Condividi

Rimasi piuttosto stupito: nel cremoso color avorio della pagina avanzò, per non dire sgomitò tra il fitto delle righe, un passo strano, quasi a farsi largo nella mente: per soddisfare ad un voto il Levitico fissa un prezzo di cinquanta sicli d’argento per una persona di sesso maschile dai venti ai sessant’anni. Per una donna compresa nel medesimo arco di età il prezzo è di trenta sicli d’argento:

«Quando uno deve soddisfare un voto, per la stima che dovrai fare delle persone votate al Signore, la tua stima sarà: per un maschio dai venti ai sessant’anni, cinquanta sicli d’argento, secondo il siclo del santuario; invece per una donna, la tua stima sarà di trenta sicli» (Lv 27,2-4).

Dopo un paio di laboriose lisciate alla barba (un uomo stima sempre la bontà di un’intuizione dal numero di lisciate che sono costate a produrla) sentii l’eco di un non so che… Ma per la miseria, non c’è un passo di Zaccaria dove il Dio-pastore assegna un prezzo alle sue fatiche? Rivolto alla riottosità delle sue pecore dice:

«Io mi irritai contro di esse, perché anch’esse si erano tediate di me. Perciò io dissi: “Non sarò più il vostro pastore. Chi vuol morire, muoia; chi vuol perire, perisca; quelle che rimangono si divorino pure fra di loro!”. […] “Se vi pare giusto, datemi la mia paga; se no, lasciate stare”. Essi allora pesarono trenta sicli d’argento come mia paga. Ma il Signore mi disse: “Getta nel tesoro questa bella somma, con cui sono stato da loro valutato!”» (Zc 11,8-9.12).

Come dicono a Bologna, le sta davvero mandando a spendere…

Pars costruens e Pars destruens

Ma torniamo a noi: fece allora capolino sulla mia spalla quel tipetto risoluto, microscopico invero, che ogni amatore del pensiero deve nutrire grassamente se vuole conservare una parvenza di scientificità. Si chiama spirito di auto-critica: il mio – come di consueto identico a me stesso, ma più accigliato – incominciò a lisciarsi vorticosamente la sua barbina nera, con una frequenza proporzionata alla sua molecolare statura:

Pars destruens: “È vero, è vero, te lo concedo: vi è la stessa somma di denaro, ma forse è un po’ tirata per i capelli, ne’? O a questo punto dovremmo dire per la barba… Comunque, punto primo: nel passo del Levitico, a corrispondere al salario del pastore, non è il voto di un uomo, ma di una donna (30 e 30 sicli d’argento). Se fossero stati cinquanta avrei potuto anche darti un po’ più di spago, ma francamente Dio qui è una figura maschile mentre se avesse voluto suggerire qualche connessione avrebbe preso sembianza femminile – come la Sapienza o altro – no? In secondo luogo, un conto è un voto al tempio, un altro è la retribuzione del mestiere di pastore: cosa c’entrano? Francamente, le connessioni mi paiono un po’ forzate: meglio lasciar perdere e interpretare i due passi separatamente”.

A questo punto fece capolino nella spalla opposta l’anima un po’ più gentile del medesimo spirito, sempre piccina, vestita con una toga candida, e già bianca per le canizie:

Pars costruens: “Beh, mio caro… debbo contraddirti”
Pars destruens: “Fa’ pure, come se non lo facessi mai”
Pars costruens: “Debbo”
Pars destruens: “Potresti darmi ragione qualche volta…”
Pars costruens: “Potresti non darmi torto”

Un secondo, un secondo, torniamo a noi e non lasciamoci prendere… Dicevi, Pars costruens?

