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Molto si è scritto e dibattuto, anche in tempi recenti circa la figura del domenicano Maestro Eckhart, soprattutto per certune sue tesi alquanto ardite. Insieme al beato Enrico Susone e a Giovanni Taulero rappresenta il vertice di quella esperienza a cavallo tra filosofia e fede che si è soliti identificare come mistica renana, con riferimento all’ambito geografico tedesco in cui si sviluppò.

Non vogliamo entrare nel merito delle legittime diatribe circa l’intero pensiero di Eckhart, ma ci limiteremo a considerare – quale spunto di meditazione – alcune sue considerazioni circa il distacco, oltre alla sua vicenda biografica e ad un rapido inquadramento del suo pensiero.

La vita

Maestro Eckhart nacque intorno al 1260 in Turingia nella città di Hochheim e morì molto probabilmente nel 1328 ad Avignone. Entrò nell’ordine dei frati Predicatori, i domenicani, nel convento di Erfurt dove compì il noviziato.

Approfondì la teologia nello Studium generale domenicano a Colonia, luogo in cui poté respirare gli insegnamenti del grande dottore Alberto Magno che precedentemente vi aveva insegnato.

Successivamente a Parigi iniziò l’attività accademica svolgendo l’incarico di lettore delle Sentenze di Pietro Lombardo, cioè svolgeva il compito di commentare e interpretare quella che all’epoca era la più completa e autorevole sintesi della dottrina teologica. «Eckhart, come Tommaso d’Aquino, ricevette per ben due volte – fatto veramente notevole – il mandato di magister actu regens (ordinariato) all’università di Parigi»1.

Eckhart ebbe anche compiti di governo:

«Dal 1294 al 1298 è priore del convento di Erfurt e vicario della Turingia. Nel 1303 è nominato priore provinciale della provincia domenicana di Sassonia. Nel 1307 è nominato vicario generale per la provincia domenicana della Boemia. Ancora, nel 1324, a Strasburgo, ricopre l’incarico di vicario generale con la giurisdizione sui monasteri femminili dell’ordine dei predicatori»2.

Il pensiero

Grazie a quest’ultimo ministero Eckhart poté approfondire la spiritualità del mondo religioso. Un elemento comune che riscontrò presente nei monasteri femminili fu la pratica di un ascetismo molto duro. Lo scopo era quello di «uccidere la propria volontà e di predisporla alla grazia divina»3, ma a volte tali comportamenti sfociavano in forme estreme come per esempio la auto-flagellazione con catene di ferro.

Eckhart, di fronte a tali atteggiamenti, con il suo apostolato trasmise invece un altro modo di impostare e vivere la vita religiosa. Infatti la sua predicazione era incentrata sul moderare le forme di penitenza esteriori per mettere al primo posto la mistica e la vita interiore. Le religiose, che «già vivevano in un’aura di idee mistiche»4, risposero con interesse alla predicazione del domenicano. Inoltre, essendo consapevoli delle competenze intellettuali e teologiche di colui che le istruiva spiritualmente, riponevano una serena fiducia nella loro guida. Infatti la mistica elaborata da Eckhart è fondamentalmente una mistica speculativa che può essere descritta con l’ausilio della filosofia neoplatonica, che però «non manca della profondità del vissuto»5.

Per Eckhart la predicazione è stato il mezzo privilegiato attraverso cui esprimere le proprie intuizioni teologiche e filosofiche.

Quanto agli scritti, a volte per comodità l’opera eckhartiana si distingue nettamente in due blocchi: «l’opera latina e l’opera tedesca, l’una teologica e scolastica, l’altra mistica o spirituale»6. In realtà questa contrapposizione non ha un fondamento storico poiché nell’ambiente culturale dell’epoca non era così marcata come lo è stato a partire dalla modernità. Vi è dunque una continuità tra le opere latine accademiche e i sermoni scritti in tedesco destinati a un pubblico di media cultura, ed è proprio in questi ultimi lavori che compare «tutta la potenza persuasiva insieme alla profondità di speculazione del pensatore»7.

Nel pensiero di Maestro Eckhart non vi è una chiara sistematicità. Cionondimeno vi sono degli argomenti ricorrenti e disseminati in tutte le sue opere che costituiscono la base teoretica su cui si appoggia la sua dottrina:

«Nel sermone Misit dominus manum suam, è lo stesso Eckhart che elenca queste tematiche usuali: 1) il distacco; 2) il dovere che l’uomo ha di risolversi nella semplicità del bene divino; 3) la grande nobiltà che Dio ha messo nell’anima dell’uomo; 4) la chiarezza inesprimibile della natura divina»8.

Il Distacco

Il Distacco è l’argomento più originale sviluppato dal mistico renano, è un elemento fondamentale della spiritualità dell’autore. Infatti è solo attraverso il distacco da ogni determinazione finita che l’uomo riesce a risolversi in Dio e formare con l’Assoluto una cosa sola. Nel trattato Del distacco Eckhart afferma che è Dio stesso il supremo distacco e che quindi l’uomo raggiunge la piena libertà solo unendosi con Dio.

