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Proponiamo di seguito un’intervista a padre Valentin, un confratello proveniente dalla Costa D’Avorio che al momento è ospitato nel nostro convento di San Domenico in Bologna. Si trova qui per completare il suo ciclo di studi teologici con il dottorato in teologia sistematica. Rimarrà nella nostra comunità per diversi mesi, contribuendo certamente, con la sua preziosa presenza, a rendere più internazionale, anche dal punto di vista culturale, il nostro convento. Aspetto quest’ultimo che, peraltro, sin dalla fondazione caratterizzò la realtà domenicana bolognese.
Approfittando della sua presenza e disponibilità, abbiamo voluto porgli alcune domande per conoscere la situazione ecclesiale dello stato africano da cui proviene e per approfondire le dinamiche della vita domenicana in quell’area geografica.

1. Com’è il cammino di approccio e di accompagnamento catechistico alle persone che non conoscono Cristo in Africa?

L’accompagnamento di persone che non conoscono Gesù può essere classificato in tre grandi gruppi. Il primo gruppo è l’accompagnamento di bambini e giovani che ancora non hanno ricevuto i primi sacramenti. Ciò avviene attraverso la catechesi classica con la particolarità che questo cammino iniziale ha una durata di tre anni per il battesimo e altri due anni all’incirca per la cresima. Questa catechesi è principalmente organizzata dalle parrocchie ma anche dalle scuole cattoliche in collaborazione con le rispettive parrocchie.

Il secondo gruppo è quello dell’accompagnamento degli adulti e persone che provengono da altre religioni. Questo cammino di formazione o accompagnamento si svolge secondo le situazioni particolari delle persone che hanno deciso di diventare cristiani. In questi casi ogni percorso è diverso e personale pur avendo una forte dimensione comunitaria perché i gruppi di adulti sono spesso molto numerosi. Questi incontri sono organizzati principalmente dai parroci che sono aiutati dai loro vicari; si tratta di seguire il cammino di fede di questi catecumeni adulti ed aiutarli ad approfondire gli aspetti centrali della nostra fede e dell’insegnamento ricevuto durante la catechesi.

Il terzo gruppo è l’accompagnamento delle persone che vivono nei villaggi fuori città, spesso molto lontani dalle parrocchie. Per questi ultimi l’accompagnamento è affidato a catechisti missionari preventivamente formati dai sacerdoti e parroci. Questo itinerario prevede regolari visite organizzate dai parroci con degli incontri per approfondire la formazione sia dei catechisti che dei catecumeni.

Oltre a questa classica catechesi, vengono organizzati programmi di evangelizzazione all’interno delle parrocchie durante i tempi forti della liturgia cioè Natale, Quaresima, Pasqua; ciò dipende anche dalla regione e dalle loro consuetudini.

2. Come vengono accolti e visti i missionari dalla popolazione in generale? Oggi da quale Paese provengono la maggioranza dei missionari?

Il numero di missionari stranieri è calato. Infatti, dopo la grande ondata di missioni che l’Africa ha vissuto alla fine dell’ottocento e durante quasi tutto il novecento, assistiamo ad una ripresa delle opere missionarie da parte della Chiesa locale che, ormai, sta gradualmente acquisendo autonomia.

Tuttavia, in alcuni casi, l’assunzione della missione evangelizzatrice da parte del clero locale incontra diverse difficoltà. Citerò due esempi.

La prima difficoltà è finanziaria. Spesso non vi sono opere abbastanza solide sotto il profilo economico per finanziare tutta la pastorale e il lavoro missionario intrapreso. Anche i fedeli erano abituati a ricevere aiuti economici dai primi missionari che potevano contare su maggiori finanziamenti rispetto a quelli di cui gode ora la Chiesa locale.

