Condividi

Si rimane come attoniti dinanzi ad una figura così imponente. Pare di stare al contempo sul ciglio dell’abisso e alle pendici di un monte altissimo1. Alberto Magno: un baluardo così possente per l’occidente medievale che non si errerebbe nel designarlo come l’Aristotele del pensiero latino.

Particolarmente emblematica per pregnanza contenutistica oltre che per un soddisfacente inquadramento introduttivo pare la seguente descrizione del doctor universalis: “La sua figura si eleva gigantesca e straordinaria nel Medio Evo. Questo domenicano dimostra un’unione armoniosa tra dottrina e azione, che egli realizzò nella sua lunga vita e nella sua lunga carriera di scienziato e di pastore. Infatti egli dedicò interamente le sue forze allo studio della verità, naturale e rivelata, alla pratica delle virtù e all’apostolato più intenso […] La sua attività si estese a tutti e a tutto: insegnamento e predicazione, governo e riconciliazione, confutazione degli errori e difesa della fede2.

Una personalità poliedrica dunque che consente di annoverare Alberto come una tra le personificazioni più fulgide, composite e ricche dell’ideale domenicano.

Tra i vari percorsi possibili per avvicinarsi alla figura di questo santo, vescovo e dottore della Chiesa, si percorrerà quello atto a mostrare il ruolo centrale che ebbe Alberto Magno quale conciliatore tra aristotelismo (o peripatetismo) e cristianesimo, mostrando come il patrimonio aristotelico possa ben innestarsi sul tronco della scolastica latina senza che essa venga inficiata quanto agli elementi fondamentali della sua tradizione3.

Anzi, l’opera di Alberto contribuì a chiarire non semplicemente che l’aristotelismo, epurato degli elementi extra-aristotelici connessi alla revisione araba, non avrebbe arrecato alcun danno alla fiorente scolastica4, ma che, al contrario, avrebbe potuto costituirne un valido fondamento teoretico, aprendo orizzonti vastissimi per l’indagine speculativa filosofico-teologica. Fungere cioè da impianto speculativo alla ricerca scolastica, ossia alla comprensione filosofica della verità rivelata. Più in generale, si potrebbe asserire che il secolo XIII in cui operò Alberto Magno fu proprio il momento in cui il pensiero cristiano prese coscienza delle sue profonde implicazioni filosofiche.

Contesto storico-culturale e note biografiche

Ciò che rileva sottolineare non è semplicemente il contesto storico entro cui visse e operò Alberto Magno, bensì in che modo quello specifico periodo storico fu solcato da determinanti fenomeni culturali.

L’opera di Aristotele già nei primi decenni del XIII secolo (insieme ai commenti del filosofo arabo Averroè, operante nella Spagna musulmana) giunse nell’occidente latino – ad opera soprattutto degli speculativi arabi – quindi iniziò ben presto la monumentale opera di traduzione o dall’ebraico al latino o dall’arabo al latino e, in seguito, dal greco originale di Aristotele al latino. Questa fu l’epoca della cosiddetta Traslatio studii, grazie alla quale ormai tutto l’occidente latino ebbe accesso agli scritti di Aristotele5 tradotti.

Era il tempo di massimo splendore della teologia scolastica e l’arrivo di opere aliene, quali erano quelle aristoteliche, creò non pochi squilibri. La reazione dell’autorità ecclesiastica che, in questo tempo – è bene ricordarlo – svolgeva un ruolo assolutamente primario, fu perentoria. Ben quattro volte la Chiesa si espresse condannando le opere di Aristotele, dunque proibendone la diffusione e lo studio.

Dopo la prima condanna sancita al concilio provinciale di Parigi del 1210 si dovettero attendere gli anni cinquanta del XIII secolo prima di intravedere un’apertura, ancorché parziale, che consentì ad alcune opere aristoteliche di entrare a far parte dei curricula delle principali realtà universitarie europee, non solo Oxford e Tolosa – ove già Aristotele si iniziò a studiare precedentemente rispetto al venir meno delle condanne, ciò a causa della minore influenza papale in questi due centri -, ma soprattutto a Parigi. In modo estremamente sintetico si potrebbe affermare: il fulcro era la strenua opposizione dei censori ecclesiastici all’emancipazione della filosofia dalla teologia. La prima aveva ragion d’essere solo se in funzione della seconda: di qui l’identificazione della filosofia come “ancilla theologiae” (ancella della teologia, cioè concepibile solo funzionalmente rispetto alla teologia).

Questi, in massima sintesi, alcuni aspetti del contesto storico-culturale in cui visse e operò Alberto Magno. Ora alcuni cenni biografici6.

