Introduzione

Penso che sia capitato almeno una volta nella nostra vita di sentire delle frasi del tipo: «Ma sì, non preoccuparti, prendi la vita con filosofia», oppure: «La mia filosofia di vita è fare il mio dovere e vivere in pace con tutti». Nella quotidianità la parola “filosofia” ha assunto un significato ben diverso da quello che le si attribuisce negli ambienti accademici. Nelle facoltà filosofiche infatti con la parola “filosofia” si indica uno studio razionale della realtà che procede dai primi principi e dalle cause ultime. In Oriente invece, basti pensare al buddismo o all’induismo, le filosofie sono qualcosa di intrinsecamente unito alla religione ed alla condotta di vita. Questo, secondo alcuni autori, dovrebbe valere anche per il Cristianesimo. In questo breve articolo cercheremo di mostrare tale assunto analizzando la figura di Masnovo.

Amato Masnovo (1880-1955) viene considerato uno dei primi diffusori del neotomismo in Italia. Tra i suoi contributi principali vi è quello di aver approfondito, oltre agli elementi aristotelici presenti nel pensiero di san Tommaso, anche gli influssi platonici, neoplatonici ed agostiniani contenuti in esso. Egli, oltre a svolgere l’attività di sacerdote, insegnò Filosofia scolastica nell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano fin dalla sua fondazione. Nel corso della sua carriera insegnò anche Filosofia teoretica e Filosofia medioevale. Tra i suoi allievi più celebri si ricordano Sofia Vanni Rovighi e Gustavo Bontadini.

In queste righe ci soffermeremo un poco sul libro La filosofia verso la religione. Lo scopo di quest’opera è quello di esporre il «carattere di preludio e di avviamento della filosofia nei confronti della religione»1, ovvero di mostrare che la filosofia ha in sé molti elementi in grado di portare spontaneamente colui che la studia verso la religione. Questa caratteristica della filosofia la si può riscontrare chiaramente nella figura di S. Agostino. Come risulta nelle Confessioni, egli ultilizza la filosofia e la ragione per approfondire i contenuti della fede cristiana: la filosofia ha la funzione di preparare e disporre l’intelletto a ricevere la Rivelazione cristiana.

La filosofia è quindi ancella della teologia, ovvero conduce l’uomo verso la teologia, «la ragione umana […] filosofando, sfocia immancabilmente nella religione»2.

Il problema principale della filosofia

Il motivo della connessione tra la teologia e la filosofia lo si trova innanzitutto nel loro oggetto di indagine. Il principale obbiettivo della ricerca filosofica è infatti quello di trovare le risposte alle domande circa il significato più profondo della vita: «Filosofare non vuol dire altro che affrontare il problema della vita. Qui è tutta l’essenza della filosofia. In quanto mi preoccupo della vita io, filosofo, mi preoccupo degli altri problemi: i quali entrano nell’ambito filosofico appunto per il loro nesso col problema della vita»3.

Tutti i problemi che affronta la filosofia, da quello che riguarda il molteplice nell’universo a quello della conoscenza, sono collegati alla questione della vita, cioè del fine ultimo dell’uomo in tutte le sue sfaccettature. Anche in questo caso il percorso teoretico di S. Agostino è un esempio lampante. Egli compie un percorso circolare: parte dal problema della vita per studiare i problemi dell’universo e della conoscenza, infine ritorna, «superando la posizione manichea, alla soluzione del problema della vita»4.

Nella dottrina di S. Tommaso la filosofia ha lo stesso compito che ha nel pensiero di S. Agostino. Inoltre, per il Doctor Angelicus, chiarire che il punto centrale del filosofare è il problema della vita è necessario per «dare unità e limite differenziale alla filosofia»5. Dal problema della vita nascono il problema dell’esistenza di Dio e del fine ultimo dell’uomo, «non di un qualsiasi ultimo fine di fatto, ma dell’ultimo fine di diritto»6.

Infatti l’uomo è un essere libero lungo tutto il dispiegarsi della sua esistenza, egli deve inevitabilmente conseguire delle scelte. Costantemente è posto tra un e un no, tra due strade opposte di cui ne può scegliere solo una. Per esempio: «Devo io proseguire questo mio ragionamento o interromperlo? Ecco le due vie davanti alle quali io mi trovo in questo momento»7.

Il fine ultimo

Il tema della scelta esposto nel capitolo precedente è strettamente collegato con quello del fine ultimo: scegliere vuol dire prefiggersi necessariamente un fine ultimo. Infatti se ogni cosa desiderata dall’uomo fosse voluta in vista di qualche altra cosa e quindi «non vi fosse una cosa voluta per se stessa»8, sarebbe impossibile per l’uomo emettere un atto deliberativo, perché il processo sarebbe infinito. Il rigore di questo ragionamento ci porta ad affermare necessariamente l’esistenza di un fine ultimo.

Esso è:«La cosa voluta per se stessa, cioè voluta non in ordine ad altro, non come mezzo e non come via, ma come termine in cui si riposa […]. Naturalmente l’ultimo fine di fatto colorisce di sé tutte le altre cose da noi volute e le avvalora ai nostri occhi»9.

