1 Ex sezione fisico-matematica delle scuole tecniche, prevedeva, in assenza del greco e con alleggerimento del latino, l’insegnamento di una seconda lingua straniera, tedesco o inglese, che si affiancava al francese, di diritto ed economia aggregati a filosofia e un robusto incremento delle discipline scientifiche. Il primo triennio del ginnasio rimaneva unico e invariato mentre poi si optava per il quarto ginnasio classico o per il quarto ginnasio moderno. Il titolo rilasciato consentiva l’accesso a qualsiasi facoltà universitaria al pari del liceo classico.
2 L’apologetica (che significa, testualmente, “addurre ragioni”) è quella disciplina che, nell’ambito del cristianesimo, si occupa di rendere ragione della fede, mostrandone la legittimità e la coerenza, secondo quando detto nella prima lettera di san Pietro apostolo, il quale esorta a essere «pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi» (1Pt 3,15).
Riconoscimenti per le immagini: per la copertina, foto di Gustavo Bontadini tratta dal libro “Dal problematicismo alla metafisica”, Vita e Pensiero Editrice.