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1. Per prima cosa raccontateci un po’ di voi: chi siete? Come siete arrivati nell’Ordine?

Fra Daniel Sisa: sono nato a Duitama, in Boyacá, una regione in cui storia e natura formano paesaggi che ci permettono di riconoscere la bontà di Dio nelle sue creature. Questo percorso di dubbi e certezze alla sequela di Gesù di Nazareth è iniziato come un’inquietudine nel profondo del mio cuore, ma che si è confrontata con la realtà della mia famiglia e con la comunità delle monache domenicane del monastero della mia città. La loro gioia e testimonianza di vita mi hanno portato a conoscere meglio Gesù e l’affascinante personalità di Domenico di Caleruega. Così, dopo aver studiato filosofia e aver fatto un percorso di discernimento, ho deciso di iniziare un’avventura dove poter essere felice, condividendola tra fratelli.

Fra José Eduardo Pardo Carillo: sono nato “alla porta del sole colombiano”, in una città considerata una delle “città dolci”, Floridablanca-Santander. Sono cresciuto in una famiglia numerosa, composta dai miei genitori, mia sorella e mio fratello, i miei nonni materni e le mie zie. Una famiglia in cui l’unità dalla diversità e l’amore per gli altri sono instillati nella mia formazione. È così che da quando ero un bambino di 6 anni, motivato dai miei genitori, è iniziata la mia vita parrocchiale, facendo parte del gruppo di bambini chiamato Infanzia Missionaria. Allo stesso modo, fin da piccolissimo, ho dimostrato una grande passione per lo studio. Queste due componenti sono state delle grandi guide nel mio processo di discernimento vocazionale. L’amore per la missione mi ha portato a incontrare il volto di Gesù di Nazareth nel fratello e l’inquietudine intellettuale a interrogarmi su cose sulle quali ancora oggi continuo a pormi domande e costruire le loro risposte. La mia vocazione si costruisce ogni giorno, fino al giorno in cui sarò chiamato alla casa del Padre.

2. Per quanto riguarda quest’anno d’interscambio provinciale, siete stati scelti o è stata una scelta vostra?

Nella tradizione dell’Ordine si fa un voto di obbedienza, non nella cecità irrazionale, ma nella fiducia nella comunità; così, questa decisione è stata data come proposta per motivare i frati nello studio di una seconda lingua, oltre che per comprendere l’universalità dell’Ordine; quindi questa opportunità assume un carattere non solo di obbedienza, ma di libera scelta nel dialogo, dove è presente l’impegno per la comunità.

3. Qual è la realtà generale della vostra provincia oggi e qual è il compito specifico dei frati domenicani in Colombia (apostolati, conventi, università, formandi, laici ecc.)?

La presenza dell’Ordine domenicano in Colombia dal 1527 è legata ai processi storici e sociali del Paese. Da allora, i frati si sforzano di capire e rispondere ai segni dei tempi in queste terre dove la bellezza insanguinata trova speranza nei piedi nudi dei figli di Domenico.
Attualmente, la Provincia di San Luis Beltràn di Colombia continua ad accompagnare il processo storico del paese con diversi apostolati. Uno di essi si occupa della formazione del popolo colombiano, cioè dei bambini, dei giovani e degli adulti attraverso i collegi e la famosa Università di San Tommaso, presenti nelle principali città del Paese, la cui proposta formativa è caratterizzata dall’umanesimo cristiano, che permette di sviluppare una sensibilità rivolta all’ambiente sociale.
D’altra parte, il lavoro missionario della Provincia ci ha portato in luoghi di profonda violenza e povertà, dove l’accompagnamento della comunità è assicurato dalle parrocchie e da vari progetti sociali.

Allo stesso modo, la diffusione della Famiglia domenicana in Colombia ha reso possibile la formazione di diverse comunità laiche domenicane, dove la voce dei laici fa brillare la stella di Domenico nella vita quotidiana.
La tradizione domenicana in America Latina è profondamente segnata da una predicazione della Grazia, che restituisce dignità e che, sull’esempio di fra Antonio de Montesinos O.P., chiede e grida: Non sono uomini questi?

Una predicazione con parresia è quella di molti nostri confratelli che sono in prima linea nei progetti di giustizia e di pace e nella lotta per i diritti umani nel Paese.

La tela consunta della Vergine del Rosario di Chiquinquira ha visto il miracolo del rinnovamento della fede di un Paese che la proclama Regina. L’affetto e la devozione dei frati per la Regina della Colombia si trasmette come fede viva che diventa regno di Dio nella storia.

4. Da molto tempo si sente dire a proposito della vitalità che esiste in Colombia nei confronti della Chiesa ma, contemporaneamente, anche l’aumento della popolarità e forza mediatica delle chiese evangeliche: potete descrivere un po’ questo fenomeno dal vostro punto di vista? Che cosa fa la provincia dei frati in Colombia nei confronti di questa situazione?

La realtà della presenza delle varie confessioni di fede nel Paese è legata alla proclamazione costituzionale della Colombia come “Paese laico” nel 1991: da allora i frati si sono preoccupati di mostrare una predicazione viva e sorretta da una testimonianza di vita.

In questo modo, l’impegno apologetico nella nostra Provincia è incorniciato dal dialogo ecumenico e interreligioso, non solo in ambito accademico, ma anche nella collaborazione a progetti che permettono la costruzione del Paese.

5. Com’è il cammino di approccio e di accompagnamento catechistico verso le persone che non conoscono Cristo o che si sono allontanate dalla Chiesa?

