Una voce pregnante, venuta da lontano, davvero dall’estremo oriente, per visitare quel luogo dove riposano i natali dei predicatori di Domenico: il 6 gennaio 2020 il Maestro dell’Ordine, fra’ Gerard Timoner O.P., è venuto in visita a Bologna per chiudere l’anno giubilare degli ottocento anni dalla fondazione del Convento Patriarcale dei frati domenicani. Queste le sue preziose parole:

Oggi celebriamo la solennità dell’Epifania, la “manifestazione” del Signore a tutti i popoli, anche ai Gentili, nella persona dei Magi provenienti da lontano. Ma l’epifania del Signore è anche una manifestazione riguardo gli uomini saggi, il cui carattere è stato rivelato ed è riconoscibile nel modo in cui hanno risposto alla rivelazione del Signore. Allo stesso modo, il nostro essere si rivela nel modo in cui rispondiamo alla continua epifania del Signore che si manifesta a noi nella preghiera, nei sacramenti, nella Chiesa e negli eventi della nostra vita. E oggi, qui a Bologna, celebriamo l’epifania, la manifestazione dell’amore e della sollecitudine del Signore per San Domenico e per la famiglia domenicana, per ottocento anni.

Mentre ci riuniamo in questa festa, c’è molto che possiamo imparare da ciò su cui i saggi hanno avuto ragione – laddove, invece, Erode e i suoi cortigiani si sono sbagliati – e che quindi può aiutarci a diventare a nostra volta i saggi e le sagge della nostra epoca. Vi invito a guardare il mistero dell’Epifania dal punto di vista della nostra consacrazione come battezzati e religiosi. Quindi meditiamo su due cose essenziali: in primo luogo, come i saggi ci insegnano la “ricerca di Dio”, che è essenziale per la vita consacrata e per la vita cristiana; e in secondo luogo, cosa possiamo imparare riguardo ai doni che i saggi offrono al Signore.

I re Magi come cercatori

I saggi hanno viaggiato dall’est, dove sorge il sole, per cercare la luce del mondo. I magi sono cercatori. Hanno cercato Dio. L’hanno fatto in due modi: prima hanno studiato le stelle. Avevano l’intuizione che se Dio ha creato l’universo, allora questa realtà creata rivela la Sua presenza. In secondo luogo, hanno studiato i testi profetici del mondo antico. Se Dio si rivela nei cuori e nelle menti degli autori sacri, allora questi testi rivelano anche la presenza di Dio. Siamo tutti cercatori. Come diceva Sant’Agostino: i nostri cuori sono irrequieti finché non riposano in Dio. Nella nostra ricerca di Dio, osserviamo le stelle lontane che manifestano la grandezza di Dio, percorriamo grandi distanze perché Gesù ci chiama a seguirlo, a stare con lui in missione. Ma la nostra ricerca di Dio include anche lo studio delle Scritture nel silenzio delle nostre stanze, la contemplazione in comunità delle Scritture che celebriamo nella liturgia. Dio è sia immanente che trascendente. Dio è immanente nelle nostre anime che sono state configurate a Lui nel battesimo; ma Dio è anche trascendente, quindi lo cerchiamo. Dio è presente in mezzo a noi in questa basilica di San Domenico, quindi, ci riuniamo, come comunità, per celebrare la Sua presenza. Ma Dio è presente anche nei nostri fratelli e sorelle al di fuori di questa comunità, in missione. È interessante notare che Erode e i suoi cortigiani, che hanno saputo dai saggi che un re è nato, non sono andati con i Magi a Betlemme, che dista solo otto chilometri (ho controllato su Google maps la distanza approssimativa). Non erano nemmeno curiosi di vedere cosa volessero vedere i magi, che percorsero centinaia di chilometri. L’inerzia spirituale può impedirci di vedere l’Emmanuele, il Dio che è con noi.

