Nel dodicesimo capitolo l’Apocalisse parla di un “segno grandioso” che può essere interpretato con il nome di Aiuto dei cristiani: e, come tale, dietro c’è una storia. Questo è uno dei titoli che è stato dato alla Beata Vergine Maria e così viene invocata anche nelle litanie lauretane, da tutti i suoi fedeli, in ogni parte del mondo.

La grande occasione dell’utilizzo ufficiale del titolo di Aiuto dei Cristiani si ebbe, nel periodo drammatico dell’avanzata dei Turchi fino all’Ungheria, con l’invocazione del grande papa domenicano san Pio V (1566-1572) che, raccolto in preghiera con la corona del Rosario in mano, affidò a Maria i destini dell’Occidente e della Cristianità. San Pio V ebbe una visione: le navi cristiane affrontavano e vincevano la flotta musulmana nella battaglia realizzatasi a Lepanto il 7 ottobre del 1571.

Per questa gloriosa vittoria (al momento apparsa come definitiva), il papa istituì la festa del S. Rosario, ma la riconoscente invocazione alla celeste Protettrice come Aiuto dei cristiani, non sembra doversi attribuire direttamente al papa, come venne poi detto, ma ai reduci vittoriosi che ritornando dalla battaglia di Lepanto, passarono per Loreto, presso la Santa Casa, a ringraziare la Madonna.

Il grido di gioia del popolo cristiano si tramandò in questa invocazione. Il Senato veneziano fece scrivere sotto il grande quadro commemorativo della battaglia di Lepanto, posto nel Palazzo Ducale: “Né potenza, né armi, né condottieri ci hanno condotto alla vittoria, ma Maria del Rosario”. Così, a fianco agli antichi titoli di Consolatrice degli afflitti e Rifugio dei peccatori, si aggiunse per il popolo e per la Chiesa Aiuto dei Cristiani.

Con questo titolo, si vuole riaffermata l’aspetto di mediatrice e di soccorritrice della Madonna per chi la invoca. Ci dà la certezza che Maria ha continuato dal cielo, e con più successo, la missione e che, come Madre della Chiesa, è Aiuto dei cristiani in qualsiasi genere di difficoltà, quella stessa missione che aveva cominciato sulla terra. L’affetto materno di Maria anticipa addirittura l’ora di Gesù, l’ora della nostra salvezza, l’ora in cui Ella ci accompagna presso il trono dell’Altissimo.

Nel Vangelo di Giovanni Maria ha una funzione importante in quanto è sempre presente, direttamente o indirettamente, nella vita del Figlio, da Cana al Golgota, con una differenza, però: a Cana è la Madre che si rivolge al Figlio, sul Golgota è il Figlio che si rivolge alla Madre. A Lei fummo affidati come figli da Gesù sulla Croce e a noi ci è stata data come Madre. Questo suo stare sempre alla presenza del Figlio e questo suo essere madre dell’umanità, gli permette di soccorrere sempre tutti quelli che sono nel bisogno. Ma occorre avere una profonda relazione filiale con Maria e non una semplice relazione devozionale messa ai margini della nostra giornata.

Se vogliamo che le preghiere che innalziamo a Maria, Aiuto dei cristiani, siano più efficaci, dobbiamo cercare di non recitarle in fretta, tanto da non comprenderle e non ricordarci cosa si sta recitando, perché ogni volta che ci rivolgiamo a Lei, la Beata Vergine prova una grande gioia, la gioia di una madre che non vedeva l’ora di sentire la voce dei suoi figli, e appena la sente accorre subito, ci viene incontro.

Per questo, avendo la certezza che non abbandona nessuno, noi, nel medesimo modo in cui un bambino stanco e triste cerca riposo e conforto tra le braccia di sua madre, dobbiamo cercare la Sua celeste protezione, perché, se è vero che “senza una mamma non si può nascere … senza una mamma, non si può neppure morire”[1]. Infatti, il senso della vita, dall’inizio alla fine, è comunicato dal cuore di una mamma. Per questo l’ultima nostra parola che esce dalla nostra bocca, prima di emettere l’ultimo sospiro, deve essere Mamma!

Noi l’abbiamo questa Mamma, perché solo in Maria troviamo ogni speranza, ogni grazia, la vera vita che è gioia eterna. Solo in Maria troviamo la premura di una Madre che abbraccia l’uomo intero e che lo aiuta in ogni momento.

[1] Hermann Hesse, Narciso e Boccadoro.

 

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fr. Emanuele Facciolo
Fra Emanuele M. Facciolo nasce a Vibo Valentia il 25.12.1978 e trascorre gran parte della sua vita a Soriano Calabro, città di residenza della propria famiglia. La sua giornata fin dall’adolescenza si divide tra la scuola e il convento di san Domenico in Soriano. Ha modo di conoscerne la spiritualità, la vita dei frati, le epiche e miracolose vicende legate a quel santo luogo e di rimanerne sempre più affascinato. Si trasferisce a Roma per intraprendere gli studi in Ottica e Ortottica assistente in Ofalmologia, al termine dei quali ne consegue la laurea e diviene poi frate domenicano.

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