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Vivere da fratelli

La presente riflessione si prefigge lo scopo di chiarire in modo preciso un aspetto molto importante della vita religiosa domenicana: l’essere comunità.

Nella vita religiosa, quando si fa riferimento alla comunità e, più in generale, alla vita comunitaria, è bene distinguere tra i due modi di intendere l’unione tra i membri: uno più esteriore, la vita in comune, che è caratterizzata dall’essere e dall’agire in un certo modo, adeguandosi in modo più o meno fedele alle Costituzioni e Statuti; l’altro più spirituale, cioè la comunione fraterna tra i diversi componenti della comunità stessa, che comporta solidarietà, stima ed affetto reciproci  ed una certa condivisione di ideali. È fuori di dubbio che non esista una comunità di persone cosiddette “perfette”, tuttavia, nonostante i nostri difetti e le nostre debolezze che sono costitutivi della nostra natura umana (che di per sé è limitata), è bene sempre tenere presente che la vita religiosa si configura come un Mistero in seno alla Chiesa ed è espressione di quella grande comunione (koinonia) che il Padre Celeste ha voluto instaurare tra noi uomini per mezzo del Figlio1.

In conseguenza di ciò, ritengo che le diversità personali non debbano costituire un motivo di scontro, bensì di ricchezza, fermo restando il reciproco rispetto che non deve mai venir meno tra le persone.

Natura e fine dell’Ordine Domenicano

Per comprendere più a fondo l’importanza che l’aspetto comunitario riveste nell’Ordine dei Frati Predicatori, risulta utile richiamare il fine specifico per cui tale Ordine religioso è stato voluto da San Domenico ed è stato approvato da papa Onorio III il 22 dicembre 1216.

Per maggior precisione, mi rifaccio ai primi articoli riportati nel Libro delle Costituzioni e delle Ordinazioni dei Frati dell’Ordine dei Predicatori (LCO).

L’Ordine dei Frati Predicatori, infatti, fondato da san Domenico, «fin dalle sue origini è noto esser stato istituito in modo specifico per la predicazione e la salvezza delle anime». Perciò i nostri frati, secondo l’insegnamento del fondatore, «ovunque, come persone che desiderano procurare la propria e l’altrui salvezza, si comportino onestamente e religiosamente, da uomini evangelici che, seguendo le orme del loro Salvatore, parlano con Dio o di Dio al prossimo»2.

[…] Partecipi della missione degli Apostoli, ne seguiamo anche la vita nella forma concepita da s. Domenico, vivendo la vita comune con un cuore e un’anima sola, fedeli nell’osservanza dei consigli evangelici, fervorosi nella celebrazione comune della liturgia, specialmente dell’Eucaristia e dell’Ufficio Divino, e nella orazione privata, assidui nello studio, perseveranti nell’osservanza regolare3.

Da quanto appena detto, emerge chiaramente l’importanza del fattore comunitario nella vita domenicana. Il frate predicatore vive in una comunità assieme ad altri fratelli per portare a compimento  la missione a cui il Signore lo ha chiamato: la diffusione della retta dottrina cristiana per portare gli uomini al vero Dio che si è manifestato a noi tramite il proprio Figlio Gesù Cristo, morto e risorto per la nostra salvezza. Di conseguenza, missione e comunione fraterna sono due aspetti strettamente collegati della vita domenicana. La diffusione del Vangelo, che si esplica concretamente nella predicazione e nell’insegnamento, deriva dall’attività contemplativa: il domenicano contempla e trasmette agli altri ciò che ha contemplato (secondo l’espressione latina contemplari et contemplata aliis tradere).

La vita comunitaria

San Domenico era solito disperdere i suoi frati per le vie del mondo con il compito di annunciare la Parola che salva perché – egli sosteneva – il grano ammassato marcisce, se invece si semina fruttifica4.

Appartiene all’essenza della vocazione domenicana insegnare con la parola e con gli scritti la sacra dottrina e le altre discipline che servono alla diffusione e alla conoscenza della fede5.

Il religioso deve però trovare la forza per proclamare Cristo nella preghiera e deve sperimentare l’Amore di Dio (che, a sua volta, donerà agli altri) nella vita fraterna comunitaria.

