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È già giugno. Sono frate da ormai nove mesi e la mia vita è cambiata parecchio rispetto a un anno fa. La quiete e il silenzio del noviziato hanno lasciato il posto ad impegni, attività, orari serrati, lezioni ed esami. Di conseguenza, ci sono dei momenti in cui il corpo fatica a stare al passo dello spirito e a volte, quando proprio non ci riesce, gli fa anche lo sgambetto.

Così, negli ultimi istanti di una giornata trascorsa in mille faccende affaccendato, ho sentito il bisogno di un sostegno, e mentre ero in cerca di questa “red bull” spirituale, non so bene neanch’io né come né perché, la mia memoria ha tratto dal suo tesoro la parabola del servo inutile (Lc 17, 7-10). Devo essere sincero: in quel momento non mi sono sentito interpellato. “Potrò ricavarci qualche insegnamento quando non sarò più autosufficiente”, mi son detto nei miei spavaldi ventott’anni. Ho girato la testa sul cuscino e mi sono addormentato, esausto.

Pensavo di aver liquidato la questione, ma nei giorni seguenti quelle due paroline rimanevano cocciute nella mia mente e, nonostante cercassi di fare l’indifferente, mi punzecchiavano l’anima come delle fastidiose zanzare: “Devi fare i conti con noi”. Finché non mi sono deciso: “Va bene, prendo la sfida di petto”.

Servo Inutile

È stato come ricevere uno schiaffo. La mia reazione ha preso i tratti di un sorriso stiracchiato e un po’ ironico, come quello del don Camillo di Guareschi: “Grazie Signore”.

Ero in cerca di qualcosa che mi rincuorasse (la parabola dei talenti sarebbe calzata a pennello) e invece… tutto il contrario. Mi alzo di buon mattino, mangio pane di sudore, vado tardi a riposare (Sal 126) e sono pure inutile!

Signore, so bene che puoi fare a meno di me. Non esigo ricompense né la Tua gratitudine per essere Tuo servo; ma se sono inutile perché mi chiami a servirTi?

Forse che mi chiami a vivere della cosa più bella, e quindi più inutile, al mondo? Sì, a vivere di quell’amore che guarda ogni cosa e ogni persona come le guardi Tu, e non come occasioni e oggetti da cui estorcere egoisticamente un guadagno; quell’amore gratuito che si spende per gli altri senza pretendere nulla in cambio; quell’amore che agli occhi di chi non Ti ha incontrato sembra un essere sfruttati, ma che in realtà è offerta gioiosa di sé; quell’amore che ci fa essere Eucaristia; quell’amore che per noi sarebbe impossibile se Tu stesso non ce lo avessi già donato.

“Non capisci che il servo inutile sono io che, dopo aver seminato la Parola, rientrando dal campo mi sono stretto le vesti ai fianchi e ho lavato i piedi ai miei amici? Se avrai fede quanto un granello di senape in questo mio gesto, allora sì, sarai capace di piantare gelsi nel mare, di amare come io ho amato, di essere anche tu un servo inutile”.

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Classe 1990. Ho vissuto la mia vita tra i due poli di Rimini e Milano. Mi considero romagnolo ma non chiedetemi di parlare il dialetto. Mi sono laureato in Filosofia all’Università Cattolica di Milano e in seguito ho fatto una breve ma significativa esperienza nel settore HR. Dopo lunghi anni di silenzioso discernimento mi sono lasciato conquistare da Chi mi chiamava fin dal seno materno. Adesso tocca a me protendermi nella corsa, con l’aiuto di San Domenico che mi tiene per mano. Se la musica è linguaggio dell’anima allora sono poliglotta. È vero che degli idoli non si deve pronunciare neanche il nome, ma non si può biasimare chi grida “Forza Valentino Rossi!”.