Di conseguenza ogni scelta che compiamo nella nostra quotidianità, piccola o grande che sia, è in relazione con il fine ultimo.

Fatte queste considerazioni è opportuno precisare che pur avendo tutti gli uomini lo stesso fine ultimo, non sempre lo ricercano in modo retto. S. Tommaso afferma infatti che «tutti desiderano il raggiungimento della propria perfezione, costitutivo della ragione di ultimo fine»10, ma non tutti la cercano nello stesso luogo o con la stessa attività. Per qualcuno essa si trova nei beni terreni, ad esempio nei soldi, per altri nell’instaurare vere amicizie, per altri ancora in una forma di trascendenza, e così via. Questo è esattamente il motivo per cui esistono vari e diversi stili di vita, infatti: « I peccatori si allontanano da quel bene in cui realmente si trova l’essenza dell’ultimo fine, ma non dalla ragione formale dell’ultimo fine, che ricercano, ingannandosi, in altri oggetti»11.

Ogni istante della nostra esistenza ha in sé sia la necessità di scegliere concretamente e fisicamente «un ultimo fine di fatto»12, sia la necessità di indagare con le facoltà intellettive «il problema circa il fine ultimo di diritto»13, ovvero la cosa che merita di essere voluta in modo assoluto per se stessa.

Porsi queste domande è un costitutivo della razionalità umana, e da esse scaturisce la domanda sull’esistenza di Dio, perché: «se un ultimo fine di diritto esiste, esso, veramente Signore della volontà, è Dio»14. In ogni momento della nostra storia questo problema ci insegue perché è posto dalla razionalità dell’uomo cioè dalla sua stessa essenza: Dal fondo della nostra vita razionale e volitiva, all’infuori di ogni particolare circostanza storica, sorge perennemente dinanzi alla nostra coscienza il problema dell’ultimo fine di diritto, cioè il problema dell’esistenza di Dio»15.

Conclusione

Il Creatore è colui che mantiene continuamente nell’essere la creazione, la conserva e la guida alle sue ultime realtà, per questo motivo in ogni cosa creata vi è un finalismo «che rende manifesta la parola, il verbo, la legge di Dio, a cui deve ispirarsi la mia vita»16. Inoltre grazie a queste considerazioni, da una parte, si comprende meglio l’immortalità dell’anima, dall’altra i problemi del male e del dolore perdono la loro asprezza17.

Ecco che il problema della vita da cui siamo partiti è risolto. L’uomo, «in forza della pura disamina filosofica»18, riconosce il proprio nulla dinanzi a Dio in un atteggiamento di riconoscenza e di adorazione, «nella consapevolezza di essere un dono di Dio»19.

Concludiamo questo nostro percorso della filosofia verso la religione, con le parole di Amato Masnovo: «La religione è il più saporito frutto che crsce sull’albero della filosofia: un frutto mangiando del quale l’uomo apprende e comprende i doveri verso di sè e i propri simili nella cerchia dei primordiali doveri verso Dio»20.

 

1 A. Masnovo, La filosofia della religione, Soc. Ed. Vita e Pensiero, Milano 1948, pp. 6-7.

2  A. Masnovo, op. cit., p. 7.

3 Ivi, p. 8.

4 Ivi, p. 11.

5 Ibidem.

6 Ivi, p. 12.

7 Ivi, p. 13.

8 Ivi, p. 14.

9 Ibidem.

10  Tommaso d’Aquino, La Somma Teologica, I- II, q. 1, a. 7, a cura dei Domenicani italiani, ESD, Bologna 2014, p. 25.

11 Ibidem.

12 A. Masnovo, op. cit., p. 16.

13 Ibidem.

14 Ivi, p. 17.

15 Ibidem.

16 Ivi, p. 84.

17 Ivi, p. 85.

18 Ivi, p. 86.

19  Ibidem.

20 Ivi, p. 87.

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Fr. Damiano Andrini
Sono nato a Crema il 12 luglio 1991. Ho iniziato a farmi domande serie sulla fede e sulla mia vocazione intorno ai 19 anni, una volta finite le scuole superiori. Queste domande mi portarono ad approfondire i contenuti della fede cristiana, iniziai a leggere personalmente i vangeli e successivamente, come mi consigliò un mio amico, lessi anche il Catechismo della Chiesa cattolica. Inoltre incominciai a frequentare le iniziative della parrocchia, e fu proprio qui che, durante gli incontri di catechismo per gli adulti tenuti dal viceparroco, sentii per le prime volte i nomi di san Tommaso d’Aquino e di santa Caterina da Siena, nomi che suscitarono in me un forte interesse di approfondire il loro insegnamento. Piano piano, continuavo a sentire in me sempre più intenso il desiderio di diventare religioso: fu così che, una volta avuti i contatti per il percorso di discernimento vocazionale nell’Ordine, intrapresi un percorso che mi ha portato ad essere un frate dell’Ordine dei Predicatori. Ho emesso i voti semplici il 15 settembre 2019.

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