È perciò da evitare un certo individualismo che danneggia lo spirito di gruppo. La vita comunitaria, così come è stata concepita dal santo padre Domenico, non è un fatto puramente giuridico, non significa solamente partecipare ad alcuni atti comuni oppure nel vivere nella medesima casa. Vivere in comunità significa vivere insieme ad altre persone secondo uno spirito di vera comunione fraterna e questo comporta condivisione, apertura agli altri, partecipazione con responsabilità e spirito di servizio verso il prossimo. San Domenico voleva che la comunità religiosa fosse per il domenicano la sua famiglia di adozione.

Ciascun frate ha il dovere di contribuire al buon andamento della comunità; perciò nessun religioso deve sentirsi escluso da essa e vivere in modo distaccato, estraniandosi da tutto e da tutti.

Solamente se ognuno si impegna a fornire il proprio apporto alla causa comune, una comunità è “vera casa di Dio”; in caso contrario, è semplicemente un gruppo di persone che vivono sotto lo stesso tetto, prive di uno scopo comune.

«Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Mt 18,20).

Crescere insieme

Il frate domenicano deve crescere sempre più, sperimentando la comunione fraterna all’interno del proprio ambiente di vita.

Per favorire un buon processo di maturazione, è necessario avvalersi di un mezzo molto importante, che costruisce nuove relazioni e rafforza quelle già esistenti: il dialogo. Il dialogo è lo strumento utilizzato da chi vuole essere un missionario che porta Gesù Cristo al mondo. In particolare, il dialogo è l’asse portante della vita del domenicano: il frate predicatore dialoga con Dio attraverso la preghiera, dialoga con i fratelli durante i momenti di incontro e condivisione, dialoga con i suoi confratelli presenti nelle altre comunità e dialoga con tutte le persone che incontra lungo il suo cammino: credenti e non, cristiani, fedeli di altre confessioni religiose, atei.

Il dialogo presuppone una capacità molto importante che deve possedere colui che desidera seguire le orme di San Domenico: l’ascolto dell’altro. Chi sa ascoltare, ama la verità, è umile, ha stima di tutti e non vuole imporsi con prepotenza agli altri ma è consapevole che solo da un incontro amorevole con il prossimo è possibile imparare qualcosa di utile. Il dialogo richiede una relazione tra due o più individui, per cui ognuno dà agli altri, e riceve  a sua volta da loro, secondo un’ottica di reciproco arricchimento. I rapporti interpersonali presuppongono che vi sia, tra i soggetti, il riconoscimento del valore  dell’altro in quanto “persona umana”.

Un altro aspetto fondamentale che deve sussistere in una comunità è la correzione fraterna. Chi sbaglia deve essere corretto da chi gli sta intorno, tenendo sempre fermo il principio di agire in ogni situazione con spirito di carità. Difatti, ognuno è responsabile della vita dell’altro: quando un membro della comunità  progredisce spiritualmente, l’intera comunità ne trae giovamento.

La comunione fra i membri della Famiglia Domenicana

La Famiglia Domenicana è composta dai frati, dalle monache, dalle suore, dai confratelli degli Istituti secolari e dalle fraternite sacerdotali e laicali. Tutti i vari appartenenti a questi rami che, insieme danno corpo a quel grande albero che è per l’appunto la Famiglia voluta da san Domenico, cooperano tra di loro, in quanto uniti da una comune vocazione (chiamata di Dio) e animati da un medesimo fervore apostolico.

I membri facenti parte di ogni componente della Famiglia Domenicana si impegnano a portare la lieta Notizia a coloro che ancora non la conoscono e si nutrono della retta dottrina per compiere la loro missione studiando e contemplando le Sacre Scritture e traendo la propria forza dalla preghiera e dall’Adorazione Eucaristica.

Lo spirito fraterno che fa sì che ogni comunità sia una famiglia, non è limitato alla comunità conventuale ma si estende a tutte le case religiose di una Provincia e, più in generale, a tutte le comunità domenicane dell’Ordine dei Predicatori sparse nel mondo6.

Nell’Ordine religioso fondato da san Domenico, i frati che vi entravano, promettevano obbedienza non ad un singolo convento o comunità religiosa, ma direttamente al Maestro dell’Ordine. In conseguenza di ciò, veniva assicurata una certa mobilità alla comunità internazionale dei Frati Predicatori. Tuttavia, il supremo organo dell’Ordine, a cui tutti dovevano sottostare, era il Capitolo Generale (e non il Maestro dell’Ordine) che aveva pieni poteri giurisdizionali7.

