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Il cinema: una strabiliante fortuna

Riprendiamo la nostra riflessione sui più noti personaggi di Giovannino Guareschi, don Camillo e Peppone, spostando l’analisi, iniziata nella prima parte di questo articolo, sulle trasposizioni sul grande schermo. Si può a ragione affermare che furono le cinque pellicole cinematografiche, in particolare grazie all’impareggiabile coppia Fernandel – Gino Cervi, nei panni rispettivamente del parroco e del sindaco, a consacrare Guareschi; esse sono: Don Camillo (1952), Il ritorno di don Camillo (1953), Don Camillo e l’onorevole Peppone (1955), Don Camillo monsignore… ma non troppo (1961), Il compagno don Camillo (1965) oltre all’incompiuto Don Camillo e i giovani d’oggi (1970).

Altri attori, tra i quali pure Terence Hill nel remake di Don Camillo del 1983, si cimenteranno nell’impresa di riportare sugli schermi gli sceneggiati guareschiani, con scarsa fortuna però.

Basti pensare all’ultimo film della serie, intitolato Don Camillo e i giovani d’oggi, trasposizione del libro Don Camillo e don Chichì, nel quale l’ormai vecchio parroco non deve più occuparsi di arginare l’avanzata comunista, quanto piuttosto tentare di stabilire un contatto con la inquieta generazione giovanile, assetata di rinnovamento sociale, economico, anche religioso e familiare.

Tanto nel libro quanto nel film, don Camillo si trova alle prese con il giovane viceparroco e i suoi “metodi moderni”; nel libro si respira la constatazione che un’intera epoca volge al tramonto e con essa anche la corrispondente modalità di presenza ecclesiale, ben riflessa nel differente stile dei due sacerdoti. Il film attenua queste considerazioni dal fondo piuttosto amaro, concentrandosi piuttosto sull’esuberanza di una gioventù che non ha conosciuto le ristrettezze della guerra e sulla crisi personale del viceparroco.

La pellicola, di cui si erano cominciate le riprese a Brescello nell’estate 1970, rimase incompleta proprio a causa delle precarie condizioni di salute di Fernandel, poi deceduto nel febbraio 1971: Gino Cervi, in segno di amicizia, non volle proseguire con le riprese. Il film venne comunque girato da un altro regista, con Gastone Moschin e Lionel Stander nei panni dell’arciprete e del sindaco, e uscì nel 1972 senza riscuotere lo sperato successo di pubblico, ormai abituato ai “volti” di Fernandel e Cervi.

Una menzione tutta speciale meritano il libro e il corrispettivo film Il compagno don Camillo. Don Camillo, tramite uno stratagemma, riesce a partire nientemeno che per l’URSS, in compagnia di Peppone ormai senatore e di un manipolo di “compagni” provenienti dalle varie regioni d’Italia (nel film: compaesani “rossi” di Brescello), illustri per lo zelo con cui servono il partito.
Il libro ci propone una fine demolizione dei falsi miti della Russia comunista e una intelligente presentazione del ruolo del sacerdote persino tra le lande dei “senzadio”, con don Camillo che entra man mano in confidenza con ognuno dei compagni italiani, e al contempo si dà da fare per rinfocolare la “Chiesa del silenzio” che geme in quel paesino sulle rive del Don.

Un passaggio che illustra efficacemente la morale del libro potrebbe essere il seguente: «“Trentacinquemila preti!” ruggì Peppone “dopo una rivoluzione che è costata un fiume di sangue e dopo quarantadue anni di tremendi sacrifici!”. “Non ti arrabbiare compagno!” lo tranquillizzò don Camillo […] “Dopo quarantadue anni di lotte sanguinose, il regime sovietico ha conquistato la Luna e il primato atomico mondiale sbaragliando, con la dimostrazione scientifica d’ogni fenomeno naturale e soprannaturale, la superstizione; è diventato padrone assoluto della Russia, dei russi e di non so quanti Paesi satelliti; ha attuato la riforma agraria eliminando dieci milioni di contadini ribelli; ha sterminato la borghesia. E oggi i russi cercano Dio e sacrificano i loro rubli guadagnati faticosamente per aprire chiese e farle funzionare, e mentre […] per far lavorare i contadini bisogna lasciar loro un pezzo di terra personale […], una nuova borghesia sta prendendo il posto della vecchia e diventa sempre più vasta e potente”»1.

Anche il film, assai pregevole, offre parecchi spunti di riflessione: presenta in maniera semplificata, ma soddisfacente, l’astuta opera di don Camillo che “sotto mentite spoglie” riattizza l’anelito alla fede in un numero non indifferente di persone, anche tra i russi.

La pellicola costituisce una resa complessivamente fedele del libro, eccezion fatta per il finale2: nel film troviamo Peppone in talare in procinto di partire per gli Stati Uniti con una comitiva di preti, il libro invece ci propone il compimento della feconda opera apostolica di don Camillo; una fecondità che porta con sé qualche scrupolo per il buon parroco, il quale arriva a schernirsi così: «“Signore” si confidò don Camillo rivolto al Cristo Crocifisso dell’altare maggiore “già da due settimane sono tornato all’ombra del mio campanile, e ancora sento pesarmi nel cuore quell’angoscia che m’ha accompagnato durante tutto il mio viaggio… Angoscia, Signore, non paura. Non c’era motivo d’aver paura. Avevo soltanto motivo di vergognarmi di me stesso. Provavo l’umiliazione del vecchio soldato che, uso a combattere a viso aperto, indossa la divisa del nemico e si insinua nei suoi reparti per spiarne le mosse e per ordire insidie”. […] “Don Camillo, non ti angustiare” rispose con dolcezza il Cristo. “Tu non hai agito così per viltà, o per colpire il prossimo tuo alle spalle, ma per aiutare il prossimo tuo. Se il prossimo tuo muore di sete, rinuncerai forse a recargli il sorso d’acqua che gli ridarà la vita solo perché, per farlo, dovresti mentire l’essere tuo e renderti ridicolo di fronte a te stesso? L’eroismo del soldato di Cristo è l’umiltà e il suo vero nemico è l’orgoglio. Beati gli umili”»3.

Chi vive con Cristo coglie la realtà in tutta la sua profondità, vi si impegna con entusiasmo e lealtà, e anche tra i dolori e le questioni più spinose della vita sa di poter fare affidamento su di Lui.

E’ forse proprio questa la cifra dell’opera di Guareschi: l’afflato che la percorre potentemente e la rende affascinante, anche per un non credente.


1 Giovannino Guareschi, Il compagno don Camillo, p. 169, Monte Università Parma editore, Parma 2008.

2 In un’intervista che compare al link https://www.youtube.com/watch?v=BpA1DBQgfFw i figli di Giovannino Guareschi raccontano del padre. Il figlio riferisce che all’inizio suo padre non era soddisfatto della trasposizione cinematografica, temendo che i suoi personaggi diventassero “gag comici”, svuotando quindi il potenziale messaggio che lui aveva messo in questi personaggi.

3 Guareschi, Il compagno don Camillo, p. 177, op. cit.

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Nato tra le maestose giogaie trentine nel maggio 1996, cresciuto tra i boschi e campi di un grazioso paesino dell’alta Valsugana (sì, quella della canzone degli alpini…), dopo la maturità scientifica, indeciso se entrare in seminario diocesano, si orienta infine alla vita claustrale delle bianche lane. Ha emesso professione semplice nel settembre 2019 e attende ai filosofici studi.