L’Adorazione di Dio da parte dei Magi

Papa Benedetto e Papa Francesco descrivono entrambi la vita consacrata come quaerere Deum, cercare Dio, proprio come i Magi che cercano Dio. Ma cosa facciamo quando troviamo Dio? Papa Benedetto, nel suo messaggio ai giovani, disse: «Nel nostro pellegrinaggio con i misteriosi Magi dell’Oriente siamo giunti a quel momento che san Matteo nel suo Vangelo ci descrive così: “Entrati nella casa (sulla quale la stella si era fermata), videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono” (Mt 2,11). Il cammino esteriore di quegli uomini era finito. Erano giunti alla meta. Ma a questo punto per loro comincia un nuovo cammino, un pellegrinaggio interiore che cambia tutta la loro vita».

Adoriamo Dio offrendogli i nostri doni d’oro, di incenso e di mirra. Mentre celebriamo la fondazione di questo convento di San Domenico nella solennità dell’Epifania, ci chiediamo: quali sono i doni che San Domenico ha offerto a Gesù? I tre doni dei magi possono essere paragonati ai tre inestimabili consigli evangelici di povertà, castità e obbedienza, che tutti i battezzati sono chiamati a vivere secondo il proprio stato di vita.

I Re Magi (Sagrada Familia). Foto di Afshin Taylor Darian.

Il primo dono è l’oro che è un simbolo della consacrazione al Signore di tutte le nostre risorse e dei beni materiali. È questo gesto ciò che il giovane ricco del Vangelo non poteva fare. Questo è ciò che ha dato la povera vedova, cioè ha dato tutto. Quando lo facciamo, paradossalmente diventiamo più ricchi, non più poveri, nell’unica ricchezza che conta. È importante rendersi conto che qui a Bologna, secondo il Beato Giordano di Sassonia, i frati hanno sopportato una grande difficoltà a causa dalla povertà. La decisione logica sarebbe stata quella di trovare il modo di mitigare l’effetto della povertà. Però, il primo capitolo celebrato a Bologna, ottocento anni fa, decise invece «che i nostri fratelli non avrebbero più trattenuto beni o entrate, nemmeno ciò che ora possedevano nell’area di Tolosa». Crescere nella vera saggezza che ci renderà uomini saggi e donne sagge, per progredire nelle vie di Dio, dipende dalla nostra generosità nel dare questo oro al servizio del Signore e del suo popolo.

Il secondo regalo è l’incenso. L’incenso è usato per il culto. Mentre viene bruciato e si alza, simboleggia il salire della nostra preghiera a Dio, come dice il salmo (Sal 141,2). Alla fine, adoriamo Colui che amiamo di più perché siamo chiamati ad amare Dio con tutta la nostra mente, cuore, anima e forze (Mt 22,37). Ciò significa che amiamo altruisticamente, che scegliamo di imitare Cristo nel sacrificare noi stessi per coloro che amiamo piuttosto che sacrificare coloro che amiamo per la nostra gratificazione. Attraverso la castità vissuta secondo i diversi stati di vita, il nostro amore sale a Dio come l’incenso.

Il terzo dono è la mirra, un prezioso balsamo aromatico usato per ungere i morti. Era un segno di amore stravagante, qualcosa di prezioso che si stava “sprecando” su una persona amata deceduta che non avrebbe mai potuto ringraziarci o ripagarci in questo mondo. Offrire mirra è in un certo senso offrire la propria morte a un altro, e il tipo di morte che è più “piacevole” in circostanze ordinarie è la morte alla propria volontà, ai propri modi, al proprio avere il controllo. La mirra può simboleggiare questo tipo di obbedienza per cui si dice: “Non sia fatta la mia volontà, ma la tua”.

Oggi, nel celebrare l’Epifania al termine dell’anno giubilare per gli ottocento anni della fondazione di questa comunità domenicana a Bologna, ringraziamo Dio per le lezioni di sapienza che ci dona attraverso i Magi. In questa Eucaristia, presentiamo l’oro dei nostri beni materiali, l’incenso del nostro amore e la mirra della nostra obbedienza. E in questa Eucaristia, Dio viene ad abitare in noi, perché è l’Emmanuele.

Miguel Angel e io siamo lieti di essere con voi nella chiusura dell’ottavo centenario di questo convento. Ma siamo qui anche per essere con voi nel chiedere a Dio la grazia di un nuovo secolo di predicazione domenicana qui a Bologna. Auguri”.

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