L’attualità del messaggio penitenziale di Fatima

Suor Lucia racconta che, al termine delle rivelazioni della Madonna, il 13 luglio 1917, i tre pastorelli videro «al lato sinistro di Nostra Signora un poco più in alto un Angelo con una spada di fuoco nella mano sinistra; scintillando emetteva grandi fiamme che sembrava dovessero incendiare il mondo intero; ma si spegnevano al contatto dello splendore che Nostra Signora emanava dalla sua mano destra verso di lui; l’Angelo, indicando la terra con la mano destra, con voce forte disse: “Penitenza, Penitenza, Penitenza!”». Nella medesima apparizione la Madonna è perentoria: «Per salvare le anime Dio vuole stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato». Ma non basta: la Vergine ha una richiesta per i tre bambini: «Volete offrirvi a Dio per sopportare tutti i dolori che Egli vorrà mandarvi, in atto di riparazione per i peccati con cui è offeso e di supplica per la conversione dei peccatori?». Lucia rispose a nome di tutti: «Si, vogliamo!».
Resta solo da capire l’attualità di tale messaggio. E noi lo vogliamo? Nel 2010 Papa Benedetto XVI durante il volo che lo avrebbe condotto pellegrino a Fatima disse a chiare lettere che la missione di Fatima è tutt’altro che conclusa ed evidenziò il cuore ancora attuale del messaggio: «[…] La Chiesa quindi ha profondo bisogno di ri-imparare la penitenza, di accettare la purificazione, di imparare da una parte il perdono, ma anche la necessità della giustizia. Il perdono non sostituisce la giustizia. Con una parola, dobbiamo ri-imparare proprio questo essenziale: la conversione, la preghiera, la penitenza e le virtù teologali»1.

Giacinta prima delle apparizioni

Giacinta nacque l’11 Marzo del 1910. In una famiglia poverissima, senza istruzione ma educata alla retta dottrina dalla madre. Somigliava molto a suo fratello Francesco anche se solo fisicamente perché di temperamento erano molto diversi. Francesco era più timido e solitario mentre Giacinta era più socievole, intraprendente, aperta e diretta. Era legatissima alla cugina Lucia la più grande dei pastorelli di Fatima. Le due cuginette erano molto affiatate. Tra loro vi erano tre anni di differenza e Giacinta ebbe in Lucia sempre un punto di riferimento; dapprima per i giochi, poi come riservata confidente durante il tempo delle apparizioni, fino a divenire, dopo il 1917, la vera compagna del cammino di perfezione. Giacinta era una bambina normale con pregi e difetti. Tra i pregi una virtù fondamentale ovvero l’amore per la sincerità. Non sopportava la più piccola bugia. Tra i difetti, sappiamo da ciò che riporta Lucia che Giacinta fosse particolarmente permalosa oltre che essere anche molto ostinata.

La visione dell’inferno e la “battaglia” di Giacinta

La visione dell’inferno terrorizzò Giacinta a tal punto che non riusciva a pensare ad altro. La piccola si chiedeva come fosse possibile vivere come se niente fosse! In ogni istante della giornata vi erano persone che andavano all’inferno, o che correvano il rischio di andarci! Cosa fare?
La Madonna il 19 agosto del 1917 dice ai pastorelli che «molti vanno all’Inferno perché non c’è nessuno che preghi e si sacrifichi per loro». Queste parole della Vergine sconvolgono la vita dei tre bambini ma particolarmente Giacinta avverte tutto il dramma di quelle parole e se ne fa carico. Giacinta non sapeva nemmeno cosa fosse l’Inferno e non coglieva nemmeno la categoria di eternità. Tuttavia chiese alla cugina Lucia che le rispose che l’Inferno è un luogo di tormenti dal quale una volta entrati non vi si esce più. Inizia così la battaglia dei tre bimbi per strappare più anime possibili al demonio e guadagnarle a Cristo: Giacinta non si risparmierà in questa battaglia senza esclusione di colpi a suon di digiuni, penitenze, piccole e grandi mortificazioni.

Il digiuno e le mortificazioni come potente arma spirituale

I bambini iniziarono un vero e proprio programma di penitenza. È Francesco il primo a proporre di rinunciare alla propria merenda e di darla alle pecore del pascolo. Oltre alla rinuncia al cibo, presto pensarono che si poteva rinunciare anche all’acqua da bere. Così versavano le loro fiaschette d’acqua nei recinti delle pecore e stavano tutto il giorno senza bere e con un caldo tremendo! Giacinta era une vera e propria “guerriera” perché il suo pensiero fisso fu quello di studiare tutti i sacrifici possibili pur di vivere in costante penitenza. C’è da rimanere basiti davanti a tale eroismo! A partire da chi vi scrive, siamo davvero poco allenati a vivere penitenze e mortificazioni mentre la piccola Giacinta desidera piacere a Cristo e a Sua Madre e si comporta di conseguenza, offrendo tutto se stessa per la salvezza dei peccatori. Pare che tutto fosse motivo di fare il contrario, si trattava di cose piacevoli, per poter riparare i peccati.

