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Pregare sempre? Come si fa? Con tutto quello che c’è da fare nelle nostre giornate?

L’obiettivo di questa piccola riflessione è quello di riscoprire la necessità della preghiera secondo i suggerimenti che ci offre un personaggio molto conosciuto del nostro Ordine, ma sempre guardato con occhi sospetti: Girolamo Savonarola. Non approfondiremo qui la sua storia perché l’intento non è quello di produrre un suo ritratto agiografico, ma solo suggerirvi uno spunto di meditazione, attingendo al suo Itinerario Spirituale1.

Pregare sempre: OSO e BPS

Savonarola fonda tutta la sua esortazione alla preghiera sulla frase del capitolo 18 del vangelo di Luca che, resa in acronimo, suona: OSO, ossia Oportet Semper Orare: Occorre Sempre Orare,  oppure più facile: BPS, Bisogna pregare sempre, ma anche il Buon Pastore seguire.

L’orazione è un habitus e l’habitus è qualcosa che ci perfeziona esercitandosi, è un allenamento che migliora il nostro spirito. Infatti la ripetizione dell’orazione come la ripetizione degli allenamenti di calcio, di una ricetta, di un lavoro che porta ad un miglioramento, ci abitua a fare una certa cosa, intesa come una cosa utile, dilettevole e che implica una certa difficoltà. Quindi esercitarsi nell’orazione perfeziona il nostro modo di pregare: per questo occorre pregare sempre.

Come si legge nel Vangelo:

«Gesù disse loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi2

E ancora, per alcuni che presumevano di esser giusti e disprezzavano gli altri:

«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo.” Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore.” Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell’altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato3

Partendo dall’acronimo, affronteremo il discorso in tre parti:

Oportet: la necessità della preghiera e benefici che ne derivano;

Semper: la perseveranza;

Orare: qualità e natura della preghiera.

Necessità della preghiera e suoi benefici

Prima di tutto la necessità di pregare ci viene mostrata da Dio tramite un precetto che svela come ciascuno è chiamato a trovare la propria salvezza e quella del prossimo solamente in Dio tramite la preghiera. La preghiera unisce creatura e Creatore.

La necessità della preghiera nasce anche da una disposizione del cuore, ci si riconosce umili e mancanti di qualcosa che solo un Padre attento alle nostre esigenze sa dare. Ma per riconoscersi tali bisogna scandagliarsi nel profondo, conoscersi perché, come diceva Sant’Agostino, il Signore è intimior intimo meo, è più intimo del nostro intimo, perciò lì dobbiamo cercarlo.

Una terza necessità di pregare sgorga, (per inciso: bello questo termine del campo semantico dell’acqua: il fiume in piena della carità che trabocca dando vita ai rigagnoli delle nostre preghiere), dall’amare il prossimo come noi stessi e quindi avere a cuore tutte le anime di coloro che hanno smarrito la strada per arrivare alla sorgente di questa acqua viva.

La quarta ragione è il grande vantaggio che ne deriva, anzitutto essa eleva la nostra anima a Dio e la mette in una posizione di sicurezza con un senso di protezione e quiete che è intraducibile se non rimandandovi alla sensazione che ci dà un abbraccio di una persona cara, di una mamma o di un papà o dei nonni, o di una moglie o di un marito o di un amico.

Quinta ragione di necessità della orazione è che rende le cose della vita più dilettevoli, o perlomeno dà forza di sopportarle. Diletto viene da diligere, amare. Dalla Carità somma che è Dio attingiamo amore.

In conclusione, la preghiera è necessaria per vedere il Padre, per metterci in contatto con Dio, per la salvezza anche del prossimo, per riconoscerci umili e bisognosi, per elevare la nostra anima a Dio e per vedere tutte le cose con uno sguardo di benevolenza.

