Sabato 21 gennaio, con una messa a San Giovanni in Laterano, presieduta da papa Francesco, l’Ordine dei Predicatori ha celebrato la chiusura del Giubileo per gli ottocento anni dalla sua fondazione. L’Osservatore Domenicano mi ha inviato a Roma come suo corrispondente, affinché i nostri affezionati lettori potessero sapere in esclusiva tutto quello che è davvero successo.
L’arrivo
Sono partito da Bologna per Roma venerdì mattina, a bordo di un treno Italo, che per l’occasione è arrivato in perfetto orario. Mi ha accompagnato durante il viaggio e mi ha scortato fino all’Università Pontificia Angelicum fra Paolo Garuti, insigne esegeta domenicano. All’Angelicum si stava svolgendo il congresso internazionale sulla missione dell’Ordine. Ho avuto l’occasione sia di tastare l’atmosfera vibrante, che sempre si respira quando si incontrano i domenicani, sia di assaggiare un ottimo buffet. Poi sono subito ripartito per san Giovanni in Laterano, dove si sarebbero svolte le prove liturgiche.
Affascinato dalle meraviglie monumentali della città eterna o assorto nella recita del santo rosario, ho perso più volte la strada. Invece di imboccare la semplice e veloce via dei Fori Imperiali, ho salutato la Chiesa del Gesù, aggirato il Teatro Marcello, sono salito e sceso dal Campidoglio, finché non mi sono imbattuto in fra Claudio e fra Alessandro, che hanno esclamato stupiti: «Quo vadis?» e mi hanno indirizzato sulla retta via. All’ultimo miglio, mi sono accodato a due consorelle latinoamericane e sono finalmente entrato in Laterano, sudaticcio e trionfale.
Le prove
Guido Marini, il cerimoniere di Sua Santità, il “Maestro”, come lo chiamano i suoi collaboratori, ci ha esortato a imitare, durante la celebrazione liturgica, il nostro padre Domenico, che parlava con Dio o di Dio. Dopo un fugace quanto penetrante sguardo sui diaconi e gli accoliti e cogliendone l’aria svampita e l’atteggiamento poco liturgico, al fine di propiziare un buon andamento della cerimonia, ha deciso di concludere con una supplica alla Madonna del Miracolo, di cui ricorreva la memoria proprio quel giorno.
L’intensa e quanto mai efficace attività di lobbying dell’Osservatore Domenicano mi ha ottenuto un posto in prima fila, come diacono assistente, sempre vicino al Papa e senza mai qualcosa da fare, se non osservare tutto per voi lettori, mentre l’inviato di Vatican Insider, nascosto in una porticina dietro al coro, mi guardava con una certa invidia. Come se ciò non bastasse, l’altro diacono assistente era niente popò di meno che Philip Mulryne, già centrocampista del Manchester United. Fra Philip ha confermato all’Osservatore Domenicano che giocare all’Old Trafford lo emozionava meno che servire una messa a Sua Santità e che, in ogni caso, era meno complicato seguire gli schemi di gioco di sir Ferguson, il mitico allenatore del Manchester, che quelli di mons. Marini.
La messa
All’una e mezza del sabato pomeriggio, sono ritornato alla basilica del Laterano per una breve prova prima del grande evento. Impietositi dal mio girovagare del giorno prima, i frati studenti romani hanno deciso di scortarmi alla meta in macchina.
Alle 15.30 ministranti, diaconi e vescovi si sono disposti in sagrestia, schierati in fila in attesa di papa Francesco, che, dopo aver seminato la scorta e gettato nel panico il servizio di sicurezza, è entrato per l’ingresso principale, ha stretto la mano a ciascuno di noi e si è rapidamente preparato per la messa. Il papa era visibilmente affaticato e, prima dell’omelia, ha preso delle medicine, che gli hanno dato la forza per pronunciare alcune vibranti parole, indirizzate al cuore di tutti i domenicani presenti e in cui ha fatto un implicito riferimento alla teoria della società liquida di Zygmunt Bauman e all’attuale dibattito sulla post-verità.
Il Pontefice ci ha messo in guardia dal carnevale della curiosità mondana, dalla perenne ricerca di nuovi maestri, miti, dottrine e ideologie. Secondo il Papa, questa tendenza a cercare perennemente novità è stata denunciata da san Paolo nella sua seconda lettera a Timoteo. Con essa si sono confrontati Domenico e i suoi frati ottocento anni fa. Trova ora il suo ambiente ideale nella società dell’apparenza e dei consumi. Anche la verità è truccata, ha detto Francesco, scardinata, sbullonata, senza riferimenti stabili. Il carnevale mondano è, quindi, una pseudo-festa. La vera festa è glorificazione di Dio, che è vera festa, a cui si giunge solo grazie alle opere buone di chi, diventando discepolo di Gesù, è diventato sale e luce. Questa è la risposta di Gesù e della Chiesa al carnevale di ieri e di oggi, questo è l’appoggio solido in un ambiente liquido: le opere buone, che possiamo compiere grazie a Cristo e al Santo Spirito. Esse suscitano il ringraziamento al Padre, la lode o almeno la domanda: perché quella persona si comporta così? Ecco l’inquietudine del mondo di fronte alla testimonianza del Vangelo.
Perciò è necessario, ha ammonito il pontefice, che il sale non perda il sapore. Guai al sale che perde il sapore! Guai alla Chiesa che perde il sapore! Guai al prete, al consacrato, alla congregazione che perde il suo sapore! Papa Francesco ha concluso invitandoci a proseguire l’opera di san Domenico, che ha aiutato tanti uomini e donne a non disperdersi nel carnevale della curiosità mondana, ma ad assaporare il gusto della sana dottrina e del Vangelo, diventando a loro volta luce e sale, artigiani di opere buone, veri fratelli e sorelle che glorificano Dio.
Il momento culminante della celebrazione è arrivato alla fine, quando fra Bruno Cadoré, il nostro maestro generale, con voce quasi tremante, ha chiesto al Papa di rinnovare la conferma dell’Ordine, conferita ottocento anni prima da papa Onorio a san Domenico. Poi è salito sui gradini della sede presidenziale Francesco ha abbracciato lui e con lui tutti i figli di Domenico. Poi Sua Santità si è recato alla statua della Madonna presso l’altar maggiore.
L’intera assemblea, guidata dalla cappella musicale dei nostri confratelli polacchi, è esplosa in una Salve Regina, potente e melodiosa, e in un commovente O Lumen, le cui armonie rimarranno a lungo impresse negli animi dei partecipanti.
Il ritorno
Finita la messa frati, suore e laici, provenienti da tutti i paesi del mondo e incontrati in chissà quale occasione, chissà quanti anni prima, si sono salutati, si sono aggiornati sulle novità e si sono dati appuntamento alla prossima occasione. Il vostro inviato si è premurato di raggiungere la spedizione bolognese, che è ripartita in fretta alla volta della stazione. I miei confratelli si sono complimentati con me per l’aspetto insolitamente devoto e pio che ho mostrato durante tutta la celebrazione. Sarà stato anche questo “un effetto Papa Francesco”? Comunque, per la cronaca, è già passato.
Il treno Italo, questa volta, non aveva la nostra stessa premura e ci ha concesso un’ora abbondante per visitare bene i negozi e i bar di Termini. Finalmente seduti sui vagoni e dopo che il padre priore si è assicurato di non aver perso nessuna delle sue pecorelle, ci siamo rilassati recitando devotamente il Santo Rosario e ringraziando la Madonna per questa memorabile giornata.