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Tra pochi giorni avrà di nuovo inizio per la Chiesa il tempo di Avvento. Ancora una volta, attraverso le letture bibliche e i testi della liturgia volgeremo gli occhi della nostra mente e del nostro cuore verso la straordinaria figura di san Giovanni Battista.
Sfogliando le pagine del quarto vangelo, cerco il modo giusto per rivolgermi a te, Giovanni Battista. Leggendo queste parole, noto che non ami essere definito profeta. Neppure hai apprezzato coloro che in te avevano riconosciuto il grande Elia, quando non il Messia da secoli atteso. Anche “voce di uno che grida nel deserto”, come tu stesso ti sei definito, non mi sembrava esprimere molto di questo tuo apparire nell’imminenza del Natale. Nella Scrittura vieni anche identificato come il parente del Signore, “il più grande tra i nati di donna”. La devozione ecclesiale ti chiama “specchio di umiltà”. Ma nessuno di questi titoli mi appare capace di svelare pienamente il mistero della tua persona.
Ho cercato allora di andare all’essenziale, di comprendere con semplicità quale sia l’elemento peculiare della tua esperienza. Mi ha aiutato in questo l’evangelista Giovanni. Sono rimasto colpito in modo particolare da un’espressione del suo celebre prologo. Riferendosi a te dice “egli non era la luce, ma doveva rendere testimonianza alla luce”[1]. Alcuni studiosi hanno visto in queste parole, come pure in altre espressioni, il tentativo di gettare discredito sulla tua persona, la volontà di sminuire l’opera da te compiuta. Personalmente mi sembra strano. Al contrario, credo di poter trovare qui l’espressione più bella e completa della tua vicenda umana.
Tu sei il testimone mandato da Dio perché tutti credessero per mezzo tuo a Gesù suo Figlio. Egli è il Verbo senza il quale nulla è stato fatto e da cui noi tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia. A questo hai dedicato ogni istante della tua vita fin dal grembo materno. E neppure una morte ingiusta e violenta ha potuto ridurti al silenzio.
Forse basta questo per comprendere come la tua non sia una testimonianza qualsiasi. E così anche la mia difficoltà permane: se ti invocassi solo come “testimone” mi parrebbe di farti un torto. Quasi mi sento incagliato nella domanda che ti rivolsero per primi i giudei inviati dalle autorità per indagare su di te: “Chi sei tu?”.
Rileggo le tue parole, rifletto sui gesti che hai compiuto in cerca di un aiuto che mi permetta di giungere ad una conclusione. Mi soffermo su un dettaglio che l’evangelista Giovanni ripete due volte riportando la tua predicazione: “il giorno dopo”. Mi sembra di perdere tempo, di lasciarmi distrarre da una minuzia priva di senso. Sono in errore.
La tua è una testimonianza completa, definitiva; raggiungibile, ma non superabile: “Il giorno dopo, Giovanni vedendo Gesù venire verso di lui disse: «Ecco l’agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo! Ecco colui del quale io dissi: Dopo di me viene un uomo che mi è passato avanti, perché era prima di me. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare con acqua perché egli fosse fatto conoscere a Israele». Giovanni rese testimonianza dicendo: «Ho visto lo Spirito scendere come una colomba dal cielo e posarsi su di lui. Io non lo conoscevo, ma chi mi ha inviato a battezzare con acqua mi aveva detto: L’uomo sul quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito è colui che battezza in Spirito Santo. E io ho visto e ho reso testimonianza che questi è il Figlio di Dio»[2]”. Nessuno in quel momento ha capito fino in fondo le tue parole. Anche gli Apostoli, che di lì a poco si sarebbero posti alla sequela di Gesù dovranno attendere per giungere alla stessa fede. Dovranno aspettare la Pasqua. Quella Pasqua che per noi cristiani è “il giorno dopo” per eccellenza.
È il giorno dopo la confusione e l’ostilità del venerdì santo, rappresentato davanti a te da quei giudei che vennero ad interrogarti perché già intuivano un pericolo per loro. E avevano paura. La Pasqua è il giorno dopo nel quale, illuminati dalla luce del risorto tutti possono riconoscere in Gesù l’Agnello di Dio, che con la sofferenza della croce ci ha salvati e si è manifestato come Figlio di Dio. E non è un caso che la tua predicazione sia avvenuta a Betania[3], il piccolo villaggio in cui il Signore manifestò con mirabile chiarezza, richiamando alla vita l’amico Lazzaro, la sua signoria invincibile sul potere della morte. La Pasqua però non è la fine. C’è un altro giorno dopo: quello della sequela di Cristo che perdura ancora oggi nella Chiesa. E questo si è verificato anche sotto i tuoi occhi: “il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava disse: “Ecco l’agnello di Dio!” e i due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù”.[4]
Ecco la tua grandezza e la tua unicità: sei il testimone del giorno dopo, la sentinella che ha terminato la sua attesa e vede spuntare la luce del nuovo mattino. Come la luna non hai avuto paura di farti da parte perché il sole di giustizia che viene dall’alto potesse brillare in tutto il suo splendore, inaugurando così un tempo nuovo.
Sei il testimone del giorno dopo, il primo predicatore della fede pasquale. Grazie perché ci doni un modello di testimonianza vera, perché capace di affrontare le insidie e di allontanare da sé l’attenzione manifestando l’assoluta centralità e verità di Cristo. Grazie per averci fatto capire che la vera testimonianza non si limita all’abilità oratoria e al conseguimento del successo, ma conduce alla sequela del Signore.
Sei il testimone del giorno dopo: fa’ che l’annuncio pasquale giunga in ogni angolo della terra. Sostieni i missionari del Vangelo. Sveglia coloro che sembrano ancora assopiti nella confusione del primo giorno, che non conoscono Gesù, che lo rifiutano. Fa che tutti giungano a credere a quel Dio che ti ha inviato nel mondo a preparargli la strada. Veglia sul nostro cammino verso l’ultimo “giorno dopo” che ci aspetta, quello che non avrà più fine. Intercedi per noi perché in quel giorno possiamo tutti entrare in quella Città celeste che “non ha bisogno del sole né della luna, che risplendano in lei, perché la gloria di Dio la illumina e l’Agnello è il suo luminare”[5].
  1. Gv 1,8
  2. Gv 1,29-34
  3. Cfr Gv 1,28
  4. Gv 1,35-37
  5. Ap 21,23

Foto di copertina di Cezary Borysiuk, statua di  San Giovanni Battista, Ponte di San Carlo, Praga.

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Fr. Alessandro Amprino, secondo i documenti proviene da Torino, città dove è nato l’8 aprile 1991. Tuttavia, coloro che lo conoscono meglio sanno che preferisce definirsi originario di Cumiana, piccolo paese del Piemonte apprezzato nel corso dei secoli dai tanti forestieri che soggiornandovi vi hanno trovato “buon’aria, buon vino e gente umana”. Nell’ottobre 2012 inizia il suo cammino di formazione alla vita religiosa e sacerdotale sulle orme di san Domenico. Studente di teologia, si interessa in modo particolare di Liturgia. Il 1 giugno 2019 è stato ordinato Sacerdote. Consapevole che la Sapienza è un lauto banchetto imbandito da Dio per il suo popolo ha servito tra i banchi della scuola media Sant'Alberto Magno di Bologna come docente di Religione.