Abbiamo chiesto al prof. Massimo Roncoroni, già professore di filosofia e storia della filosofia, nonché laico domenicano, di parlarci della figura di Gustavo Bontadini; presentiamo ora la seconda di questa serie di tre interviste a tema (clicca qui per leggere la precedente: Gustavo Bontadini, tra fede e filosofia).

Positività integrale e metafisica

Nella scorsa intervista, abbiamo visto aspetti di un Bontadini forse inedito per coloro i quali non hanno avuto modo di conoscerlo di persona. Ora vorremmo porre una domanda sulla disciplina cui Bontadini più si è dedicato, la metafisica. Perché la metafisica?

Tutti pensano a un “Bontadini fissato con la metafisica”… D’altronde, lui stesso diceva: «Perché la metafisica?». Ma perché la metafisica è la dimostrazione, in concreto, che il Cristianesimo è capace così tanto di muovere la ragione da portarla all’affermazione di Dio. Affermazione di Dio che consiste nel dimostrare che se Dio non ci fosse, il mondo sarebbe assurdo. Poiché, se Dio non ci fosse, ci sarebbe la contraddizione, come continuo passare dall’essere al non essere, senza capo né coda. Se tu ci pensi bene, l’equazione del tempo è +1-1, sempre uguale e costante; ma il valore della costante è 0, a meno che non sia colmata dalla creazione.

Che cosa s’intende con “colmata dalla creazione”?

Anche un bambino che nasce, che viene concepito, quando è concepito, inizia a vivere, ma… inizia anche a morire. Pensiamo alla nostra vita; la nostra vita è un continuo “conto alla rovescia”… E Bontadini dice: «Se però c’è la Creazione…» – e, io aggiungo, la Redenzione , che è un momento della Creazione –, allora, ogni momento in meno che ci resta da vivere è un momento in più, un passo in più verso Dio. Perché Dio “come pone così toglie”. Nel senso che, mentre pone dall’essere l’esserci, nello stesso tempo richiama l’esserci all’essere; “l’Ente pone l’esistente, l’esistente ritorna all’Ente” (Gioberti); “exitus-reditus”, uscita-ritorno, e allora, da questo punto di vista, non c’è più l’essere per la morte, ma c’è l’essere per la vita… la vita eterna! Ecco perché quando a Bontadini si chiedeva: «Come sta professore?», lui rispondeva sempre: «Male, e tu?». Una volta gli ho risposto: «Beh, insomma, benino», e lui: «Ma come benino!?!». Allora ho replicato: «Bene lo dirò in Paradiso!». E lui, nuovamente: «Ma lo vedi che sei scarso in metafisica? Dirai benissimo, in Paradiso!». E questo è importante, poiché se non si comprende questo… di Bontadini non si capisce nulla. Alcuni sono arrivati ad asserire che Dio, come inferito da Bontadini, sarebbe un annullatore, un “bucatore”. No! Nel senso che ciò che apparentemente è contraddizione, lo è “prima facie”, di primo acchito, ma ultimamente essa è risolta in una ri/comprensione apologetica, perché metafisica. Cioè: ti faccio vedere che quello che ti pare una negazione, in realtà è una riaffermazione.

Gli autori

E quali erano i pensatori più amati dal filosofo milanese, o quelli che considerava più affini al suo pensiero?

Certamente conosceva bene S. Tommaso, gli era entrato in circolo. Però i suoi punti fermi erano, innanzitutto, Parmenide, sanità della ragione per il principio della positività originaria dell’essere: “l’essere originariamente non può essere limitato dal non essere”. Principio di Parmenide assunto, beninteso, “ad honorem”, non “sic et simpliciter”, preso in senso assoluto. Il quale, in effetti, è poi il principio di identità e non contraddizione ché il principio di non contraddizione funziona se afferma un’identità.
Tornando agli autori, l’altro era Platone, per la nozione di mondo delle idee o delle essenze intelligibili. E poi, certamente, Aristotele. Ma soprattutto amava S. Agostino, perché riteneva che Agostino, e con lui anche Bonaventura, fosse più proto-logico di S. Tommaso. Agostino non a caso, dice circa la vita in questo mondo: «non so dire se questa sia più vita mortale o morte vitale», cioè Agostino insiste molto sul fatto che ciò che viene all’essere, in realtà, insieme va continuamente al non essere. Il tempo, la memoria, la creazione: su questi temi Agostino è insuperabile, ha individuato punti fermi validi per sempre e incontrovertibili. Di Agostino Bontadini citava la scoperta, che chiamava “euresis” fondamentale, “inventio princeps”, la quale peraltro non è tanto scoperta nostra, quanto piuttosto incontro (“inventio” vuol dire infatti incontro) e Bontadini come Agostino usa molto il termine incontro. Ed esso si sostanzia in questa definizione – la definizione più bella di Agostino – del teorema di Creazione: “Facta sunt, mutantur enim, atque variantur», le cose tutte sono create, infatti mutano e variano.