Alberto nacque a Lauingen, in Svevia, verso la fine del secolo XII, presumibilmente nell’anno 11937. A circa vent’anni si recò a Padova per lo studio delle arti liberali e qui, conosciuto l’allora Maestro Generale dell’Ordine dei Predicatori, Giordano di Sassonia, maturò la decisione di entrare nell’Ordine. Nel 1229 ricevette l’abito domenicano.

Poco dopo Alberto venne inviato a Colonia dove attese agli studi teologici, qui ricevette gli ordini sacri. In breve tempo dimostrò notevolissime doti intellettuali, accompagnate da una grande attitudine contemplativa, pertanto, in breve tempo, ottenuto il baccellierato, proseguì nella carriera accademica divenendo maestro in teologia alla celebre università di Parigi: era l’anno 1245. In seguito, a partire dal 1248 venne nuovamente mandato a Colonia per fondarvi uno studium generale del quale divenne reggente, fino al 1254. Qui fu maestro di Tommaso D’Aquino che, a quel tempo, si trovava proprio a Colonia per gli studi istituzionali. In questo stesso anno venne eletto priore provinciale della provincia domenicana teutonica e partecipò ai capitoli generali di Milano (1255) e di Parigi (1256).

Cessato l’incarico di provinciale, nel 1257, Alberto ritornò a Colonia per riprendere l’insegnamento e, proprio in questo periodo, contribuì alla redazione della ratio studiorum domenicana (disposizioni concernenti l’attività dello studio nell’Ordine). Il 5 gennaio 1260 il papa Alessandro IV nominò Alberto vescovo di Ratisbona, incarico che svolse con notevole zelo, dedicandosi alla restaurazione, anche economica, e alla riorganizzazione, della diocesi.

Nel novembre 1261, concluso il riordinamento della diocesi Alberto chiese al papa Urbano IV di essere esonerato dal vescovato e, ottenuto il permesso, si recò in Italia ove venne ospitato nella curia papale. Qui si dedicò alla formazione e alla redazione di diverse opere scientifiche. Nel frattempo ricevette anche l’incarico di predicatore della crociata in Germania (1263-64) e di paciere per alcune controversie che coinvolsero la città di Colonia. Alla morte del papa Urbano IV, Alberto, terminati gli incarichi affidatogli, si recò a Strasburgo (grande centro di studi per l’Ordine) dove nuovamente si distinse per il suo magistero e per la continua attività pastorale.

Ritornato in seguito a Colonia accanto ad altre attività diplomatiche si dedicò prevalentemente allo studio e alla ricerca. Morì a Colonia, nel convento della Santa Croce, il 15 novembre 1280.

Il corpo del santo si trova oggi nella chiesa di Sant’Andrea a Colonia. Fu beatificato da Gregorio XV nel 1622 e nel 1931 Pio XI lo proclamò santo e dottore della Chiesa. In seguito, nel 1941, papa Pio XII proclamò Alberto Magno patrono dei cultori di scienze naturali.

Naturalmente, nel presente contesto, non è possibile menzionare tutte le singole opere scritte da Alberto Magno nel corso della sua vita, collocandole in modo diacronico e/o tematico; rinviando ad autonomi eventuali approfondimenti ci si limita ad indicare il numero delle opere a lui attribuite: più di cento, che vanno a coprire quasi del tutto le discipline sacre e profane, costituendo indubbiamente la più maestosa attività letteraria che il Medioevo conosca.

Artefice di un «aristotelismo cristiano»

Quando si individua in Alberto Magno un nuovo Aristotele dell’occidente è possibile farlo pertinentemente ma con le dovute precauzioni. Anzitutto, è opportuno precisare che Alberto non è un commentatore di Aristotele: se così fosse si sarebbe accontentato di studiare il testo dello Stagirita prestando particolare attenzione alla sua intelligibilità. Non essendo commentatore Alberto non è neppure scriptor (scriba, copiatore) e compilator (non si limita a realizzare un’opera compilativa). È piuttosto auctor, ossia rielaboratore del pensiero aristotelico cosicché questo, fungendo da solida ed insostituibile base, potesse costituire un terreno idoneo per formulare un proprio pensiero. Alberto compie cioè un tentativo di sistematizzazione del corpus aristotelicum arricchendolo di spiegazioni, rilevando i dubbi, liberandolo di tutte le “incrostazioni” apportate dai commentatori arabi, così da giungere ad un aristotelismo depurato in grado dunque di essere assimilabile dalla tradizione della scolastica latina.