Pars costruens: “Dicevo a proposito dei mestieri che la connessione è decisamente voluta, caro: il denaro è gettato nella cassa del tesoro del tempio, il denaro del Pastore, però. Dice, infatti: Getta nel tesoro quella bella somma! E questo non può essere un fatto casuale. In secondo luogo, è evidente che in ottica messianica quel pastore è connesso al sacerdozio e al nuovo santuario. Le visioni di Ezechiele sul Tempio, il cui costato versa acqua abbondante e sanante, non si accompagnano forse alla profezia di un’unica guida regale (Cfr. Ez 47,1)? Non sono due profezie, ma due aspetti di una sola visione: «Susciterò per loro un pastore che le pascerà, Davide mio servo» (Ez 34,23) e: «Il mio servo Davide sarà su di loro e non vi sarà che un unico pastore per tutti; seguiranno i miei comandamenti, osserveranno le mie leggi e le metteranno in pratica» (Ez 37,24). Forse, proseguendo su questa strada anche le obbiezioni sul fatto che il riscatto dei trenta sicli sia di donna si risolveranno”.

Il lavoro di un ermeneuta

Parve un buon consiglio: proseguii su questa strada, raccogliendo lo spunto messianico, nella speranza che emergesse qualcosa. Il lavoro di un ermeneuta, del resto, non è molto diverso da quello di un vecchio cercatore d’oro, non solo perché la scrivania del primo non è meno arruffata di carte della capigliatura del secondo, ma perché comprendere è intrinsecamente un atto esplorativo e anche non aver trovato nulla è già aver capito qualcosa…

In effetti, a ben pensarci, nel quarto volume del Breviario Romano il responsorio breve – che chiude questo brano di Zaccaria nell’ufficio delle letture1 – dice così:

R. Essi pesarono trenta sicli d’argento come mia paga: * bella somma, con cui sono stato valutato da loro!
V. Giuda disse: Quanto mi volete dare perché io ve lo consegni? E gli fissarono trenta monete d’argento:
R. bella somma, con cui sono stato valutato da loro!

L’associazione è palese: quel Pastore è il Cristo stesso che profetizza su di sé attraverso Zaccaria: mi valuteranno trenta sicli. È il tradimento di Giuda: Bella somma! In effetti, la vita di un uomo è senza prezzo, la vita divina non è semplicemente senza prezzo, ma è il valore ultimo di ogni cosa senza prezzo, quindi la sua valutazione è più di una bestemmia. In uno stralunato gioco di ironia al limite dell’onirico e della farsa, a fissare la somma su Dio è proprio quel Sinedrio che rivolge l’accusa di bestemmia a Cristo.

Del resto, se valutare qualcosa senza prezzo è già dis-prezzo, valutare il Valore stesso è la caduta delle maschere a teatro: i sacerdoti che compiono la stima rivelano definitivamente di avere una misura diversa dalla misura di Dio, in una parodia di loro stessi che culmina nel teatrale atto di dilacerazione delle vesti. «Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti dicendo: “Ha bestemmiato! Perché abbiamo ancora bisogno di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia”» (Mt 26,65).

Forse in quel momento l’anziano israelita non si ricordava ciò che è comandato: «Il sacerdote, quello che è il sommo tra i suoi fratelli, sul capo del quale è stato sparso l’olio dell’unzione e ha ricevuto l’investitura, indossando le vesti sacre, non dovrà scarmigliarsi i capelli né stracciarsi le vesti» (Lv 21,10).

Sono sicuro di una cosa: nella sua taciturna e marmorea indefettibilità, Cristo avrà quantomeno sollevato il sopracciglio alla scomposta reazione del suo figurale rappresentante in Israele. Siamo al limite dell’ironia… Di certo, però, quasi come riparazione anche di quella colpa contro la Legge, non permise che stracciassero le sue di vesti:

«I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti e ne fecero quattro parti, una per ciascun soldato, e la tunica. Ora quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca» (Gv 19,23).

Egli solo, infatti, è il Sommo Sacerdote senza macchia

«Tale era infatti il sommo sacerdote che ci occorreva: santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori ed elevato sopra i cieli; egli non ha bisogno ogni giorno, come gli altri sommi sacerdoti, di offrire sacrifici prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo, poiché egli ha fatto questo una volta per tutte, offrendo se stesso» (Eb 7,26).

