La grande novità
Il frequentatore assiduo delle librerie cattoliche avrà notato la comparsa di due volumi che recano il titolo di Commento al vangelo secondo Matteo e riportano come autore san Tommaso d’Aquino (1225 – 1274). Il nostro avventore avrà senz’altro provato un moto di gioia al vedere il nome del Doctor Communis, ma si sarà rallegrato ancor più per la pubblicazione della prima traduzione italiana del summenzionato commento.
Ora, lasciando il nostro lettore alle sue gioie e, non volendo interrompere le sue elucubrazioni, noi che conosciamo san Tommaso solo per aver letto qualche suo testo nell’Ufficio delle letture, ci domandiamo cos’abbia di speciale quest’opera da suscitare tali emozioni e, soprattutto, perché Tommaso abbia commentato proprio quel vangelo.
In effetti, sebbene Gesù sia uno solo, possediamo quattro vangeli. In realtà il vangelo è unico, in quanto il suo soggetto è unico, ma è detto quadriforme perché ha quattro aspetti dai quali considerarlo. Ogni evangelista, dunque, ci mostra Gesù da una prospettiva particolare.
Il vangelo secondo Matteo si sofferma sull’insegnamento di Gesù e forse fu proprio per questa peculiarità del “Cristo predicatore” che san Domenico di Guzman, nelle sue peregrinazioni, lo portava con sé, insieme alle lettere di san Paolo; il ruolo che il primo vangelo aveva per il nostro fondatore si è poi riflesso nell’Ordine dei predicatori. Non è un caso che san Tommaso d’Aquino, senza dubbio uno dei figli più illustri di Domenico, abbia voluto commentare proprio questo libro biblico nei suoi anni d’insegnamento a Parigi.
Non vogliamo certo sostenere che ogni pagina scritta da Tommaso sia impeccabile o insuperabile – certamente non meno di chiunque la ritenga ormai superata – ma poiché il tredicesimo secolo fu l’epoca più florida per la cristianità medievale e poiché l’Aquinate rappresenta il vertice del pensiero medievale, non esageriamo nell’affermare che il suo commento al vangelo secondo Matteo sia uno dei più splendidi esempi d’esegesi medievale, la cui validità si fa sentire ancor oggi.
Il cuore del sapiente
In esso Tommaso riversa tutta la sua sapienza o, meglio, riflette quella sapienza divina che ha brillato con un’intensità tanto grande in pochi altri uomini. Vi si scorge infatti l’ascoltatore assiduo dei Padri, il lettore interessato al senso letterale del testo, il fine teologo delle Questioni disputate, il maestro attento per la crescita dei suoi allievi, l’uomo buono che dal suo buon tesoro trae fuori cose buone (Mt 12, 35).
Dalle numerose pagine che compongono l’opera, non emerge solo la capacità del Dottore Angelico di offrire una lettura letterale del vangelo in piena armonia con quella spirituale, ma anche la sua grande conoscenza dell’animo umano e la profondità teologica alla quale arriva la sua riflessione, dovute ad un’intensa vita di preghiera e di ascolto della Parola.
Tommaso, abbiamo detto, mostra tutta la sua abilità nell’unire le questioni letterali (datazioni, nomi, cronologia degli episodi) alla riflessione spirituale, poiché tutto ciò che Gesù ha detto e fatto è per noi fonte d’insegnamento. Del resto, Cristo, che è il senso della storia, non può produrre segni e gesti insignificanti, quindi ogni suo particolare è significativo. Ed è in quest’ottica che il sapiente medioevale ci introduce con semplicità nei problemi teologici, ci mette in guardia dagli errori e, soprattutto, ci esorta ad un’intelligenza sempre più profonda delle verità di fede. Secondo Tommaso, infatti, la sacra dottrina è una partecipazione della conoscenza che Dio ha di Sé; ma per l’uomo sono significative quelle cose che non si limitano ad indicare una via, ma catturano il suo animo; perciò, avere una profonda intelligenza delle verità di fede significa amare Dio sempre più intensamente e da qui deriva poi una chiara conoscenza di se stessi e degli altri.
