Il circuito del dono

Uno dei punti fermi del mio pensiero è che un regalo, se fatto con amore, acquisisce dall’amore stesso, come per osmosi, la capacità di creare una compenetrazione spirituale fra donatore e ricevente. Nel dare qualcosa che riconosco come bene, da un lato congiungo con l’altro il mio pensiero nell’atto di riconoscere il bene, dall’altro sono da lui reso capace di scorgere quel bene non in me ma in lui. Proprio per questa ragione, quando ricevo un regalo da un amico cerco sempre di ricordarmi che il bene che vi scorgo possiede questa duplice direzionalità e, di conseguenza, ha un valore ben superiore a quello della sua oggettività.

Alcuni mesi fa un carissimo amico mi regalò un libriccino edito dalle Edizioni Ares che raccoglie, in agile traduzione italiana, due operette del beato Aelredo di Rievaulx, monaco cistercense del secolo XII. Gli scritti in questione sono Gesù a dodici anni, un commento a tre livelli dell’episodio narrato da san Luca, e L’amicizia spirituale, un dinamico dialogo in tre sezioni avente come tema appunto l’amicizia1.

Quando lo presi in mano, mi venne da sorridere: se a regalarmelo fosse stato qualcuno di più distante, la parte maliziosa di me avrebbe potuto pensare che quel dono avesse avuto lo scopo di spiegarmi cosa fosse l’amicizia, nel tentativo di correggere una mia mancanza. Tuttavia le mani che me l’avevano porto m’impedirono di volgermi a simili pensieri: erano infatti garanzia che l’amore, di cui l’amicizia è forma splendida, non era un fine ma una premessa.

Una valida proposta

Vi chiedo, cari lettori, di avere un po’ di pazienza. La premessa che avete appena letto, carica di un’interiorità apparentemente estranea al fine di questo articolo, troverà il suo posto nel discorso proprio in relazione al contenuto del testo che voglio proporvi.

Il volume edito dalle Edizioni Ares ha l’indubbio pregio di raccogliere, ad un prezzo modico, due scritti di differente natura la cui brevità, se separati, avrebbe forse reso più difficile l’acquisto. Questo vale soprattutto per il Gesù a dodici anni che, nonostante il suo indubbio valore, avrebbe faticato a trovare posto nei nostri scaffali se proposto individualmente. L’unità del formato scelto è invece garantita da due importanti elementi: per prima cosa il testo principe, ossia L’amicizia spirituale, consente al lettore di conoscere l’intimità dell’animo del beato Aelredo abbastanza bene da comprendere lo sguardo che, nell’altro scritto, egli getta sul brano evangelico; secondariamente, l’ottima introduzione del curatore del volume contestualizza, in uno stile semplice e adatto al formato proposto, sia Aelredo sia le tematiche da lui affrontate.

Così supportato, il lettore viene invitato alla meditazione degli scritti sia dalle ridotte dimensioni degli stessi sia dalla traduzione accessibile e diretta; il tutto inoltre è accompagnato da un ridottissimo comparto di note il cui scopo, lungi dal voler costituire uno strumento di studio, è solo di sciogliere i nodi terminologici e concettuali più spinosi per il credente moderno.

Da quanto finora detto è chiaro che questo volumetto non è adatto a chi volesse approcciarsi in modo scientifico all’opera del beato Aelredo. Questo non solo per l’essenzialità già descritta degli strumenti di commento, ma anche per la mancanza del testo originale latino a fronte. Chi quindi fosse interessato all’acquisto del libro deve tenere conto del fine che ne ha guidato la composizione, ossia la volontà di riproporre una sana lettura spirituale alla meditazione del cristiano contemporaneo.

Amicizia e carità

Nel parlarvi brevemente del contenuto effettivo dei due scritti editi, vorrei concentrarmi sul primo, ossia L’amicizia spirituale. L’altro, pur di grande pregnanza, mi è parso importante più per i concreti spunti di meditazione che propone che per il contenuto: per tale ragione non mi sembra necessario premettere nulla al diretto contatto del lettore.