Ebbene, Alberto fu il primo vero speculativo del pensiero aristotelico in occidente; prima di lui se è vero che altri raffinati studiosi, tra cui Guglielmo d’Auxerre, Rolando da Cremona, Alessandro d’Hales etc., si cimentarono con le opere aristoteliche giunte in occidente è anche vero che non vi fu in essi una reale integrazione nel pensiero di ciascuno della filosofia aristotelica. Essi potevano dirsi compilatori, commentatori, ma non auctores (di qui il termine auctoritas, che spettò nel Medioevo e oltre ad Alberto Magno e non soltanto a lui) secondo il senso predetto.

È bene rimarcare che se da un lato gli speculativi arabi ed ebrei contribuirono ad offuscare e arruffare il primigenio impianto aristotelico, dall’altro contribuirono a ripresentarlo all’attenzione dell’occidente, dopo secoli di relativa incuranza.  Alberto, naturalmente anche grazie alle sue eccelse capacità intellettive, riuscì a cogliere l’attimo. Non solo Alberto constatò tutta la portata e il valore per la teologia latina del pensiero aristotelico ma, al contempo, avvertì che la ritrosia dei teologi rispetto alle opere aristoteliche era erroneamente fondata.

Non v’è dubbio che l’impianto filosofico neo-platonico riscontrasse un maggior seguito, del resto per secoli i Padri della Chiesa, uno tra tutti, Agostino d’Ippona, imperniarono il proprio sistema teologico su questa base filosofica. Tuttavia, Aristotele venne inizialmente respinto perché non si conobbe il vero Aristotele, ma quello deformato. Questo, Alberto lo comprese benissimo.

Per tale ragione, fruendo anche delle vastissime conoscenze letterarie della filosofia arabo-giudaica e delle scienze medico-naturali, Alberto, per primo, rese accessibili nella loro purezza le opere dello Stagirita8 garantendone così e la possibilità di controllo quanto all’assimilabilità nella tradizione scolastica latina e una più sistematica esposizione in trattazioni monografiche (non paragonabile comunque alla sistematizzazione e alla profondità speculativa che caratterizzeranno l’approccio di Tommaso D’Aquino).

Secondo questa prospettiva Alberto Magno può essere considerato l’innestatore dell’aristotelismo nella tradizione scolastica latina senza tuttavia dimenticare che la filosofia pur essendo indispensabile in ordine all’indagine teologica, non rivestiva una funzione solamente ancillare, ma andava via via formandosi una coscienza autonoma, non più solo strumentale, della filosofia.

Così, grazie all’enorme opera di Alberto Magno, seguita dalla brillante operazione di ordinamento compiuta da Tommaso, ben presto la filosofia aristotelica si diffuse in tutte le scuole e le università dell’occidente aprendo così un orizzonte pressoché sconfinato per la speculazione filosofica e teologica9.


1 Occorre subito premettere che il presente scritto si pone modestamente il fine di fornire soltanto alcuni cenni sulla figura di sant’Alberto Magno, senza alcuna pretesa esaustiva. Ciò considerando in primo luogo la vastità del campo d’azione, delle opere e del pensiero di Alberto Magno nonché la complessità delle tematiche da lui affrontate, che si estendono dalla mineralogia alla finissima speculazione teologica, dalla matematica all’esegesi biblica…Tutti aspetti che non sono neppure lontanamente affrontabili esaustivamente in poche righe. Questo scritto ha piuttosto lo scopo di mostrare alcuni tratti peculiari di una figura straordinaria e insigne dell’Ordine dei Predicatori, probabilmente insuperato per vastità di sapere, sia in ambito sacro che profano; una finissima intelligenza pratica e speculativa vissuta nelle vesti di pastore indefesso del gregge di Cristo.

2 Paul Gundolf Gieratis, o.p., Sant’Alberto Magno – l’uomo e il pensatore, in Studia Universitatis S. Thomae in Urbe, serie theologica, n. 15, Pontificia Università di S. Tommaso D’Aquino (a cura di). Ed. Milano: Massimo, 1982, pp. 25-26.

3 Il fatto che si intenda focalizzare l’attenzione, ancorché sommariamente, su questo particolare ruolo che ebbe Alberto non significa che esso sia il profilo più rilevante. Un’eguale trattazione richiederebbe l’attività pastorale compiuta con grandiosa solerzia da questo santo, così come l’attività di scienziato-naturalista che lo impegnò per tutta la vita.