E circa l’età moderna-contemporanea?

L’età moderna e contemporanea sono due fasi dell’efficace e rigoroso intero storico-filosofico delineato da Bontadini, il quale lo distingue in tre fasi: l’età classica o della filosofia dell’essere, da Talete a san Tommaso; l’età moderna o della filosofia del conoscere, da Cartesio a Hegel, la cui essenza è l’idealismo con baricentro in Kant; l’età contemporanea, da Gentile al problematicismo, divisa in due tronconi, l’uno anti-metafisico e l’altro metafisico, all’interno comunque della rinnovata possibilità di costruire la metafisica come sapere filosofico. In tale quadro, per Tommaso utilizzava le stesse parole che usava per Kant: «Come Kant per l’età moderna, Tommaso per l’età classica è poderoso, ma, a mio avviso, poco rigoroso». E a proposito di Kant aggiungeva: «Kant io l’ho eletto a mio miglior avversario!». E proseguiva così: «Tanto di cappello, tutte le obiezioni che Kant fa alla metafisica moderna sono uno spunto enorme per la metafisica classica», senza dimenticare: «il mio grande Leibniz». Questi i suoi autori di riferimento, per classico e moderno, per non parlare di Giovanni Gentile.
Tuttavia, vi è un’altra cosa da dire, una cosa giusta, che però va’ precisata. Cioè che il primo Bontadini sia fideista in quanto mosso dall’esigenza di trovare il postulato della razionalità del reale. Ci si riferisce qui alla prima fase del pensiero bontadiniano, vale a dire quella del Saggio di una metafisica dell’esperienza (rielaborazione della sua tesi di laurea) dove afferma che la fede nella ragione ci porta a scommettere sulla razionalità del reale… cioè su Dio!

In che senso “scommettere”?

Questa figura della scommessa è sempre presente in Bontadini se pur in modo non esplicito. Lui non cita quasi mai colui al quale state pensando, cioè Pascal – altro genio filosofico e fisico matematico –, se non di rado, tuttavia ne è profondamente pervaso. Un giorno io glielo ho chiesto e lui mi ha detto: «Qui tocchi un nervo scoperto!» ché siamo tutti imbarcati in codesta incomprensibile vita nella quale «Il faut parier» [cioè, “bisogna scommettere”]. È chiaro? Tra l’altro, Pascal stesso insiste molto su questo, per esempio quando parla del peccato originale dice: «Noi non sappiamo che cosa sia il peccato originale, non lo sappiamo in sé, però ci serve per spiegare finitezza e fallibilità dell’uomo, le contraddizioni dell’uomo», e questo procedimento investigativo si chiama “abduzione”. L’abduzione, forma dello scommettere, si ha quando una scienza non riesce a dimostrare qualcosa in se stessa, e allora cerca dei rimedi che rispondano adeguatamente alla cosa stessa, ma a prescindere dal fatto di comprendere che cosa essa sia. Analogo discorso per Dio come garante della razionalità del reale.

Ciò è presente in qualche modo anche in Bontadini?

Bontadini questo metodo lo usa sempre quando parla di “zetesis” e di “euresis”, di ricerca e di scoperta. La “euresis” è la scoperta o meglio l’incontro che accade quando ti imbatti in qualcosa che risolve il problema, rende possibile, ragionevole e razionale ciò che appare irrazionale: ti persuade in modo non retorico e illusorio, ma logico e reale. Infatti, se percorri la strada della speranza, devi anche capire ragione e convenienza della speranza. Il metodo di Bontadini si può perciò ben delineare con le parole di Giacomo Biffi: “La scommessa di Pascal […] da un punto di vista logico è un ragionamento per assurdo. Ce lo insegnavano in matematica. Siccome l’assurdo non è accettabile, dunque è vero il contrario”.

 

Per leggere la terza ed ultima intervista clicca qui: Gustavo Bontadini, scritti filosofici e temi teologici.


Riconoscimenti per le immagini: per la copertina, foto di Gustavo Bontadini tratta dal libro “Appunti di filosofia”, Vita e Pensiero Editrice.

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fr. Marco Meneghin
Al secolo Marco, nell’Ordine fra’ Marco Maria Meneghin, nato nella ridente cittadina trevigiana di Conegliano nell’Anno Domini 1991. Ho conseguito la laurea magistrale in Informatica nel 2015, in particolare specializzandomi nel ramo del ragionamento automatico. Chiamato dappoi per vocazione, ho emesso nel 2017 la professione semplice, facendo il mio ingresso nell’Ordine dei Predicatori. Ho conseguito il baccellierato in filosofia presso lo Studio Filosofico Domenicano di Bologna e attualmente sono studente di teologia presso la Facoltà Teologica dell'Emilia-Romagna. Per contattare l'autore: fr.marco@osservatoredomenicano.it

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