L’amicizia spirituale nasce come tentativo di cristianizzare, nell’ottica della teologia monastica del secolo XII, il pensiero pagano sull’argomento; proprio per questo, riferimento costante di Aelredo sarà, oltre alla Scrittura, il De Amicitia di Cicerone. La riflessione dell’abate cistercense mira ad appropriarsi di quella centralità dell’amicizia scorta dai pensatori pagani e di contrapporla, nel pensiero cristiano, a quella visione della stessa che finiva per dipingerla come ostacolo all’amore. Tale atteggiamento, presente soprattutto nell’ambito della vita religiosa, leggeva l’esclusività del rapporto amicale come una limitazione all’apertura universale della carità cristiana; questo comportava quindi una tendenza al sospetto verso l’amicizia che, presente nel secolo XII, ha prosperato ben al di là di quegli anni lontani.

A ciò il beato Aelredo oppone una visione dell’intimità spirituale con gli amici come massima espressione dell’amore. Egli, partendo dal descrivere l’amicizia come alta comunione di pensieri, intenti e vita, la presenta come nobile resto di quella condizione ideale dei rapporti umani comune prima del peccato originale. Questo tipo di unione, lungi dallo svilire la carità, ne diviene quindi l’aspetto più nobile, pur senza negarne le applicazioni più universali. Aelredo infatti mette bene in guardia il cristiano dal concedere l’amicizia a tutti e senza criterio: proprio la totale apertura che la contraddistingue richiede infatti un’estrema prudenza ed una severa selezione. Ecco che quindi se l’abate cistercense ribadisce la necessità di donarsi nella carità a tutti, anche ai nemici, raccomanda di esporsi totalmente solo a coloro che, debitamente provati, saranno riconosciuti non solo fidati ma anche disposti ad entrare in un binomio virtuoso.

Attorno a questo nucleo il beato Aelredo dipinge un complesso affresco che consente di ammirare le bellezze dell’amicizia sotto svariate angolazioni. L’elemento più bello del testo è la possibilità data al lettore di volgere lo sguardo, ora impreziosito da nuova luce, verso quelle relazioni che personalmente vive. Le sue amicizie allora, rese non più vere ma più chiare dal testo, riveleranno luci ed ombre e si apriranno ad una rinnovata crescita. Ecco che quindi la lettura di questo testo non solo gioverà al lettore medesimo ed ai suoi rapporti, ma s’inserirà anche in quel libero e virtuoso scambio di doni che fa di ogni bene un patrimonio comune.

Aelredo di Rievaulx, L’amicizia spirituale & Gesù a dodici anni (a cura di Giovanni Bacchini), Edizioni Ares, Milano 2013, pp. 192, Euro 13,00.

 

Per saperne di più, un altro articolo ispirato a L’amicizia spirituale di Aelredo di Rievaulx: Gustare la bellezza dell’amicizia.


Riconoscimenti per l’immagine: Filippo chiama Natanaele, Monastero Decani, Blago fund, Inc.


1 Cfr. Aelredo di Rievaulx, L’amicizia spirituale & Gesù a dodici anni (a cura di Giovanni Bacchini), Edizioni Ares, Milano 2013.

 

 

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fr. Giuseppe Filippini
Quando il Signore mi venne a cercare, la mia mente vagava confusa nei caldi spazi dell’inedia, talmente carica di nulla da non poter portare altro con sé. Il mio corpo invece si preparava ad un indefinito inverno nella città di Ancona, gioiello del medio Adriatico (si fa per dire). Nella patria del pesce e del “mosciolo”, per un leggiadro scherzo della Provvidenza, sono nato quasi trentadue anni fa con una sentita inimicizia fra me e qualunque carne marina. La chiamata del Signore mi vide studente in storia ed appassionato consumatore di storie: racconti di tutti i tipi e narrati da aedi di tutte le arti. Ora che lo Spirito mi ha indirizzato nella famiglia di San Domenico ho posto questo mio nulla nelle mani della Vergine Maria e del caro Castigliano e chiedo loro quotidianamente di mostrarmi in ogni storia, vera o immaginaria, la traccia del Divino che lì soggiace. Ora che sto a Bologna studio come studiando rendere omaggio a Dio. Per contattare l'autore: fr.giuseppe@osservatoredomenicano.it

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