4 Al solo scopo di fornire un accenno, affatto esaustivo ma si spera minimamente chiarificatore, per filosofia scolastica può essere intesa il sistema filosofico-teologico che andò via via delineandosi nell’occidente latino a partire dal IX sec. (proto-scolastica), sino alla massima fioritura dell’impianto scolastico avvenuta nel XIII sec. – è questa la fase che più riguarda la presente trattazione – per poi giungere, a partire dal XIV sec. con la cd. tarda-scolastica. La scolastica può essere intesa come filosofia cristiana per antonomasia? A grandi linee, in questa sede, potremmo dire di sì, sebbene la questione non sia così lapalissiana, essendo stata oggetto di rilevanti dibattiti.

5 Ci si riferisce unicamente alle opere di Aristotele. Occorre puntualizzare a tal proposito che il corpus platonicum (tutte le opere di Platone) ebbe una diffusione assai ridotta nell’occidente latino medievale (probabilmente soltanto il Timeo, grazie ad una traduzione del IV sec. d.C. operata da Calcidio, fu l’unico dialogo platonico accessibile), al contrario delle opere di stampo platonico (neo-platonismo). Tra queste ultime, ad esempio, è da menzionare il corpus aeropagiticum (tutte le opere di Dionigi Pseudo-Areopagita), che già a partire dal X secolo fu conosciuto in occidente, grazie alla traduzione di Giovanni Scoto Eriugena. Per una prima e completa traduzione dell’intero corpus platonicum si dovrà attendere l’età umanistica, in particolare la colossale traduzione di Marsilio Ficino. Invece, il corpus aristotelicum già entro la prima metà del XIII sec. fu completamente tradotto in latino, dunque reso accessibile.

6 Verranno presentati soltanto i passaggi determinanti della vita del santo; si rinvia il lettore che intendesse maggiormente approfondire talune o talaltre peculiarità biografiche ai seguenti testi: una tra le biografie più dettagliate e attendibili è Fredegando Callaey, o.f.m. cap., Voto sopra la vita del B. Alberto Magno, in Analecta Sacri Ordinis fratrum Praedicatorum, anno 40, vol. XX, fasc. 1, gennaio-febbraio 1932, pp. 473-530. In alternativa, per una biografia ugualmente valida, sebbene non di pari approfondimento, è possibile consultare: Angelo Walz, o.p., Alberto Magno, in Bibliotheca sanctorum, vol. I, pp. 700-716. Per una lettura di carattere maggiormente narrativo ma ben documentata si rimanda a: Girolamo Wilms, o.p., Alberto Magno. Ed. Bologna: Studio Domenicano, 1931 (riedito da Edizioni Studio Domenicano, anno 1992).

7 Sulla data di nascita ci sono posizioni differenti, alcuni propendono per l’anno 1206. Qui tuttavia si considererà per valido l’anno 1193, considerando anche che, come rileva F. Calley, op. cit., la tradizione Coloniese afferma che Alberto aveva abbondantemente superato gli ottant’anni quando morì nel 1280.

8 È da rilevare che la rielaborazione aristotelica di Alberto Magno non fu del tutto priva di errori. Si riscontrano talvolta errori storici talaltra strascichi di influssi neo-platonici (il lettore interessato potrà approfondire sul punto, ad esempio, il tema della cd. inchoatio formae). Anche per queste ragioni, qui solo abbozzate, il pensiero albertino necessitò di una più puntuale sistematizzazione che venne operata proprio dal suo discepolo, Tommaso D’Aquino. Non è da dimenticare tuttavia che se è vero che Tommaso realizzò una mirabile sintesi del pensiero del suo maestro, risponde anche a verità che il discepolo poté compiere ciò a partire da un immane lavoro già compiuto da Alberto, pur non utilizzando tutto il materiale raccolto ed elaborato da quest’ultimo.

9 Sui temi trattati sinteticamente in questo secondo paragrafo si rinvia, per ulteriori approfondimenti a: Etienne Gilson, La filosofia nel Medioevo – dalle origini patristiche alla fine del XIV secolo. Ed. Firenze: Sansoni, 2004; Paul Gundolf Gieratis, o.p., op. cit.; Nicola Abbagnano, Storia della filosofia, vol. I – filosofia antica, filosofia patristica e filosofia scolastica. Ed. Torino: Utet, 1982, cap. XIV, pp. 521 ss.; Girolamo Wilms, o.p., op. cit. e, in particolare sul tema della diffusione delle opere aristoteliche, per un minimo quadro introduttivo, si rinvia a: Giovanni Reale, Storia della filosofia antica. Ed. Milano: Vita e Pensiero, 1979, vol. II, parte seconda, sez. quinta, p. 455 ss.

Non perderti nessun articolo!

Per restare sempre aggiornato sui nostri articoli, iscriviti alla nostra newsletter (la cadenza è bisettimanale).