Per esprimere il concetto che in Dio non vi sono né determinazioni né mancanze, cioè che «Dio non manca di nulla»9, il teologo renano usa l’espressione che Dio «è una negazione della negazione»10ovvero una affermazione assoluta. Infatti diversamente da una determinazione finita, ovvero da una affermazione positiva, ricavata dalla differenza con un’altra determinazione, Dio è l’assoluto positivo a cui non si può né aggiungere, né togliere alcunché di relativo.

Eckhart nell’elaborare questi argomenti segue la concezione panenteistica, ovvero che tutti gli enti creati sono in Dio perché mantenuti nell’essere e nell’esistenza dal Creatore:

«Tutto è in Dio e Dio è in tutto perché il mondo non si aggiunge a Dio, né Dio si aggiunge al mondo. “Tutte le cose insieme a Dio non sono più di Dio solo” (Predica Verbum): affermazione assolutamente incontrovertibile in metafisica, giacché se Dio è l’Assoluto, nulla si aggiunge all’Assoluto e l’Assoluto non si aggiunge a nulla; Dio più mondo fa ancora Dio»11.

Però questo processo di semplificazione non porta a un estraniamento dalla creazione. Al contrario quanto più l’uomo è unito a Dio, tanto più è unito a tutto ciò che è mantenuto nell’essere dal Creatore. In ultima analisi il distacco è un «coinvolgimento più perfetto con il mondo, perché è il cogliere il mondo come Dio lo coglie»12. Detto con altre parole, il fine del distacco è la divinizzazione dell’uomo, grazie ad esso l’uomo partecipa della vita divina fino a «diventare per grazia ciò che Dio è per natura»13.

Le affermazioni con cui il mistico renano descrive l’unione dell’anima con Dio, sono apparse lungo i secoli, e lo sono tuttora, molto sconcertanti. L’anima quando raggiunge il massimo grado di unione con Dio viene assimilata a tal punto dall’Essere Assoluto da diventare il suo stesso essere. Sembrerebbe che l’anima perda la sua individualità in questa unione che riguarda l’essere e l’essenza.

Analizzando gli atti del processo intentato contro Eckhart, la maggior parte degli studiosi è giunta alla conclusione che le principali affermazioni di Eckhart ritenute eretiche dagli inquisitori e quindi condannate, in realtà furono estrapolate dal contesto e dall’insieme del pensiero eckhartiano. Quindi sosteniamo il pensiero di Eckhart riguardante il distacco, con la stessa frase che il suo discepolo Taulero utilizzò per difendere il maestro dalle accuse di eresia: «egli parlava dal punto di vista dell’eternità, e voi avete inteso secondo il tempo»14.


1 G. Barzaghi, Maestro Eckhart. Invito alla lettura, San Paolo, Milano 2002, pp. 7, 8.

2 Ivi, p. 8.

3 K. Ruh, Meister Eckhart. Teologo – predicatore – Mistico, trad. it. M. Vannini, Morcelliana, Brescia, 1989, p. 164.

4 Ivi, p. 166.

5 G. Barzaghi, Eckhart, Susone e Taulero: la predicazione mistica in: L’Ordine dei Predicatori, a cura di G. Festa e M. Rainini, Laterza, Bari, 2016, p. 122.

6 A. de Libera, Introduzione alla Mistica Renana, trad. it. A. Granata, Jaca Book, Milano, 1998, p. 178.

7 G. Barzaghi, Maestro Eckhart. Invito alla lettura, cit., p. 12.

8 Ivi, p. 13.

9 Ibidem.

10 Ibidem.

11 Ibidem.

12 Ivi, p. 15.

13 M. Eckhart, Del Distacco in: Trattati e Prediche, trad. it. G. Faggin, Rusconi, Milano, 1982, p. 171.

14 G. Taulero, Opere, trad. it. B de Blasio, Edizioni Paoline, Alba, 1997, p. 126.

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Sono nato a Crema il 12 luglio 1991. Ho iniziato a farmi domande serie sulla fede e sulla mia vocazione intorno ai 19 anni, una volta finite le scuole superiori. Queste domande mi portarono ad approfondire i contenuti della fede cristiana, iniziai a leggere personalmente i vangeli e successivamente, come mi consigliò un mio amico, lessi anche il Catechismo della Chiesa cattolica. Inoltre incominciai a frequentare le iniziative della parrocchia, e fu proprio qui che, durante gli incontri di catechismo per gli adulti tenuti dal viceparroco, sentii per le prime volte i nomi di san Tommaso d’Aquino e di santa Caterina da Siena, nomi che suscitarono in me un forte interesse di approfondire il loro insegnamento. Piano piano, continuavo a sentire in me sempre più intenso il desiderio di diventare religioso: fu così che, una volta avuti i contatti per il percorso di discernimento vocazionale nell’Ordine, intrapresi un percorso che mi ha portato ad essere un frate dell’Ordine dei Predicatori. Ho emesso i voti semplici il 15 settembre 2019.