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Comincia oggi la grande settimana della nostra Redenzione, la settimana in cui abbiamo ricevuto il dono dell’Eucaristia e siamo testimoni della passione, morte e risurrezione di Gesù. I più grandi misteri della vita di Cristo sono proposti a noi in questi otto giorni benedetti, fonte e culmine dell’intero anno liturgico.

È la settimana della nostra salvezza, della vittoria di Cristo, dunque anche, per partecipazione, della nostra vittoria!

Questa settimana l’anno liturgico rallenta per così dire il passo: possiamo quasi vivere ora per ora ogni gesto del Signore Gesù. Possiamo seguirlo nei suoi movimenti, atti, incontri momento dopo momento. Possiamo tentare con più distensione di sincronizzare il nostro cuore col Suo, o perlomeno di stargli accanto nelle ore estreme della Sua vita terrena, cercando di carpire qualche tratto del Suo nobilissimo cuore, saturato di offese ma non per questo meno ricolmo di compassione per noi.

Il nostro cuore, ogni anno, ne esce purificato e profondamente rinnovato.

Nessuno può rimanere indifferente dinanzi ad un amore così grande: Dio si china davvero teneramente su di noi.

Si verifica in questi giorni di specialissima grazia ciò che illustra magistralmente il beato abate benedettino irlandese Columba Marmion nella raccolta di sue conferenze intitolata Cristo nei suoi misteri:

«È vero che sotto il rapporto storico e materiale i misteri della vita terrena di Cristo sono ormai passati: ma la loro virtù, e la grazia per cui noi vi partecipiamo agiscono sempre […]. I misteri che Gesù Cristo, Verbo incarnato, ha voluto vivere quaggiù sono stati vissuti per noi; […] e tale è la virtù [=forza, potenza] di questi misteri da essere sempre efficace e attiva; dal cielo ove è assiso alla destra del Padre suo, Cristo continua a comunicare alle anime il frutto dei suoi stati diversi al fine di realizzare in loro una rassomiglianza divina con sé medesimo. […]

Sebbene sia verissimo che è sempre il medesimo Redentore, il medesimo Gesù, che lavora alla medesima opera della nostra santificazione, tuttavia ciascuno dei suoi misteri rappresenta per le anime nostre una nuova manifestazione di Cristo, ciascuno di essi ha la sua particolare bellezza, il suo speciale splendore, allo stesso modo che possiede la sua propria grazia.»1

Con queste disposizioni, vogliamo ripercorrere anche noi brevemente questi giorni di specialissima grazia, anticipando col pensiero e coll’affetto ciò che ci attende nelle prossime ore.

Per fare ciò, ci affideremo a tre segni naturali: l’ulivo, il gallo, le stelle.

L’ulivo – Domenica delle palme e Giovedì Santo

Domenica delle palme: sì, agitando perlopiù fronde d’ulivo! Questo, oltre alla ragione eminentemente pratica di reperire facilmente i rami alle nostre latitudini, l’ondeggiare dei rami d’ulivo avviene anche senza violare il racconto del vangelo, che quanto alla tipologia di fronde annota:

«La folla, numerosissima, stese i propri mantelli sulla strada, mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla strada.»2

Siano per noi questi ulivi non solo segni di sincero entusiasmo per la signoria universale di Cristo, re dell’universo, della storia e della nostra vita, ma il loro protendersi flessibile e vigoroso diventi metafora della nostra vita, tesa all’incontro con Cristo che ci dona la vera linfa vitale, la sua grazia. I rami d’ulivo benedetto seccheranno nel volgere dei prossimi mesi: non così, supplichiamo, le nostre anime innestate in Cristo.

Rimaniamo flessibili contro le intemperie della vita senza mai smettere di bramare e cercare, protesi verso l’alto, il Sole di Giustizia, Cristo nostro Salvatore.

Dall’ulivo, le olive e l’olio. Olio anch’esso particolarmente importante nella Settimana Santa. Infatti, abitualmente, in ogni Cattedrale durante la mattinata del Giovedì Santo il Vescovo, attorniato dal suo presbiterio, benedice i cosiddetti olii santi.

Essi sono: olio degli infermi (per il sacramento dell’Unzione degli infermi), olio dei catecumeni (per le unzioni prebattesimali, con funzione esorcistica), sacro crisma, una mistura di olio e balsamo profumato adoperata per Battesimi, Cresime e Sacre Ordinazioni.

Questi olii accompagnano le tappe della vita del cristiano, dall’inizio alla sua conclusione terrena:

– l’olio dei catecumeni segna coloro che stanno per ricevere il Battesimo, porta della fede;

– il sacro crisma, subito dopo il rito essenziale del Battesimo, indica la nuova dignità di re, profeti e sacerdoti conferitaci; nella Cresima, il crisma con cui veniamo segnati in fronte indica l’effusione in noi dello Spirito Santo che coi suoi sette doni ci rende testimoni fedeli di Cristo; chi poi diventa prete riceve un’ulteriore unzione sulle mani, dopo il rito essenziale dell’Ordinazione sacra (cioè imposizione delle mani e preghiera consacratoria): mani che sono consacrate anzitutto per offrire il Divin Sacrificio eucaristico.

– l’olio degli infermi, nell’Unzione degli infermi, accompagna gli ultimi passi della nostra esistenza mortale: placa l’angoscia della morte scatenata dai fantasmi del passato e dal terrore del giudizio di Dio; ci conforma ancor più a Cristo sofferente che soffre con noi e vigila in maniera tutta speciale sulle nostre ultime ore per portarci al gaudio eterno, dov’è Lui, assiso nei cieli alla destra del Padre.

