“Cronache dalle retrovie: il Coronavirus, un microscopico organismo di infima intelligenza, tiene sotto scacco le nazioni e si rivela il più astuto stratega del secolo, rivolgendo il benessere sviluppato dall’uomo contro sé stesso. Non per letalità è più letale; tiene in ostaggio l’economia e minaccia interi sistemi sanitari planetari, rischiando di portarli al collasso”.
Fa specie, così abituati alla nostra prosperità e al considerarci su vasta scala immuni da ogni catastrofe, pensare di essere tutti, contemporaneamente, piegati da un essere così piccolo. È «la potenza delle mosche: vincono battaglie, impediscono all’anima nostra di agire, mangiando il nostro corpo»1.

Si narra che un giorno un Islandese, incontrata la Natura, incominciasse ad elogiarla e a cantare la grandezza dell’uomo. «Mentre stava[…] in questi e simili ragionamenti è fama che sopraggiungessero due leoni, così rifiniti e maceri dall’inedia, che appena ebbero forza di mangiarsi quell’Islandese; come fecero; e presone un poco di ristoro, si tennero in vita per quel giorno»2.
Possiamo invocare finché vogliamo ogni sorta di motti, danzare, cantare.
Ebbene, ecco una novità: non servono. Tanto quanto con un pensiero non salveremo un nostro caro da uno schiacciasassi. Non basterà appellarsi a una generica armonia pseudopanteistica con la natura (la quale, signori, ci sta uccidendo, per quanto buona anch’essa è ferita dalla caducità, assieme a tutta la creazione), e non basteranno altri stratagemmi per chi (se mai abbiamo avuto almeno un mal di denti e un minimo di senso di realtà) ci si trovi già investito in pieno.

“Porto Corona”3

«MORTE: Sto abbattendo il tuo albero. Non sai che la tua ora è giunta?
SKAT: No, aspetta, ti prego. Non è questo il modo.
MORTE: Ah. E che modi vorresti?
SKAT: Ah, beh… Ecco, vedi… Fra poco c’è lo spettacolo.
MORTE: Ma sarà sospeso. Per la morte dell’attore.
SKAT: Ma se ho un contratto?
MORTE: Annullato.
SKAT: Beh… Sì… Ma la famiglia, i bambini…
MORTE: Su. Dovresti vergognarti, Skat.
SKAT: Sì, sì, sì, sì, giusto. Mi vergogno e mi pento, mi pento. Ma, non c’è qualche scusa, qualche particolare eccezione per gli attori?
MORTE: No, no. Niente. Nessuna eccezione»4

Andrà tutto bene. Come no. Ma per chi? Per chi ha perduto un parente, per chi magari soffre di depressione ed è pure costretto a rimanere chiuso in casa, per chi ha perduto il lavoro, per chi è lontano dalla famiglia, per chi non ha una casa, per chi avrebbe bisogno di assistenza domestica, per chi è costretto a turni di lavoro sfiancanti? O per chi è in pericolo di vita, o ha visto andarsene la propria, la quale è già stata recisa?
E soprattutto, perché dovrebbe?

La differenza

Come disse un uomo, di solito la differenza tra un folle e un saggio sta tutta in un perché.

Che cosa accadrà a coloro che soffrono? A coloro che hanno perso la vita? Qui si gioca tutto. Su questo dobbiamo fermarci a riflettere, specie rispetto alle frasi che pronunciamo, all’atteggiamento che abbiamo e a su che cosa esso si basi.

Perché compiamo tutti questi sforzi, senza un motivo? Per salvare qualcosa che è destinato a distruggersi, un nulla? Allora «fanno pena per questa loro frenesia […]: è come cardare lana nel fuoco, portare acqua con un colabrodo e versarla in un recipiente forato»5.

Oppure perché è tutto l’uomo che ha bisogno di salvezza, una salvezza che non può essere data da null’altro se non da Dio? Quindi, o uomo, dove stenderai la mano? In questi momenti viene in piena luce quale è la bellezza e l’importanza nella nostra vita dei Sacramenti, necessari alla nostra salvezza (là dove vi siano le condizioni oggettive per amministrarli, come indicato dall’autorità ecclesiastica6), con molti sacerdoti impegnati nelle Confessioni ai moribondi, nell’amministrazione dell’Eucaristia come viatico, nell’Unzione degli infermi. Quale valore diamo ordinariamente a tutto ciò?

«Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo» (Mt 10,28). «Infatti, quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso?» (Lc 9,25).

L’encomiabile lavoro di molti medici e di tutti coloro che si prendono cura dei malati, e, ad altro titolo, di tutti coloro che si spendono nella preghiera per il loro sollievo e salvezza eterna, ha la sua fondamentale radice in quest’ottica, ragion per cui sono state concesse a riguardo speciali Indulgenze plenarie (Indulgenze ai fedeli nell’attuale situazione di pandemia): «mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno» (1Cor 9,22).

All’inizio

Perciò quelli di cui all’inizio non sono atteggiamenti da rigettare o condannare. Ma dobbiamo chiederci, rispetto a noi, e questo è un buon momento, il perché di essi. Perché andrà tutto bene?
Se sono radicati in un senso, in un fondamento; senza i quali si riducono a buffe superstizioni secolaristiche per gli uni, o ad altrettanto opinabili e superstiziose “religioni fatte in casa” per gli altri.

Perché? Dov’è Dio? Dove è sempre stato, Cristo, in Croce accanto ai due ladroni, a loro volta legati alle loro. Quale dei due siamo? Niente e nessuno ci farà scendere dalla nostra, come voleva il primo, ma, se lo chiediamo, come il secondo, Qualcuno ci farà salire7. Ecco perché andrà tutto bene.

Ma ora, se non sei d’accordo, tocca a te rispondere a questa domanda, e bada che la risposta sia buona: perché?


1 Blaise Pascal, Pensieri, 96 (367), Bompiani, Milano 2012, pag. 77.

2 Giacomo Leopardi, Operette morali, San Paolo, Cinisello Balsamo 2012, p. 108; ma inserita in un contesto differente.

3 Il gioco di parole è riferito al testo di un brano di Angelo Branduardi, Ballo in Fa diesis minore, il quale più o meno indirettamente ammicca anche al film citato di seguito.

4 Dal film Il Settimo Sigillo, di Ingmar Bergman, 1957.

5 Basilio di Cesarea, Discorso ai giovani, cap. IX.

6 In ogni caso infatti Dio può concedere la grazia anche per altre vie, cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 1129 e 1257.

7 «Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: “Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!”. L’altro invece lo rimproverava dicendo: “Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male”. E disse: “Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno”. Gli rispose: “In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso”» (Lc 23,39-43).

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fr. Marco Meneghin
Al secolo Marco, nell’Ordine fra’ Marco Maria Meneghin, nato nella ridente cittadina trevigiana di Conegliano nell’Anno Domini 1991. Ho conseguito la laurea magistrale in Informatica nel 2015, in particolare specializzandomi nel ramo del ragionamento automatico. Chiamato dappoi per vocazione, ho emesso nel 2017 la professione semplice, facendo il mio ingresso nell’Ordine dei Predicatori. Ho conseguito il baccellierato in filosofia presso lo Studio Filosofico Domenicano di Bologna e attualmente sono studente di teologia presso la Facoltà Teologica dell'Emilia-Romagna. Per contattare l'autore: fr.marco@osservatoredomenicano.it

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