Vi sono poi i benefici che la preghiera porta, che secondo il Savonarola sono sette:

  1. Ci rende solleciti a perseguire le virtù, perché la sollecitudine verso Dio ci tiene lontani dal peccato e dal servire il principe di questo mondo.
  2. Ci rende pieni di fervore che non è altro che la testimonianza della gioia di essere cristiani, come peraltro spesso papa Francesco ricorda (parafrasandolo: Guai ai cristiani dal muso lungo!): la preghiera toglie le rughe della tristezza sui nostri volti. San Domenico, secondo concordi testimonianze, cercava sempre di essere ilare e tenere su di morale i suoi frati.

Il fervore infine ci rende apostoli anche senza troppe parole ma coi fatti, secondo la frase attribuita a san Francesco: siate testimoni del Vangelo, se necessario anche con le parole.

  1. L’orazione ci mette nella condizione di rivolgerci a Dio non per forza ma volentieri. Come raccomanda san Paolo nella seconda lettera ai Corinzi al capitolo nono: «Dio ama quelli che danno o servono non per necessità ma volentieri, con gioia4
  2. Quarto vantaggio è la speranza che Gesù ci dà, poiché ha promesso di esaudire le nostre preghiere.
  3. La pazienza nelle tribolazioni perché sappiamo che Cristo soffre con noi, perché ci ha dimostrato

come per amore si è preso su di sé tutta la sofferenza del mondo: perché nessuno potesse avere alcunché da ridire (Ahinoi, quant’è meschino l’uomo persino nelle realtà più sublimi!) l’ha fatto incarnandosi e divenendo uomo come noi.

    1. La preghiera ci rende familiari di Dio: che bello poter dialogare con Dio come amici, in intimità.
      7. Ultimo dei vantaggi, e questo ognuno di voi lo potrà sperimentare è che bussando alla Sua porta troveremo sempre aperto.

La perseveranza

Bisogna intendersi bene su cosa voglia dire pregare sempre, perché mi sembra già di vedere i vostri pensieri che puntano diritto verso il certosino chiuso nella sua cella in silenzio e al monaco che passa le sue giornate a pregare, e sono certo che aggiungiate: «Non hanno niente da fare tutto il giorno!» (il che è tutto da dimostrare comunque…) oppure: «È il loro mestiere.»

Ma noi? Impegnati con una famiglia, nel lavoro, nello studio, con tutte le preoccupazioni e le ansie, come possiamo intendere pregare sempre? Non può essere solo una pia ma irrealizzabile massima!

Ci viene in aiuto san Tommaso che è citato anche dal Savonarola: possiamo intendere questo pregare sempre riferendolo al desiderio della carità che spinge l’uomo a ricorrere alla preghiera. Ancora più semplicemente possiamo dire che è il nostro desiderio continuo della carità.

L’habitus di cui abbiamo parlato prima rimane in noi anche quando materialmente non recitiamo le preghiere codificate della Chiesa o le nostre devozioni, pur fondamentali, lasciando in noi la radice della carità che non è altro che il toccare con mano l’amore di Dio.

Questo OSO, come ho detto prima, occorre sempre orare, poi è da intendersi anche nel senso di operare sempre onestamente, quindi bene. In tutto quello che faccio deve esserci orazione come ci ricorda l’apostolo Paolo: «Sia dunque che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio5»

Mi tornano sempre in mente le parole di san Josemaria Escrivà, fondatore dell’Opus Dei, che insegnava a trovare Dio nella vita quotidiana, nel lavoro, nelle azioni di tutti i giorni. Come i girasoli che si orientano verso il sole durante la giornata, così noi dobbiamo orientare a Dio ogni nostra azione.

Quanto alle orazioni cosiddette vocali, san Tommaso dice che devono essere lunghe quanto occorre al loro fine; per fare un esempio possiamo pensare a quando abbiamo la febbre: se siamo indisposti non prenderemo dieci tachipirine tutte insieme ma una soltanto. Così come se invece dobbiamo fare una lunga passeggiata in montagna non ci porteremo da mangiare solo una caramella. Ci vuole dunque misura!

