Gesù, buon gustaio

Gesù siede spesso a tavola, istituendola luogo di incontro, di scambio, ma anche di riflessione e di lezione, se così si può dire, di alcuni atteggiamenti del vivere di ognuno, visto che qui vi siede con i “buoni” e con i “cattivi”. Dalla tavola dell’ultima cena poi, parte qualcosa che cambia la storia dell’uomo… .

Lasciamoci provocare allora, dalla Sacra Scrittura e dalla dolce tentazione di preparare e degustare un buon dolce, per nutrire e far crescere non solo il corpo, ma anche lo spirito. Magari alla fine con il salmista forse esclameremo: “Quanto sono dolci al mio palato le tue parole: più del miele per la mia bocca”(Salmo 118,103).

Di che pasta siamo fatti

Potrebbe apparire un po’ azzardato questo accostamento, ma vediamo…

Iniziamo a preparare la torta Pasticciotto Leccese, partendo dalla frolla: mettiamo in un robot (fatto a mano sarà lo stesso) lo zucchero, la farina, il lievito e il burro; facciamo partire il gancio a foglia e si lascia lavorare fino a che non si ottiene un composto sabbioso. Aggiungiamo le uova. Lasciamo lavorare fino ad ottenere un impasto abbastanza omogeneo. Successivamente lo tiriamo fuori e lo avvolgiamo in pellicola alimentare per poi lasciarlo riposare in frigo circa un’ora.

C’è una creazione. Quegli elementi in polvere lavorati per primi, diventano, poi, con l’aiuto di altri ingredienti pasta, impasto. È il racconto fatto nel libro della Genesi. Troviamo scritto: “Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente” (2,7). Andiamo all’origine del nome di quest’uomo, Adamo: in ebraico Adam significa “nato dalla terra”, un rimando ancora alla polvere alla terra, alla nostra fragilità che ha bisogno di Dio. Ce lo ricordano il profeta Isaia e il libro del Siracide “Ma, Signore, tu sei nostro padre; noi siamo argilla e tu colui che ci dà forma, tutti noi siamo opera delle tue mani (Isaia 64,7); “Come l’argilla nelle mani del vasaio che la forma a suo piacimento, così gli uomini nelle mani di colui che li ha creati” (Siracide 33,13). Quanto avvertiamo il nostro essere nulla, polvere, frolla sbriciolata, senza di Lui? È Lui e solo Lui che ci unisce, che ci da forma, che si prende cura di noi.

L’anima di crema

Nel frattempo prepariamo la crema pasticcera. Mettiamo il latte e la buccia di limone su fiamma bassissima (non deve bollire, ma solo scaldarsi). Nel frattempo montiamo bene le uova con lo zucchero, per poi aggiungere la farina fino a quando non avremo un composto chiaro e ben montato. Versiamo il latte caldo nel composto, amalgamiamo e quindi riversiamo il tutto nella pentola per poi metterlo nuovamente sul fuoco a fiamma bassa, mescolando. Continuiamo a girare finché non  si ottiene una crema abbastanza densa. Non ci resta che aspettare che si raffreddi.

Perché non vedere nella crema, che sarà la farcitura del dolce, la misericordia di Dio?

L’evangelista Luca nel suo vangelo ci lascia quest’invito di Gesù: “Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro” (6,36). Siamo invitati, perciò, a vivere un comportamento proprio di Dio. La Sua Misericordia, manifestata in Gesù, è una carezza per noi, carezza che riceviamo da Lui e che dobbiamo portare agli altri. Una carezza è delicata, vellutata, morbida proprio come appare la crema. Ora, immaginiamo di tagliare una fetta di questa torta e osserviamo come prendendone un boccone con la forchetta la crema fuoriesca. Così è la misericordia di Dio nei nostri confronti: più la forchetta incide, più la crema esce, così come, più noi siamo debitori più la misericordia cresce, si fa grande. Mentre mangiamo questa crema, pensiamo a come fare nostra questa misericordia di Dio, che non è un insieme di gesti sporadici, ma un modo di vivere!

Non è facile, è vero, perché siamo fragili, perché sperimentiamo la nostra pochezza, perché mentre ci sforziamo in ogni modo di essere misericordiosi, troviamo l’ostacolo, troviamo l’amarena che nascosta nella crema con il suo sapore deciso, la sua compattezza e la sua croccantezza, quasi disturba tutta la delicatezza. A questo non ci deve scoraggiare: i nostri limiti rendono più evidente la potenza di Dio. “Si tratta di capire che non è tanto scandaloso che un papa sia vanitoso, quanto edificante e mirabile che un vanitoso sia papa, che Dio riesca a fare di un tipo collerico un vescovo per la sua Chiesa, e sia capace di usare un uomo avaro o pigro per guidare verso la vita eterna il suo gregge” [Cfr. Card. Giacomo Biffi, Quando ridono i Cherubini, esd, Bologna 2007, p.117]. Questo non vale solo per le guide della Santa Chiesa, ma per ogni figlio di Dio.

Per preparare la torta pasticciotto stendiamo metà della frolla, foderando una teglia rotonda. Riempiamo con la crema la fodera e mettiamo le amarene. Quindi ricopriamo il tutto con un altro strato di frolla; quindi chiudiamo bene i bordi e spennelliamo con l’albume. Inforniamo, ponendo la torta in forno statico a 180° per 20/30 minuti circa o comunque fino a coloritura.

Mentre gustiamo questo dolce, riflettiamo consapevoli che… come frolla siamo fragili, ma allo stesso tempo che è Lui a darci forma, a modellarci; arrivati alla crema ricordiamoci invece di questa missione da vivere, essere misericordiosi come il Padre celeste, anche quando ci vengono incontro ostacoli e difficoltà perché sappiamo che: “…Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo: per grazia infatti siete stati salvati” ( Ef. 2,4-5).

Ingredienti:

PASTA FROLLA:
- 500gr di farina "00";
- 200gr di burro;
- 200gr. di zucchero;
- 1/2 bustina di lievito per dolci;
- 3 uova.

CREMA PASTICCERA:
- 1/2 l di latte;
- 3 cucchiai di farina;
- 6 cucchiai di zucchero;
- 3 uova(1 intero e 2 tuorli);
- buccia grattugiata di limone q.b.;
- amarene per l'interno.

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