La seconda difficoltà deriva dalla «concorrenza» – se possiamo dire così – delle nuove chiese, in particolare delle cosiddette chiese revival (movimenti di tipo carismatico), di stampo protestante. Non avendo una gerarchia ecclesiastica ed un unità e comunione garantite dal primato petrino, queste ultime nascono in nuove branche con grande rapidità, semplicemente dalla volontà di un individuo che, magari, dopo aver avuto qualche contrasto con qualcuno nel gruppo carismatico a cui precedentemente apparteneva, fonda una nuova chiesa, a suo volere. Questa nuova chiesa verrà adattata, dal nuovo fondatore, ai bisogni delle popolazioni promettendo loro miracoli, facendo preghiere di ogni tipo giungendo fino a formulare profezie, per questa e quell’altra situazione; sono in molti che vanno dietro a tutte queste cose.

3. Quale ruolo svolge un sacerdote nel tessuto sociale e culturale africano?

Il ruolo del sacerdote cattolico è tuttora molto rispettato nella nostra società. È considerato una parte strutturale del corpo sociale. Al punto che spesso viene a crearsi una sorta di timore reverenziale non sempre semplice e immediato da superare, quindi l’avvicinarsi ai sacerdoti non è sempre scontato da parte di tutti i parrocchiani. Fortunatamente, con la nuova generazione di sacerdoti, per lo più giovani, alla quale appartengo anch’io, i rapporti sono diventati più facili. In linea generale quindi al sacerdote è garantito un certo rispetto da parte della società, senza togliere tuttavia che in alcune parti dell’Africa sono spesso perseguitati.

4. Qual è la situazione della Chiesa e dell’Ordine dei frati Predicatori nel tuo Paese o nella città dove prestavi il tuo servizio prima di arrivare in Italia?

Io provengo dalla provincia di Sant’Agostino in Africa, nell’Africa occidentale. Questa provincia è presente in quattro paesi (Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Senegal) con quattro conventi e tre case.

Qual è la composizione della vostra provincia? Al momento abbiamo un Vescovo, cinquantacinque sacerdoti, cinque diaconi, dodici professi solenni, sedici professi semplici e due confratelli che stanno facendo il loro anno di noviziato. Siamo in totale ottantanove frati e due novizi, tutti figli dell’Africa; l’ultimo frate missionario straniero è stato un frate della Provenza morto qualche anno fa all’età di 92 anni.

Nei paesi in cui la nostra provincia è presente è impegnata soprattutto nella cappellania universitaria e in ogni altra pastorale affidata dai vescovi ai frati. I frati sono molto disponibili nei confronti delle diocesi dove sono presenti. Vi è quindi un buon rapporto tra l’Ordine e la Chiesa locale.

Prima di arrivare al convento di Bologna, sono stato al convento di San Tommaso d’Aquino a Yamoussoukro. Questo convento ospita il progetto SANKOFA che è attualmente diviso in due rami: il ramo speculativo con l’Istituto San Tommaso d’Aquino di Yamoussoukro (ISTAY) e il ramo pratico con il Centro di ricerca agroecologica Louis Joseph Lebret (CRALEB). All’ISTAY, dove sono stato iscritto, si tratta di realizzare una riflessione che articola teologia e sviluppo sociale, culturale e teologico in Africa. Invece, il CRALEB mira a formare i giovani con una coscienza più ecologica cercando appunto di creare un modo più ecologico e possibile di coltivare. Come si capisce quindi uno degli apostolati specifici della mia provincia è l’educazione scolastica dei giovani.

5. Qual è l’origine della tua vocazione e come hai conosciuto l’Ordine?

Per quanto riguarda la mia vocazione ho percepito la chiamata del Signore sin dalla mia infanzia. Dopo il mio battesimo, all’età di dieci anni, nella parrocchia di Sant’Agostino di Abobo-té (Costa d’Avorio), mi sono subito registrato al gruppo dei ministranti dove ho imparato a coltivare il mio desiderio di servire il Signore nella celebrazione della Messa quotidiana. Poi, quando ho iniziato a frequentare il liceo, mi sono unito al gruppo giovanile per approfondire la mia ricerca vocazionale. Durante quegli anni ho animato catechesi giovanili e sono stato membro dell’ufficio giovanile della mia parrocchia; ho da sempre avuto una vita molto attiva in parrocchia. Infine, ho conosciuto l’Ordine attraverso il mio tutor a Bingerville (Costa d’Avorio). Infatti, gli dissi del mio desiderio di consacrare la mia vita al Signore Gesù e subito dopo aver ottenuto la maturità mi consigliò di mettermi in contatto con i frati predicatori che egli conosceva bene ma che io a quel tempo non avevo mai visto personalmente.

