Che cos’hanno in comune Renato Rascel, padre Fabio Gragnano e Nostradamus? Apparentemente nulla, ma in realtà ci richiamano tutti e tre alla realtà del limite. Rascel, con la sua ironia, ci presenta personaggi goffi, spesso anche in un apparato scenico altrettanto goffo, o comunque senza pretese, quello degli sceneggiati. Padre Fabio ci insegna la definizione aristotelica del limite come accidente della quantità. Nostradamus infine, e anche Malachia, fantomatico autore della profezia dei papi, ci ricordano che tutto avrà la sua fine, sia gli imperi che la stessa storia: come l’impero romano sorse da Romolo e finì in Augustolo, così anche l’imponente storia aperta dall’arrivo a Roma di Pietro si consumerà in uno speculare Pietro Romano alla fine dei tempi.
Pare che Albert Einstein abbia dichiarato: «Due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana; ma sull’universo potrei sbagliarmi». Effettivamente, padre Gragnano ci insegna che, filosoficamente, l’universo non può che essere finito, forse anche chiuso. Invece, l’ignoranza e il potere militare hanno sempre dominato la scena di questo mondo con la loro apparente invincibilità. Ma noi continuiamo a sperare, per questo mondo la conversione dell’uomo alla coscienziosità, e, per quello futuro, l’«innalzamento degli umili».