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Il giorno di Pasqua fa emergere e porta al loro punto di risoluzione due resistenze significative.

1. La prima resistenza riguarda una difficoltà nella quale si sono imbattuti fin da subito i discepoli di Gesù: essi avevano fatto l’esperienza della risurrezione di alcune persone (la più eclatante fu quella di Lazzaro), tuttavia rimasero del tutto spiazzati di fronte ai fatti riguardanti il Nazareno dopo la sua morte. A differenza di tutte le risurrezioni narrate nella Sacra Scrittura o avvenute anche successivamente nella storia della Chiesa, Gesù uscì e non ritornò mai più in un sepolcro: in forza della sua risurrezione Egli è e permane vivo, è il Vivente, è veramente il Figlio inviato dal Padre; Egli è Dio ed è presente sempre e ovunque, nel qui ed ora di ogni storia.

Gli apostoli non nascosero la loro difficoltà a riconoscere ed a comprendere il fatto della risurrezione di Gesù ed altresì continuarono a faticare per accogliere la nuova realtà del Risorto, in quanto vivo e sempre con loro, come Lui stesso disse: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Le stesse apparizioni, caratterizzate dal Suo improvviso rendersi visibile e invisibile, non sono che una conferma della Sua continua e reale presenza, a dispetto di ogni previsione umana e constatazione sensibile.

Anche oggi, dopo 2000 anni di storia, i cristiani credono e professano il fatto che Gesù sia risorto e vivo in mezzo a loro: diversamente non sarebbe giustificata alcuna forma di preghiera o di culto che avesse il Verbo incarnato come destinatario. Ma come i discepoli dovettero abituarsi ad accogliere ed a far propria la fede e la consapevolezza della Sua presenza costante e continua, così anche oggi occorre riconoscere il rilievo che avrebbe una rinnovata appropriazione di questo Mistero, nel seno di una Chiesa che si propone di testimoniare il Vivente ad una società/cultura schiacciata dall’inconsistenza del materialismo e dal non senso della vita.

2. La seconda resistenza riguarda il fatto che da Dio è molto più facile attendersi la profezia, i miracoli, gli esorcismi, la risurrezione… piuttosto che la Sua morte in croce. Che Dio possa compiere delle azioni legate alla Sua potenza non stupisce più di tanto, giacché si tratta di cose facilmente attribuibili a Lui, concepibili come tipiche ed esclusive del Suo agire soprannaturale.

Ciò che però non ci si aspetta riguarda il fatto che Egli possa soffrire e morire! Appare come del tutto impensabile l’evento della Sua Passione: se infatti anche Dio soffre e muore, chi si/ci potrà salvare? Un Dio che muore è poi veramente Dio? Gli apostoli si trovarono non poco in difficoltà di fronte ai fatti della croce di Gesù: credere che Dio sia arrivato a tanto, ossia che per gli uomini Egli si sia realmente sacrificato, non risulta per niente scontato!

Da questo si capisce come non sia né ovvio né immediato convertirsi a Cristo. L’annuncio cristiano però è inequivocabile: Cristo, il Vivente, il Figlio eterno del Padre, è divenuto uomo ed è morto per noi, per amore, per salvarci, per liberarci dal male e dal peccato. Da una parte, prendere consapevolezza di un tale Mistero esige una reale conversione del proprio modo di pensare Dio; dall’altra, il sapersi beneficiari di un tale amore divino non può che portare ad una conversione e ad un mutamento radicale del proprio modo di vedere e di vivere.

3. Nel giorno di Pasqua, le due tensioni sopra menzionate si dispiegano in tutta la loro effettiva portata, ma raggiungono altresì la loro risoluzione. Nell’unica persona di Cristo i discepoli si trovano davanti Colui che realizza la piena manifestazione ed il perfetto equilibrio di entrambe le resistenze: Colui che è sempre vivo e presente è proprio quel Gesù torturato fino alla morte di croce. Nel giorno di Pasqua si trova il Risorto che spiega la morte di Gesù ed il Crocifisso che dà luce all’effettiva realtà del Risorto.

Da una parte è il Crocifisso che, apparendo con il corpo e nelle sue sembianze peculiari (i segni dei chiodi e della lancia), convince del fatto che Egli sia il Risorto, il Vivente, Colui che è sempre presente, perché Verbo, Figlio, Dio in persona. Dall’altra è il Risorto, Colui che è sempre presente, a convincere del fatto che Dio abbia veramente patito tutte quelle torture fino a morire per noi.

Da una parte, il Risorto mostrando i segni dei chiodi ci conferma del fatto che il Crocifisso ha veramente preso su di sé il nostro peccato, ha portato nel suo corpo il peccato di tutto il mondo. Dall’altra, il Crocifisso risorgendo ci dice che «per le sue piaghe noi siamo stati guariti» (Is 53,5), che veramente Lui ci ha redenti e perdonati.

Da una parte, il Crocifisso risorto ci convince del fatto che se anche noi, con il nostro corpo, non risorgiamo, non possiamo essere veramente ed integralmente salvati, perché tutti i nostri peccati li compiamo sempre con il corpo, implicandolo in tutto il male che vede noi come attori o ricettori di ciò che passa all’interno della scena di questo mondo. Dall’altra, il Risorto crocifisso ci assicura del fatto che il corpo è altresì il luogo imprescindibile per avere parte con Lui, per la nostra partecipazione alla vita trinitaria, per la nostra unione con Dio, giacché non vi può essere salvezza senza la risurrezione, purificazione e redenzione del nostro corpo.

Lasciamoci dunque istruire, attrarre e conquistare dalla Pasqua di Gesù, vivendo ora e sempre il Mistero che celebriamo nella Chiesa di Cristo.

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Nato a Valenza in provincia di Alessandria nel 1982, ha compiuto gli studi teologici presso la Facoltà Teologica di Milano. Entrato nell’Ordine dei Predicatori, è professo semplice dal 2021. Impegnato nel solco della dialettica tra Tradizione e contemporaneità che la Chiesa sta vivendo, tutt’ora attende agli studi per il Dottorato presso la Facoltà Teologica dell’Emilia-Romagna.