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Scrive il grande Dostoevskij: “L’ape conosce la formula del suo alveare, la formica conosce la formula del suo formicaio, ma l’uomo non conosce la propria formula” [I fratelli Karamazov]. Il dramma nel quale vive l’uomo moderno è il non essere più in grado di cogliere che la sua formula, cioè ciò che lo costituisce come tale, è il suo rapporto libero con l’infinito ovvero con Dio. Il ruolo del Rosario della Beata Vergine Maria allora si inscrive proprio in questa direzione. Esso ci “ricentra” perché è preghiera cristocentrica; ci allontana dalle molteplici luci fatue che ci distolgono dal retto cammino per indirizzarci nuovamente verso Dio.

Quando siamo atterriti dalla violenza dell’enigma del dolore e della morte i misteri dolorosi ci consolano, ricordandoci che Cristo assumendo su di sé il male lo ha redento trasformandolo in offerta d’amore.

Quando il relativismo imperante offusca le nostre certezze, i misteri della gloria ci rammentano che la fede rischiara perché è luce (lumen fidei) e che ci condurrà alla luce della Gloria (lumen gloriae), dove “lo vedremo così come Egli è” (1Gv 3,1).

Quando i beni e le preoccupazioni di questa vita appesantiscono il nostro cuore, distogliendoci “dalle cose di lassù” (Col 3,2) i misteri gaudiosi sussurrano alla nostra anima che “Dio si è fatto uomo perché l’uomo diventasse Dio”.

Ecco dunque la straordinaria efficacia e portata del santo Rosario di Maria. Ha una portata cosmica perché continuamente ci riconduce al Signore Gesù, centro dell’universo e della storia. Affidiamoci dunque attraverso il santo Rosario a Colei che sostiene Colui che tutto sostiene e la nostra vita sarà costruita sulla roccia.

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Cresciuto all’ombra della “Bela Madunina” di Milano dal 1985. Da sempre incorreggibile appassionato interista. Nel 2012 ho fatto il mio ingresso nell’Ordine Domenicano e nel 2016 ho emesso la professione solenne. Dopo il triennio filosofico ho iniziato gli studi teologici, coltivando l’interesse per la teologia spirituale. Il 7 settembre 2019 sono stato ordinato Sacerdote.