6. Quando sei stato ordinato sacerdote? Hai avuto paura al pensiero di diventare sacerdote? La tua famiglia cosa ha pensato della tua scelta?

Ho conosciuto l’Ordine nel 2007, il 7 settembre del 2011 ho vestito l’abito di san Domenico e dopo il mio noviziato ho emesso i primi voti l’8 settembre 2012. Ho poi continuato la formazione con gli studi per diventare sacerdote e il 29 aprile del 2017 ho fatto la mia professione solenne e finalmente sono stato ordinato sacerdote l’8 agosto 2020 (nel giorno della solennità del nostro padre San Domenico) presso il convento di San Tommaso d’Aquino a Yamoussoukro per l’imposizione delle mani di monsignor Alexis Touabli Youlo, vescovo della diocesi di Agboville e amministratore apostolico della diocesi di Yamoussoukro. Giorno di grande gioia e di grande onore per i miei genitori, amici e conoscenti, tutti mi hanno sempre accompagnato e sostenuto, e tutti sono stati presenti in questo grande giorno che ha segnato indelebilmente la mia vocazione religiosa. Ora vivo giorno dopo giorno l’incarico che la Chiesa mi affida, in questo momento sto portando avanti gli studi qui in Italia. Con la mia ordinazione sacerdotale so di poter contare sempre sulla grazia di Dio e sull’aiuto dei miei confratelli domenicani.

7. Cosa ha rappresentato per un giovane come te la decisione di consacrarsi come sacerdote o religioso? Nel tuo caso, sei stato “incoraggiato” dai tuoi coetanei? Oppure sei stato incoraggiato o osteggiato dai tuoi amici?

La maggior parte dei miei cari, amici e conoscenti, nel momento in cui espressi il mio desiderio di intraprendere il cammino della vita religiosa, non fu particolarmente sorpresa. La maggioranza di loro l’avevano immaginato prima di me, soprattutto per il fatto che ero così coinvolto nella vita attiva della mia parrocchia. Tutti hanno sempre rispettato la mia scelta, non ho avuto nessun tipo di resistenza da parte loro, anzi.

8. Che rapporto c’è tra la Chiesa, lo Stato, ed anche altre organizzazioni religiose nella tua zona di origine?

Lo Stato è laico. Non c’è conflitto tra lo Stato e la Chiesa cattolica; ancora meno tra la Chiesa cattolica e le altre confessioni religiose. C’è da dire che ci sono anche delle zone dove ci sono dei problemi e tensioni e la Chiesa per questo soffre persecuzioni, ma questo da parte di gruppi guerriglieri che di fatto hanno anche problemi con lo Stato. In linea generale però, nell’area geografica della nostra provincia, i rapporti sono piuttosto stabili e rispettosi.

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Sono nato a Medellín, in Colombia, cresciuto in una famiglia molto numerosa, dove imparai ad apprezzare la bellezza della vita prima di ogni altra cosa, nonostante le difficoltà. Sono andato via da casa molto giovane, mosso da una irrefrenabile curiosità per la vita. Dopo tante esperienze, all’età di 24 anni, nel mezzo di un buio esistenziale, ho avuto pensieri profondi intorno al fine ultimo e alla fede, dopo tante riflessioni, spinto da una chiamata sono entrato nell’Ordine mosso dal desiderio di amore infinito e di Verità. Ora sono a Bologna per studiare filosofia e teologia.