L’ordine dell’opera
Ma la sapienza non si coglie solo dall’altezza delle cose che si vedono, ma anche dall’ordine che da essa consegue. Guarda caso, seguendo la stessa logica che ritroviamo nella terza parte della Somma Teologica, Tommaso divide il vangelo in tre parti: ingresso di Cristo nel mondo, avanzamento ed uscita dal mondo. Sarebbe interessante chiedersi: Tommaso imposta il suo commento al Vangelo come la Somma Teologica o la Somma Teologica come il Proprio commento al Vangelo? Appena formulata, ci si rende immediatamente conto di come la questione sia mal posta: è anzitutto Cristo ad essere teologico, cioè il Discorso di Dio su Dio per eccellenza, perché Egli è il Verbum Dei.
Per quanto riguarda l’ingresso, i primi capitoli gli permettono di ribadire – contro lo gnosticismo che periodicamente fa capolino nella Chiesa – l’unità dei due Testamenti, la bontà della creazione e la realtà dell’Incarnazione. Da qui si comprende il lungo spazio riservato alla genealogia posta all’inizio del testo matteano. Nella seconda parte del Commento considera la vita pubblica di Gesù, concentrandosi sul suo insegnamento, poiché, ci ricorda l’Angelico, per questo è venuto. L’annuncio del Regno di Dio ha il suo compimento nella Passione e Risurrezione: ogni pagina di questo lungo commento ha il suo centro nella Pasqua. Anche questa è una sana lezione di esegesi.
Se questo è il quadro di riferimento per leggere l’opera di Tommaso, vediamo adesso più da vicino l’interpretazione che egli dà del testo sacro. L’Aquinate ci fa comprendere cosa voglia dire leggere la Scrittura nella Chiesa: di fronte ad un problema sollevato dal testo, egli interpella i Padri, ma dà la propria risposta, senza limitarsi a raccogliere e ripetere le sentenze degli antichi. Inoltre, le numerose citazioni bibliche mostrano da un lato il compimento dell’AT e dall’altro la diffusione del Vangelo.
Il lettore, personaggio coi personaggi
Tommaso riesce a penetrare la psicologia dei personaggi e, se da un lato rende il lettore contemporaneo agli eventi narrati e lo porta a riconoscersi nei discepoli o negli avversari di Gesù, dall’altro lo invita soffermarsi sulle parole e sui gesti di Gesù, che rivelano la sua Divinità. La lettura del testo sacro è sempre accompagnata dall’adorazione e dalla meraviglia per le opere compiute da Dio, perché leggere il testo sia già pregarlo e anche questa è una sana lezione di esegesi.
Il Commento presenta la crescita spirituale del cristiano: l’ascolto della Parola (nella predicazione), che suscita la fede, il dono della grazia (nell’Incarnazione), lo sviluppo delle virtù (Matteo insiste sul tema della “poca fede”), la preghiera e il precetto della carità (il discorso della montagna), la comunità (l’insegnamento impartito ai discepoli), le tentazioni e le purificazioni, l’unione con Dio (parabole delle vergini) e la sua presenza nei sacramenti e nei pastori (finale del vangelo).
Se le parole rivolte ai patriarchi ed ai profeti trovano la loro realizzazione in Cristo e se ogni parola e gesto di Gesù trova il suo compimento nella Passione e Risurrezione, è anche vero che la vita di grazia è l’inizio della vita eterna; perciò, nel vangelo, tutto ha un riferimento all’eternità. L’amicizia con Dio, infatti, comporta una piena comunione con Lui; perciò la realtà è vista in modo divino, ossia eterno.
Epilogo
Sarebbe sufficiente leggere solo qualche lezione del Commento a Matteo per capire come Tommaso poté scrivere pagine tanto belle e profonde. Senza dubbio aveva delle grandi doti naturali, ma queste furono perfezionate ed accompagnate da una vita santa e la santità consiste nel partecipare alla vita di Dio e, dunque, nel veder le cose come Dio le vede. Possiamo allora attribuire anche a Tommaso quelle parole che rivolgiamo a san Domenico ogni sera, dopo la preghiera del vespro:
Aquam sapientiae
propinasti gratis
praedicator gratiae
nos iunge beatis