Un segno all’apparenza così umile come l’olio, Dio lo usa per starci vicino in ogni tappa della vita!

Il gallo, il Venerdì Santo

Veniamo al Venerdì Santo, la cui azione liturgica, prosecuzione della Messa in Coena Domini del giovedì sera e prodromo della solenne Veglia pasquale (le tre grandi celebrazioni del Triduo, costituiscono come un tutt’uno: difatti non c’è benedizione conclusiva né giovedì sera né venerdì santo), ci presenta ogni anno la lettura della Passione di Cristo secondo Giovanni.

Nel silenzio al contempo afflitto e maestoso del Venerdì Santo ammiriamo il vertice dell’amore di Dio per noi: non solo ci creò per amore e non ci abbandonò dopo il peccato originale, non solo volle prendere su di sé la nostra umanità (incarnazione di Gesù Cristo) ma volle anche umanamente morire, peraltro colmato di ignominia, oltre che di paura e lontananza affettiva, persino da parte degli stessi Apostoli.

Tra questi ultimi Pietro, il principe degli Apostoli, che addirittura nel cortile del sommo sacerdote per ben tre volte nega solennemente di conoscere Gesù: al terzo rinnegamento, un gallo canta.

Quel canto scatena in Pietro il ricordo delle parole Maestro Gesù: «Darai la tua vita per me? In verità, in verità ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte»3.

Parole proferite subito dopo il generoso quanto scostante slancio di Pietro che aveva esclamato: «Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!»4.

Fin troppo facile scandalizzarsi di Pietro.

Ma in Pietro ognuno di noi può ritrovarsi: quanti buoni propositi, quante promesse a Gesù non mantenute non per il rischio di gravi conseguenze (quali quelle che Pietro rischiava di avere), ma per la nostro pigrizia, tiepidezza e negligenza?

Canti anche nella nostra vita il gallo che induca un salutare pentimento e il desiderio sincero di gettarci tra le braccia di Gesù che ci conducono al Padre. Pietro pianse amaramente: quel pianto fu la sua salvezza. Avvenga così anche per noi: Dio ha un progetto meraviglioso per ciascuno di noi ed usa spesso le circostanze più umili per la nostra conversione, anche il canto d’un galletto.

Mentre le campane sono mute, ad esprimere il lutto per la morte di Cristo, risuoni ancora nel nostro spirito il canto di quel gallo che fece rientrare in sé Pietro e, in un certo qual senso, lo ricondusse a Cristo.

Le stelle – la Veglia Pasquale

Ultima tappa, che chiude il Triduo e comincia solennemente la Pasqua di Risurrezione è la Veglia nella santissima notte.

Veglia che comincia sul sagrato della chiesa, dinanzi ad fuoco che divampa e viene benedetto, fuoco alla cui luce si accende il grosso cero pasquale portato in processione sino all’altare con tre stazioni segnate dal canto del Lumen Christi- Deo gratias!

Cristo luce del mondo entra nel buio della storia sfregiata dal male, scende negli abissi degli inferi per liberare i giusti vissuti prima di Lui, viene ancora oggi nelle nostre personali tenebre: egli è la vera luce, anzi è lui l’unica stella che non tramonta come si canta nella conclusione della Laus cerei (lode del cero: il celebre Exsultet o preconio pasquale5): «Ti preghiamo, dunque, o Signore, che questo cero,

offerto in onore del tuo nome

per illuminare l’oscurità di questa notte,

risplenda di luce che mai si spegne.

Salga a te come profumo soave, si confonda con le stelle del cielo.

Lo trovi acceso la stella del mattino,

quella stella che non conosce tramonto:

Cristo, tuo Figlio, che risuscitato dai morti

fa risplendere sugli uomini la sua luce serena.»

Al ritornare in vita nel suo vero corpo umano della vera Stella s’accompagna un tripudio cosmico per la definitiva vittoria sul male e sulla morte; esultanza cui la Chiesa dà sapientemente voce nella lunga liturgia della parola che segue il lucernario nella Veglia attraverso le parole del profeta Baruc: «Le stelle hanno brillato nei loro posti di guardia e hanno gioito;

egli le ha chiamate ed hanno risposto: «Eccoci!»,

e hanno brillato di gioia per colui che le ha create.

Egli è il nostro Dio, e nessun altro può essere confrontato con lui.

Egli ha scoperto ogni via della sapienza
e l’ha data a Giacobbe, suo servo,
a Israele, suo amato.
Per questo è apparsa sulla terra
e ha vissuto fra gli uomini. »6

Cristo, Sapienza eterna, Parola creatrice, è venuto ad abitare in mezzo a noi e a condividere integralmente la nostra condizione umana, eccetto il peccato.

L’intero universo sembra saltare di gioia quando Cristo risorge: è cominciata una nuova creazione.

Che queste parole del profeta Baruc, frementi di incontenibile speranza, accompagnino il nostro cammino con Cristo in questa settimana santa e in tutta la nostra vita.

1 MARMION C., Cristo nei suoi misteri, ed. Marietti, Torino 1959, pp. 13-18 passim.

2 Mt 21,8.

3 Gv 13,38.

4 Gv 13,37.

5 L’Exsultet, così chiamato dalla sua prima parola in latino, è il lungo testo poetico che dopo l’intronizzazione del cero pasquale viene cantato (o recitato) per annunciare solennemente il grande mistero compiutosi nella notte santissima: la risurrezione di Gesù Cristo da morte.

6 Bar 3,34-38.

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