Il mondo è pieno di autori. Alcuni pubblicano tanto, altri poco. Più rari, ma molto preziosi, sono quelli capaci di offrire tanto scrivendo poco. Uno di questi è senza dubbio il sacerdote parigino Michel Gitton. Durante la sua esperienza ministeriale, egli ha potuto comprendere sempre meglio come la Liturgia sia davvero tanto importante per tutti i credenti, ma quanto poco i tesori di grazia che mediante essa il Signore offre all’umanità siano conosciuti e compresi dalla maggior parte delle persone.
Nel 2003, volendo rispondere all’ardente sollecitudine della Chiesa affinché tutti i fedeli possano essere formati ad una piena e consapevole partecipazione alle sacre celebrazioni, il padre Gitton pubblica la sua “Initiation à la liturgie romaine”, la cui traduzione in lingua italiana ha visto la luce cinque anni più tardi per i tipi della casa editrice Qiqajon.
Senza ombra di dubbio questo è un lavoro capace di offrire tanto. Nulla di quanto è essenziale per ritrovarsi con facilità nella realtà del culto cattolico è stato dimenticato dall’autore che «inizia il lettore al genio della liturgia latina accompagnandolo all’interno del senso dei gesti, delle parole e di tutte quelle realtà sensibili che hanno come unico fine di essere segno del mistero di Dio e di condurre alla comunione con esso»[1].
Senza poi limitarsi alla semplice interpretazione di segni esterni, per quanto espressione di realtà sovrannaturali, il padre Gitton è capace di guidare alla comprensione dei principi fondamentali per una fruttuosa e consapevole partecipazione ai sacri misteri, offrendo nello stesso tempo al lettore le informazioni essenziali per un successivo approfondimento storico, teologico e spirituale di questi.
Una simile completezza, espressione certa della competenza dell’autore, potrebbe correre il rischio di un «eccesso» capace di appesantire l’opera al punto da renderla fruibile solo ad un gruppo ristretto di esperti, ma inaccessibile al grande pubblico, cui pure, ed in special modo è rivolta. Per arginare questo pericolo il padre Gitton, certamente attingendo alla sua esperienza pastorale di sacerdote, ha saputo creare nel testo il giusto equilibrio tra «tanto» e «poco» che si presenta come la vera originalità dell’opera capace di donarle il successo che merita.
Le numerose informazioni contenute nel testo vengono espresse in un numero ridotto di pagine, appena 148, caratterizzate da uno stile misurato con forme severe e accessibili anche a quanti non dispongono di competenze specifiche in ambito teologico e liturgico. Seguendo questa linea di sobrietà l’autore, «non si perde in lamentele sugli abusi esistenti e ancor meno in polemiche contro coloro per i quali la liturgia odierna non è abbastanza secondo la tradizione o, al contrario, è ancora troppo rigida e poco commisurata all’uomo moderno e postmoderno»[2].
Il padre Gitton, senza dimenticare di porre in luce la sostanziale continuità che sussiste tra le forme rituali dei vari momenti della storia ecclesiastica, appare ben più animato dalla sollecitudine – forse da alcuni poco apprezzata, ma senza dubbio tanto più urgente e decisiva – di condurre il lettore fino alla soglia del grande mistero della Liturgia. È il Signore Gesù stesso, nostro vero Sommo Sacerdote, ad agire in essa accogliendo la «pochezza» della nostra condizione umana e rendendola partecipe del suo divino «tanto».
L’auspicio è che l’opera di padre Michel possa in «poco» tempo entrare nel patrimonio di «tanti» lettori consentendo loro di stare con fede consapevole e attenzione del cuore «davanti a Dio “coram Deo” per riconoscere la sua gloria e cantare la sua santità»[3].
[1] E. BIANCHI, postfazione, in M. GITTON, Iniziazione alla liturgia romana, Edizioni Qiqajon, Comunità di Bose, 2008, 144-145.
[2] J. RATZINGER, prefazione, in M. GITTON, Iniziazione alla liturgia romana, 5.
[3] E. BIANCHI, postfazione, in M. GITTON, Iniziazione alla liturgia romana, 146.