Fin dalle sue origini, quindi, l’Ordine dei Predicatori aveva assunto una forte connotazione comunitaria che si esprimeva (e si esprime tuttora) nella formula pronunciata dal candidato che chiedeva di entrare nel suddetto Ordine: alla domanda rivoltagli dal Priore Provinciale («Che cosa chiedi?»), l’aspirante domenicano rispondeva: «La misericordia di Dio e la vostra».

Il religioso domenicano è inserito in una comunità «fratello tra fratelli». Ed è invitato, in primo luogo, a dispensare misericordia agli altri e a fare esperienza concreta di misericordia donatagli dai confratelli. Lo scopo per cui delle anime consacrate al Signore si siano riunite per vivere in una stessa casa è per servire l’Altissimo «avendo una sola anima e un solo cuore protesi verso Dio». Tutti i religiosi, dunque, devono vivere unanimi e concordi, per onorare reciprocamente  Dio di cui sono fatti tempio8.

Comunione e comunità

La comunione fraterna è la prova della nostra comunione con Cristo. Non abbiamo una reale comunione con Cristo se non viviamo in autentica fraternità tra di noi. Lo spirito comunitario è la condizione essenziale per essere in comunione con Cristo. La carità fraterna, infatti, ha la sua origine e la perfezione in Dio.

Noi religiosi dobbiamo amarci in nome di Dio e per amore di Dio: in fondo è Dio la causa prima per cui abbiamo deciso di lasciare tutto ciò che avevamo per entrare in convento e consacrare interamente la nostra vita alla causa del Vangelo.

Da quanto detto finora, ne possiamo concludere che la vita comunitaria sia un elemento essenziale dell’identità domenicana ed è per tale motivo che questo è il primo aspetto trattato dalle Costituzioni del nostro Ordine.

Le nostre case e i nostri conventi sono le cellule fondamentali e vitali dell’Ordine dei Frati Predicatori in quanto è in esse che si svolge la nostra vita regolare e comunitaria, possiamo dedicarci allo studio, ci nutriamo della preghiera comune e liturgica e realizziamo così la missione cui Dio ci ha chiamati: la sacra predicazione9.


1 Per un utile approfondimento si rimanda a: Alfonso D’Amato, Comunità e Comunione nella vita domenicana – Riflessioni che invitano a riflettere, Edizioni Tipoarte – Bologna 1995, pagg. 9-10.

2 LCO, Costituzione Fondamentale, art. II.

3 LCO, Costituzione Fondamentale, art. IV.

4 LCfr. Libellus de initio Ordinis Fratrum Praedicatorum, n. 47 in: P. Pietro Lippini O.P., San Domenico visto dai suoi contemporanei, ESD, Bologna 1998.

5 LCO, cap. IV – Il ministero della Parola, art. I – Esigenze fondamentali, n. 102.

6 Alfonso D’Amato, op. cit., pagg. 15-21.

7 Cfr. Vladimir Koudelka, Domenico di Caleruega, Convento di San Domenico – Torino 1985, pag. 50.

8 Cfr. Regola di Sant’Agostino, Scopo e fondamento della vita comune (capitolo 1), artt. 3-9.

9 Questo aspetto che ho affrontato nell’ultima parte della mia esposizione è trattato in maniera chiara ed esauriente in: P. Pietro Lippini O.P., La spiritualità domenicana, ESD, Bologna 1987.

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Sono fra Stefano Tommaso Maria Burdese, piemontese, nato il 18 gennaio 1985 a Bra, ridente località del cuneese. Cresciuto sotto la protezione della Madonna dei Fiori, patrona della mia città, ho conseguito il diploma di maturità liceale. Mi piace leggere buoni libri, imparare le lingue straniere e viaggiare, seguo con passione il calcio (sono juventino dalla nascita) e sono un appassionato di numismatica. Professo solenne nell’Ordine dei Frati Predicatori dall'ottobre 2022, mi impegno a seguire con gioia le orme di san Domenico. Frequento la Facoltà Teologica dell'Emilia-Romagna a Bologna. Per contattare l'autore: fr.stefanoburdese@osservatoredomenicano.it