«Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: “Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo”. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra». (Mt 2, 1-2. 9b-11)
È senz’altro grande il fascino di questo passo evangelico così misterioso e pittoresco, e la scarsità di informazioni sulle figure dei Magi non fanno che alimentare la nostra curiosità. Anche l’Ordine dei Predicatori ha sempre mostrato interesse e devozione per questi personaggi. Questi dotti pagani conoscitori delle stelle e delle profezie, venuti da lontano per adorare il Signore, non solo sollecitavano l’immaginazione di un ordine religioso votato all’annuncio della buona novella a tutto il mondo, ma simboleggiavano anche la possibilità di un’unione armonica tra la sapienza umana e la fede cristiana.
Provando ora a leggere un poco oltre il testo, sembra lecito affermare che i Magi non rimasero accecati inorgogliendosi a motivo dalle proprie conoscenze, ma possiamo immaginare che grazie al loro cuore umile la loro stessa sapienza li spinse a mettersi in cammino alla ricerca di qualcosa di più prezioso. Quegli uomini saggi fecero moltissima strada seguendo una stella per trovare tutta la ricchezza della sapienza, e furono ricompensati. Scoprirono così che la vera sapienza non li attendeva né sui libri né nel cielo stellato, cose che pur conoscevano; essa invece apparve loro come un piccolo bambino da poco nato.
I Magi quindi, una volta giunti alla vista del «bambino con Maria sua madre» (Mt 2,11), lo adorarono, dando compimento alle Scritture, tra le quali, come nota l’Aquinate, al Salmo 71: «A lui tutti i re si prostreranno, lo serviranno tutte le nazioni»1. E questo è avvenuto e continua ad avvenire nella vita di chi lo cerca in umiltà perché, dice sempre il doctor Angelicus, si riconosce Gesù quale vero re alla vista dell’umiltà in cui giace:«Se costoro [i Magi] avessero cercato un re terreno, vedendo tali cose si sarebbero scandalizzati; invece, vedendo cose vili e considerando cose altissime, furono spinti all’ammirazione, e lo adorarono. Come si legge: “E prostratisi lo adorarono”»2.
Così anche noi, leggendo il Vangelo, contempliamo un semplice bambino tenuto da una giovane madre, umile ancella del Signore che si presenta «come la moglie di un falegname»3. In loro cogliamo tutta la semplicità e quindi la perfetta somiglianza con ciascun bambino e con ciascuna madre ma, considerando con la fede la realtà che si cela in loro, siamo spinti all’ammirazione di cose altissime, ossia del Verbo fatto carne nel grembo dell’«umile ed alta più che creatura»4.
Tutto questo era sempre presente a san Domenico, al punto tale che «talvolta, volendo insegnare ai Frati con quanta riverenza dovessero pregare, diceva loro: “I Magi, questi devoti re, entrando nella casa, trovarono il Bambino con Maria sua Madre e, prostratisi, lo adorarono. Orbene, certamente anche noi abbiamo trovato l’Uomo-Dio con la sua ancella Maria. Perciò “venite, adoriamolo e prostriamoci piangendo davanti al Signore Iddio che ci ha creati”»5.
Possiamo immaginare la scena come è riprodotta nella grande pala che sovrasta il coro dei frati della Basilica di San Domenico, a Bologna: a questi tre sapienti viene dato in dono di poter adorare la Sapienza, mentre questa siede in braccio a Maria come sopra un bellissimo trono, l’unica sede davvero degna di un così grande Re.
L’evangelista Matteo ha ritenuto importante sottolineare la presenza di Maria al momento dell’adorazione dei Magi. Maria, che già aveva portato in grembo la Sapienza per nove mesi, ora sembra offrire questa Sapienza perché tutti possano conoscerla e adorarla. I primi ad accorrere furono dei pastori, persone probabilmente semplici ma dalla grande fede, seguiti poi dai Magi, che al contrario erano sapienti e tuttavia pagani. Ma a tutte queste persone così diverse per provenienza e condizione, la Verità si è presentata in maniera misteriosa e allo stesso tempo comprensibile, velata e però manifesta, lasciandosi adorare dai semplici come dai lontani.
Ancora oggi qualcosa di simile può accadere anche a noi, e accade in particolare durante la recita del Santo Rosario: preghiera dalla «fisionomia spiccatamente biblica ed evangelica, prevalentemente centrata sul nome e sul volto di Gesù, fissato nella contemplazione dei misteri e nel ripetersi dell’Ave Maria. Il suo andamento ripetitivo costituisce una sorta di pedagogia dell’amore, fatta per accendere l’animo dell’amore stesso che Maria nutre verso il Figlio suo»6.
Oggi, ogni volta che preghiamo il Salterio della Vergine, noi meditiamo gli eventi della vita di Cristo, meditiamo cioè la storia della nostra salvezza, cercando di avvicinarci a una sapienza che non possiamo sperare di imparare sui libri. Eppure, grazie questa preghiera così semplice e accessibile a tutti, Maria ci presenta suo Figlio come già fece con i Magi, e ci introduce con grande semplicità alla conoscenza di questi eventi misteriosi. Si realizzano così anche per noi queste parole della Scrittura: «La sapienza è splendida e non sfiorisce, facilmente si lascia vedere da coloro che la amano e si lascia trovare da quelli che la cercano» (Sap 6, 12). Maria è così per ogni fedele la strada facile e sicura che conduce a Cristo.
Attraverso Maria, il Figlio si lascia sempre trovare da coloro che lo cercano. E con grande facilità impariamo a conoscere e ad amare il Signore, se è Maria che lo presenta a noi. Così, come già è accaduto ai Magi e ai pastori di Betlemme, se anche noi con sincerità e umiltà ci mettiamo alla ricerca della Sapienza che viene dall’alto, siamo sicuri di poterla trovare che già ci attende mentre gioca seduta sulle ginocchia di Maria Santissima, la Sede della Sapienza.
1 Tommaso D’Aquino, Commento al Vangelo secondo Matteo, 2 voll., ESD, Bologna 2018, c. 2, p. 167.
2 Ivi, p.189.
3 Ibidem.
4 Dante Alighieri, Divina Commedia, Paradiso, Canto XXXIII, v. 3.
5 Pietro Lippini, San Domenico visto dai suoi contemporanei, Bologna, ESD, 1998, p. 338.
6 Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Mane nobiscum Domine, n.9, . https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/apost_letters/2004/documents/hf_jp-ii_apl_20041008_mane-nobiscum-domine.html. Consultato in data 08/05/2023.