Penso sia il vegetale con il rosso più acceso: io l’oro proprio non ce lo vedo. Perché il pomodoro venga chiamato così è una delle più diffuse perplessità dell’uomo comune in Italia, che evita persino di porre in termini la questione, perché subodora che vi siano sotto tematiche estremamente complesse.

Ma nel rito ambrosiano, ai vespri dell’Esaltazione della Croce, compare la pittoresca espressione “pomo attossicato”. Dice infatti: “Addenta Adamo il pomo attossicato; / Gesù sull’albero del suo dolore / del frutto antico scioglie i malefizi“. Un pomo, in questo caso, non dorato ma, anzi, velenoso, quasi imbevuto di morte, conseguenza del peccato. Morte e peccato dai quali Gesù ci libera con la sua croce.

La parola “pomo” porta con sé numerose reminiscenze. Nel film Pomi d’ottone e manici di scopa, Angela Lansbury, meglio conosciuta per aver interpretato la Signora in giallo, è una apprendista strega che ospita nella sua casa in campagna tre fratellini londinesi durante il pericolo dei bombardamenti nazisti. Qui i “pomi” sono quelli del letto, che, opportunamente ruotati, permettono di trasformare il giaciglio in un magico mezzo di trasporto.

Dunque oro, veleno e ottone sono tre materiali di cui può essere fatto questo pomo, ma non abbiamo ancora considerato la sostanza più importante: la carne. Pomo infatti è tutto ciò che abbia una forma rotondeggiante, ed è per questo che parliamo di pomelli delle porte, dei cassetti, delle spade. Così, chiamiamo con questo nome anche quella protuberanza che sale e scende sulla gola, particolarmente appariscente nelle persone molto magre. A questo proposito è spassosa la descrizione che fa Carlo Porta di un religioso di fantasia (probabilmente Porta ha in mente un domenicano ai tempi delle soppressioni), esemplare per la sua magrezza e la sua trasandatezza. La descrizione comincia così: “Fraa Condutt l’è on magrozzer, on carcamm / d’on pret longh longh ch’el par on campanin, / cont on dianzen d’on pomon d’adamm / ch’el ghe sbaggia in là on mia el collarin…“. Che significa: “Fra’ Condotto è un esempio di magrezza, una carcassa / d’un prete così alto che pare un campanile, / con un diamine di pomone d’adamo / che gli scansa in avanti di un miglio il collarino…”.

Appunto: abbiamo detto “pomo d’Adamo”. Perché si dice così? Storicamente questa espressione non è che un’equivocazione di una dicitura dell’anatomia medioevale ebraica, che voleva dire semplicemente “il pomo dell’uomo”, dove in ebraico uomo si dice “adam“. Però forse è provvidenziale. Perché il fatto che vada su e giù senza mai poter essere digerito ci dice che quel “pomo attossicato” che Adamo ha addentato era veramente indigesto. Anzi, se “digerire” vuol dire rimestare e far defluire, quel frutto non era neanche “meditabile” né “considerabile”. Non si poteva gioire di esso. La gustabilità, infatti, il gusto, non appartiene all’albero della conoscenza del bene e del male, ma all’albero della vita, che sta “al centro del giardino” (Gen 2,9), il pane eucaristico, “frutto d’un ventre generoso” (S. Tommaso). Per questo nell’Adoro te devote, san Tommaso ci insegna a pregare: “Panis vivus vitam praestans homini, praesta meae menti de te vivere, et te illi semper dulce sapere” (Pane vivo che fornisci vita all’uomo, da’ alla mia anima la possibilità di vivere di te, e di avere sempre quel dolce sapore di te).

Comunque, il pomodoro si chiama così perché le prime specie scoperte erano gialle.

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fr. Stefano Prina
Lombardo, nato e cresciuto fra i rami del lago di Como, ha frequentato il liceo classico A. Volta di quella città, percorso comunicazione, dove ha imparato ad amare il greco – è un appassionato lettore dei vangeli nella loro forma originale – e le lingue in genere, non ultimo il proprio dialetto brianzolo. Ha poi recitato, all’età di 19 anni, il suo primo “Addio ai monti” per trasferirsi presso il Seminario ambrosiano di Seveso, ex convento domenicano e luogo in cui Carino da Balsamo col suo falcastro dava la morte a S. Pietro primo martire domenicano. Discernendo poi una chiamata più speciale, è entrato nell’Ordine dei predicatori. Ha emesso la sua prima professione religiosa il 3 settembre 2016. Baccelliere in filosofia, prosegue il suo studio della teologia. Per contattare l'autore: fr.stefano@osservatoredomenicano.it

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