La malattia di Giacinta: un ponte per il cielo

Nell’estate 1919 Giacinta si ammala gravemente. Soffriva molto, sempre di più. Oltre ad avere l’influenza spagnola, fu colpita da una broncopolmonite e le si formò nella pleura un ascesso purulento che la faceva penare moltissimo. Ma la piccola dice alla cugina Lucia: «Soffro molto, ma per la conversione dei peccatori e per il Santo Padre. Mi piace tanto soffrire per amore di Gesù e di Maria. Essi sono molto contenti di chi soffre per la conversione dei peccatori». È incredibile come Giacinta trasformi anche dei piccoli atti in sacrifici e mortificazioni: «Stanotte provavo molti dolori e volli offrire a Gesù il sacrificio di non girarmi nel letto; per questo non potei dormire».
Possiamo dire che la sofferenza della piccola Giacinta divenne un ponte per il cielo che molte anime poterono attraversare grazie alla sua costante offerta. Chissà quante anime hanno attraversato quel ponte verso la salvezza eterna! La piccola subì un intervento chirurgico nel febbraio del 1920 ma dopo sole tre settimane arrivò la morte già comunque anticipata dalla Madonna stessa.

Una bambina dai messaggi scomodi

Ella diceva che la Madonna le aveva comunicato che il peccato che trascina più anime all’Inferno era il peccato della carne e poi ancora soleva dire che i sacerdoti devono occuparsi solo delle cose della Chiesa e che devono essere puri, molto puri! E poi ancora diceva che senza confessione non c’è salvezza! I temi della “predicazione” di Giacinta sono la povertà, la carità, la purezza, la confessione dei peccati. Si tratta di un programma che potrebbe seguire qualsiasi noviziato per la preparazione e la formazione dei religiosi, ma di fatto è valido anche per chi vive nel mondo come semplice battezzato.

Il mistero contenuto nella sofferenza

Giacinta ha il desiderio di offrire la propria vita, di soffrire per i peccatori: in lei “rivive” la Passione del Cristo e tuttavia dobbiamo anche dire con Papa Giovanni Paolo II che nessuno uomo può aggiungere qualcosa al piano redentivo del Cristo. Continua il Papa: «Allo stesso tempo, però, nel mistero della Chiesa come suo corpo, Cristo in un certo senso ha aperto la propria sofferenza redentiva ad ogni sofferenza dell’uomo. In quanto l’uomo diventa partecipe delle sofferenze di Cristo – in qualsiasi luogo del mondo e tempo della storia -, in tanto egli completa a suo modo quella sofferenza, mediante la quale Cristo ha operato la redenzione del mondo»2.
Quanti oggi anche nella nostra Chiesa sanno cogliere l’urgenza e il valore del mistero contenuto nella sofferenza? «Per far si che avvenga il trapasso dalla valle della morte al trionfo del Cuore Immacolato, ci viene insegnato che il metodo non è il dialogo o le varie marce della pace, ma la sofferenza, la croce, il sacrificio. Linguaggio duro e inaccettabile? Se il fine è il vero Bene, nulla è troppo poco. Nell’amore infatti si soffre»3.
Allora prendiamo esempio dalla piccola Giacinta e dimostriamo di avere fede, non solo quando tutto sembra andar bene ma anche quando la sofferenza, di qualsiasi tipo, entra nella nostra storia così da poter asserire con san Paolo: «Completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, in favore del suo corpo che è la Chiesa»4.


1 Papa Benedetto XVI, intervista ai giornalisti in volo verso Fatima, reperibile al link: https://www.vatican.va/content/benedict-
xvi/it/speeches/2010/may/documents/hf_ben-xvi_spe_20100511_portogallo-interview.html, consultato il 17.03.23.

2 S. Giovanni Paolo II, lettera apostolica Salvifici doloris n. 24.

3 Tognetti S., Giacinta, Etabeta, Lesmo 2020, pp. 15-16 ss., anche ove non esplicitamente indicato nel prosieguo dell’articolo.

4 Col 2,24.

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fr. Benedetto Penza
Veritas. È uno dei motti del nostro ordine. Che bella questa parola. Sembra che sia scomparsa dal nostro vocabolario, dai nostri discorsi, oserei dire, anche dalle nostre omelie. Veritas. Che bella parola. Eppure non interessa più. Basta osservare nei salotti televisivi quanto successo riscuotano i cosiddetti “opinionisti”. Il nostro tempo sembra aver fatto una scelta apparentemente vantaggiosa: ha preferito l’opinione rinunciando alla Verità. Tutti “vendono” le loro opinioni, tutti si sentono autorizzati a dire e a commentare qualsiasi cosa. Ecco che allora desidero essere un cercatore della Verità! Non mi accontento delle opinioni anche se le ascolto volentieri! Fin da piccolo ho avuto questo desiderio per poter rispondere alla grandi domande di senso! Frate perché? Per mettermi a servizio della Verità in Persona: Gesù Cristo.

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