L’opzione fondamentale di seguire Cristo è sempre data in libertà ed è intesa come un processo per rendere vivo l’Evangelo nella propria realtà. Pertanto, il lavoro dei frati in Colombia è inteso come accompagnamento di coloro che desiderano iniziare questo cammino. Per questo motivo, l’attività missionaria è presente fin dall’inizio della formazione dei frati in Colombia, il che permette di creare spazi pastorali e di dialogo continuo intorno all’umanesimo dei nostri centri educativi. Ne è un esempio la pastorale universitaria, che permette l’incontro di una diversità di pensieri e di credenze, un ambiente favorevole all’incontro e al “re-incontro” con Gesù.

6. Ora siete in Italia da qualche mese, ormai sette per la precisione: come vivete il cambiamento qui? C’è qualcosa che potremmo imparare da voi, dal vostro lavoro, che potrebbe arricchire qualche aspetto della nostra vita qui a Bologna? E voi cosa avete imparato da noi? Vi ha colpito qualcosa di specifico?

L’itineranza di Domenico e dei suoi figli li ha portati a incontrare realtà diverse, così che l’Ordine, fin dai suoi inizi, ha cercato di dare una risposta efficace ed evangelica in ogni luogo.

In questo modo le realtà delle province del Nord Italia e della Colombia sono diverse, perché rispondono a un particolare contesto storico. Queste differenze hanno reso significativa l’esperienza dello scambio di studenti tra le province, perché il fatto di comprendere l’universalità dell’Ordine e di confrontarsi con le proprie idee, abbandonando le proprie sicurezze, è una sfida che costringe a crescere.

Lo sforzo di apprendimento che si compie è ottenuto da riflessioni personali le cui fonti si trovano nella condivisione dell’esperienze con gli altri. Solo attraverso l’autoriflessione possiamo imparare qualcosa di significativo per la nostra vita. Così abbiamo constatato che la tradizione domenicana vissuta a Bologna ha attirato la nostra attenzione, soprattutto nello sforzo di studiare e diffondere la vita dei nostri santi, in particolare quella del nostro Padre Domenico. Ora, la sfida è costruire la comunità a partire dalle diversità culturali, sociali e umane che troviamo in ogni frate del nostro Ordine.

7. Avete già iniziato le lezioni in facoltà: avete riscontrato molte differenze
nell’impostazione teologico-filosofica? Oppure avete trovato qualche punto d’incontro concreto? Se ci sono, potete dircene qualcuno?

La vita intellettuale nel nostro Ordine, come in generale, si svolge in un contesto preciso. Perché l’intelligenza è chiamata a rendere conto dei significati propri della storia a cui apparteniamo.
Pertanto, i punti di incontro sono incentrati sulla nostra tradizione domenicana che cerca di dare un senso ai diversi problemi presenti nel mondo di oggi. Tuttavia, i processi storico- sociali che si vivono in queste due realtà, Italia e Colombia, fanno emergere il valore significativo dei diversi temi teologici e filosofici per ciascuna provincia. L’Italia è segnata da una concezione metafisica della realtà, mentre l’America Latina è segnata dalla fenomenologia. Tuttavia, secondo noi, entrambi gli approcci sono validi per una lettura teologica di oggi.

8. Infine: cosa porterete con voi da questa esperienza di comunità in Italia, nella vostra comunità d’origine?

Sebbene sia difficile arrivare a una sintesi dell’esperienza vissuta in questo periodo, che si è espressa in sapori, “insipidità”, gioie, solitudini, dolori e altri sentimenti che fanno parte della nostra condizione umana, è possibile fare un’ermeneutica a partire dalle seguenti tre categorie: conoscenza di sé, rafforzamento della vocazione domenicana e comprensione universale dell’Ordine.

Innanzitutto, il silenzio dei nostri chiostri ha permesso di riflettere ancora di più su chi siamo. Siamo stati in grado di accogliere le debolezze e i punti di forza presenti nella nostra vita personale. Il dialogo con i frati e l’ascolto hanno portato ad un approfondimento della nostra spiritualità domenicana, tutto ciò come conseguenza del fatto di vivere in uno dei luoghi in cui il nostro padre Domenico inviò i suoi frati a predicare, oltre ad essere il luogo in cui riposano le sue spoglie mortali, il che ha permesso di creare un’atmosfera favorevole alla comprensione dell’essenza della predicazione domenicana dalle sue fonti.

Allo stesso modo, il convento di Bologna fin dalle sue origini ha svolto la funzione di casa di passaggio dove i frati provenienti da diversi Paesi condividono le loro esperienze di predicazione. Pertanto, questa condivisione ci ha permesso di apprezzare gli sforzi di ogni provincia per far sì che la fiaccola domenicale mantenga viva la luce del Vangelo.

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Sono nato a Medellín, in Colombia, cresciuto in una famiglia molto numerosa, dove imparai ad apprezzare la bellezza della vita prima di ogni altra cosa, nonostante le difficoltà. Sono andato via da casa molto giovane, mosso da una irrefrenabile curiosità per la vita. Dopo tante esperienze, all’età di 24 anni, nel mezzo di un buio esistenziale, ho avuto pensieri profondi intorno al fine ultimo e alla fede, dopo tante riflessioni, spinto da una chiamata sono entrato nell’Ordine mosso dal desiderio di amore infinito e di Verità. Ora sono a Bologna per studiare filosofia e teologia.