Una donna?

Forse proprio qui c’è la soluzione alla nostra domanda iniziale: perché il riscatto del Dio-Pastore e quindi di Cristo buon pastore (Gv 10,11) è il riscatto di una donna? Per dare piena soddisfazione al massimo dell’ironia (questo è un argomento biblico ahimè ancora troppo sottovalutato): Cristo non è solo ingiuriato nella Sua Divinità, ma anche nella sua umanità, essendo valutato, non per l’uomo che era, Il Forte di Giacobbe (cfr. Is 49,26), ma come la Legge valutava una donna. A dire il vero, il Sommo Sacerdote non sapeva che, se il suo intento era offendere, stava prendendo in giro se stesso: se solo avesse inteso correttamente la Scrittura (come uno sposo sposa una vergine, così ti sposerà il tuo Creatore, cfr. Is 62,5)… Ma un passo alla volta: il motivo ultimo è di una semplicità radiosa, infatti se la valutazione schernitrice dei sacerdoti è la stessa valutazione che Dio si dà, questo è dovuto al fatto che Cristo non sta versando il riscatto per la sua umanità, ma per quella di una donna.

Pars costruens: Eh già!
Pars destruens: Cristo aveva una donna? Non mi dirai la Maddalena?

Ad essere sinceri: anche… infatti, la sola donna di Cristo, con buona pace dei seguaci di Dan Brown (seguaci che non si sono accorti della sottile differenza fra un romanzo e la realtà) è la Chiesa. Insegna l’Apostolo: «Il marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa, lui che è il salvatore del suo corpo» (Ef 5,24) e «voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei» (Ef 5,25). Egli infatti «ha dato se stesso in riscatto per tutti» (1Tm 2,6).

Comprendiamo allora perché il riscatto che Cristo versò non è solo quello di una donna, ma di una donna compresa tra i venti e sessant’anni: perché in quest’arco è compresa anche la sua età, la Chiesa, infatti, è il Suo Stesso Corpo: «Nessuno mai infatti ha preso in odio la propria carne; al contrario la nutre e la cura, come fa Cristo con la Chiesa» (Ef 5,29).

E le curiose due parti si riappacificarono, ciascuna lasciando l’asilo della propria spalla.


1 XXXIII settimana del Tempo Ordinario, Giovedì.


Riconoscimenti per le immagini: per la copertina, dipinto di John Charles Dollman (1851–1934), “Trenta pezzi d’argento” (Royal Pavilion & Museums, Brighton & Hove).

Non perderti nessun articolo!

Per restare sempre aggiornato sui nostri articoli, iscriviti alla nostra newsletter (la cadenza è bisettimanale).

Chi sono? In verità non ne so molto più di voi. Del resto, vivo anche per scoprirlo. Ma giustamente chi legge questo genere di presentazioni, si attende una sfagiolata di dati anagrafici. Essia! Sono nato all’Ospedale Maggiore di Bologna quel glorioso 9 settembre del 1994 (glorioso per ovvie ragioni). Chi non mi ha mai veduto senza barba, ipotizza che mi trassero dal ventre di mia madre proprio tirandomi dalla barba… inquietante, ma non smentirò questa leggenda. Frattanto in questi 25 anni di vita ho frequentato il liceo scientifico Malpighi, mi sono appassionato a Tolkien, alla Filosofia, alla Poesia medioevale e novecentesca, infine alla cinematografia, su cui amo diffondermi in raccolte meditazioni crepuscolari. Cosa ho compreso saldamente? Ad una sola vita, un solo modo per viverla. Per questo appena conseguita la maggiore età, ho fatto domanda di entrare nell’Ordine dei Frati Predicatori. Attualmente mi nutro di studi di San Tommaso, di spiritualità e di metafisica (sto affrontando un densissimo filosofo Polacco, Przywara … la pronunciabilità del nome è direttamente proporzionale alla sua chiarezza). Per contattare l'autore: fr.pietro@osservatoredomenicano.it