La preghiera è auspicabile sia sostenuta dal fervore: non tanto emotivo, quanto come atto della volontà che decide di dare tempo per Dio, magari senza troppe parole, come ammonisce Gesù6.

Le preghiere siano come saette verso il cielo, secondo l’esempio dei monaci dei primi secoli.

Impariamo a pregare ogniqualvolta ne sentiamo il desiderio senza per forza dover guardare l’orologio per tirare qualche minuto in più. Basta anche un sospiro, una lacrima, ma esercitiamoci a farlo spesso. Non è il quanto ma il come. A volte pregare è stare in silenzio come Maria e Giovanni ai piedi della Croce.

Qualità e natura della preghiera

Prima di tutto occorre trattare quali sono i frutti principali della preghiera: il merito, l’impetrazione e la dolcezza o consolazione spirituale.

Il merito è direttamente proporzionale alla carità che ci mettiamo nell’orazione.

Per essere impetratoria (=che ottiene mediante suppliche) oltre che sulla carità deve fondarsi sulla umiltà: noi non meritiamo niente e tutto quello che otteniamo è PGR, per grazia ricevuta. Noi siamo solo uno strumento che compie il bene, non siamo il bene. E’ come se il martello si gloriasse nei confronti del fabbro per l’opera ben riuscita: che ridicolo!

Cosa domandiamo poi nella preghiera? Prima di tutto cose non contrarie alla salvezza e poi cose per sé e per il prossimo: quand’anche non venissero esaudite almeno si accrescerebbe il nostro merito.

Non dobbiamo domandare con fretta, Dio non è un erogatore di servizi, al quale rivolgersi numerino alla mano.

E non dobbiamo arrabbiarci o scoraggiarci se non esaudisce subito le nostre richieste o se ci sembra non risponda prontamente: la prova nella fede è uno dei modi di camminare verso la vita eterna. E poi, Dio sa meglio di noi ciò che ci occorre e ciò che invece in realtà ci nuoce.

Come ci apprestiamo alla preghiera? Con la disposizione del cuore adeguata. Provo a spiegarmi. Prima di tutto è bene distaccarlo dalle cose terrene, non è facile lasciare da parte le preoccupazioni, proviamo a fare pace nel nostro intimo. Proviamo a pensare che tutto sia futile se non l’amore di Dio. In un secondo momento ripensiamo a tutte le opere di misericordia che abbiamo compiuto di recente, e se non ne troviamo proviamo a fare dei propositi.

Terzo passo, cominciamo a contemplare la vita e la passione di Cristo, come se fossimo fisicamente presenti in quei momenti.

Ora siamo in piena sintonia con Dio e possiamo aprire a lui nostro cuore.

Non ci sono formulari preconfezionati che posso suggerirvi, lasciatevi ispirare perché la preghiera è individuale e intima.


1 Savonarola G., Itinerario spirituale, ESD, Bologna 1993.

2 Lc 18,1.

3 Lc 18,9-14.

4 2 Cor, 9,7.

5 1 Cor 10,31.

6 Cfr. Mt 6,7.

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Nato il 18/09/1988 tra le risaie della Lomellina nella Diocesi di Vigevano ma in provincia di Pavia (ci tengo a dirlo). Cresciuto sotto il campanile del paese e in oratorio tirando calci al pallone. Dopo aver completato il liceo a Vigevano, ho frequentato l'università di Pavia, in particolare in orario aperitivo. Ho speso gli ultimi dieci anni della mia vita come educatore per la Diocesi di Vigevano e la mia parrocchia, tra centinaia di ragazzini che ormai guidano tutti la macchina. Ma la felicità vera è arrivata solo abbracciando l'abito domenicano, divenendo professo semplice il 12 settembre 2020. Per contatto e-mail: biasibettiop@outlook.com