Non lo si fa fesso, il buon senso popolare. Ma che fiducia cieca o sprovvedutezza! Agnese sapeva benissimo, come tutti, a chi si metteva in mano: “Mej on ratt in bocca al gatt che on cristian in man a l’avocatt“. L’avvocato Pettola, il cui cognome scompare nella stesura definitiva per lasciare il posto al celebre soprannome, è fin troppo chiaramente definito. La “pèttola” lombarda è il guaio irrimediabile. Egli è uno che sguazza nell’irrisolto, che vive di casi aperti e non mai chiudibili.
Ho letto molti esperti dichiarare che il senso dell’espressione manzoniana “azzecca-garbugli” sia positivo: “scioglitore di nodi”. E in effetti, l’edizione quarantana del Dizionario milanese riporta una voce simile al nostro “azzecca-garbugli” proprio con questo significato. Ma se così fosse, andrebbe persa da parte del nome l’evocatività del carattere. Altri, con un’interpretazione più rocambolesca che vuol salvare la connotazione chiaramente negativa del personaggio, interpretano la parola composta come “colui che fa passar per giuste le cose storte”.
In realtà le cose sono, per un certo aspetto, molto più semplici. Infatti, in questo caso, non è la lingua che ha fornito la parola al poeta, ma il poeta alla lingua, grazie al fulmineo successo del romanzo. L’espressione di partenza che aveva in mente Manzoni, infatti, è abbastanza lontana morfologicamente dal risultato: si tratta di “cattabrigh“, epiteto diffusissimo nella Milano ottocentesca, dal significato pressappoco di faccendiere amatoriale.
No, l’avvocataccio di Lecco non fa giuste le cose storte, né scioglie i nodi, ma acchiappa voracemente diatribe e controversie, perché le ama e vive di queste.
Tuttavia, la sua presunta stabilità, data dall’essere salito sul carro del vincitore, svanirà presto come meteora. La storia non la fanno, in fin dei conti, gli approfittatori, astuti per loro; ciò che resta è sempre il grande popolo degli umili, che, pettinato dai galloni dei potenti, riemerge sempre, perché ancorato a uno scoglio ben più duraturo del dominio del momento: Dio.
«Tu dicesti, o popolo: Solleva Iddio l’afflitto» (Finale del Nabucco).
È naturale, perciò, che Azzecca-garbugli — comparso una volta sola, all’inizio — terminata di fare la sua meschina figura, ritornerà nel racconto solo alla fine del libro, giusto per assicurarci riguardo l’efficacia su di lui del morbo pestifero. Il popolo invece rimane, e rinasce dall’aurora di una promessa: Maria, la figlia di Lucia e di Renzo. Così, mentre i furbacchioni, o coloro che si ritenevano tali, trovano il tempo di passare dalla scena di questo mondo, Agnese diventa nonna. C’è un tempo per ogni cosa: anche per far finta, talvolta, di lasciarsi fregare.