La filosofia non può essere un sapere arrogante perché si chiama amore della sapienza. La filosofia in un cuore cattivo si chiama arroganza, in un cuore buono si chiama consolazione: sente l’odore della compassione e lo chiama profumo1.
Maestro e discepolo
L’opera La maestria contagiosa, scritta dal sacerdote domenicano Giuseppe Barzaghi e pubblicata nell’anno 2017 dalle Edizioni Studio Domenicano di Bologna, vuole proporsi come un saggio di interpretazione del pensiero di san Tommaso d’Aquino, grande filosofo e teologo vissuto nel XIII secolo. Il titolo ci introduce nei contenuti che vengono sviluppati lungo il corso della trattazione e ci informa riguardo ad una delle caratteristiche che deve possedere un vero maestro, ovvero quella di insegnare una dottrina cercando di coinvolgere tutti nella sua spiegazione.
L’autore del libro ci dice che per lui l’Aquinate è stato un vero maestro perché lo ha affascinato, lo ha contagiato con il suo metodo espositivo. La sapienza di san Tommaso si è riversata nel suo animo e lo ha rapito in Dio.
Un maestro non è un semplice “istruttore” che fornisce informazioni ai suoi scolari ma egli è in primo luogo un “formatore” perché conferisce una forma a ciò che insegna e si prende cura dell’efficace apprendimento dei suoi ragazzi. Il discepolo va a scuola per imparare la lezione e si affida al maestro per diventare anch’egli maestro. Il maestro sarà maestro quando renderà il discepolo simile a se stesso e per raggiungere questo obiettivo tenterà di istruirlo sapientemente. Il sapiente non comunica solamente dei concetti ma dà “sapore” ai contenuti che si premura di trasmettere ai suoi uditori.
Il maestro non è un professore: è ben di più. Il professore fa lezione. Il maestro fa scuola. La maestria non è una questione di professionalità, cioè di semplice istruzione. L’istruttore dice tutto ma non dà tutto; il maestro, invece, non ti dice tutto ma ti dà tutto. E cos’è questo tutto che egli ti dà? È il metodo che ti serve per eseguire una data azione. E il metodo è contagioso. Il contagio implica sempre che vi sia un contatto. Colui che è venuto a contatto con qualcosa che lo ha coinvolto, prova il desiderio di condividerlo anche con gli altri. Chi è contagiato dal maestro diventa anch’egli un maestro (si dice che è stato ammaestrato). Il maestro non ti lascia andare finché tu non sai, fino a quando tu non hai imparato la lezione. Dunque, la maestria è questione delicatissima (va da mite a mite). Il che significa che dentro la scuola, che è del maestro, si è in un bell’ambiente, dove si sta bene. Perché il maestro è autorevole e quindi fa crescere se ci si lascia guidare, se ci si lascia contagiare dalla sua abilità critica.
A buon diritto, anche noi, che ci riteniamo discepoli dell’unico Maestro, siamo un riflesso della bellezza di Dio e riflettiamo per contagio la maestria di Gesù.
I segreti della Somma Teologica: la dialettica delle immagini
Ciò che non si vede è nascosto. E ciò che è nascosto ha un certo valore e si chiama segreto.
La Somma Teologica di San Tommaso d’Aquino contiene diversi segreti a diverso livello di intensità. Il primo livello è quello della struttura logica, apparentemente il più difficile perché è il più forte ed ha a che fare con la ragione umana. Il secondo livello, a prima vista più semplice, in realtà è il più complicato, perché è quello dell’interpretazione e non ha a che fare con strutture logiche rigide. L’interpretazione è sempre un gioco perché essa comporta un rischio: vi possono essere molti modi di interpretare una cosa, un evento, un simbolo, ma non è detto che tutti siano corretti.
Tutta l’opera di san Tommaso è disposta secondo la simbologia del numero tre. Questo numero, infatti, ha in se stesso qualcosa di divino, poiché il fondamento di tutto è dato dalla Trinità. L’Aquinate assume dal platonismo cristiano di Dionigi pseudo-Areopagita l’idea di organizzare la Somma Teologica secondo una struttura ternaria.
La prima parte della Somma Teologica tratta di Dio in se stesso, la seconda parte ha come oggetto di indagine l’uomo, l’argomento della terza parte è Gesù Cristo ovvero l’uomo-Dio, dato che dopo l’Incarnazione, il Verbo di Dio assume le due nature: umana e divina.
La struttura ternaria è tipica anche di un ragionamento logico, di un sillogismo, il quale si compone di tre termini (termine maggiore, termine minore e termine medio) e di tre proposizioni (premessa maggiore, premessa minore e conclusione). Se si analizza in modo attento la realtà, ci si rende conto che tutto il creato ha una struttura ternaria e porta in se stesso l’impronta del suo Creatore. Il nostro Dottore Angelico si diverte a giocare con le immagini e le usa per comunicarci contenuti densi, rendendoli più semplici e comprensibili.
L’anima umana è in grado di leggere entrando dentro la realtà (intelligere significa infatti intus legere) per coglierne i significati celati in essa, che non sono appunti visibili immediatamente. Si tratta di una questione di tipo dialettico.
La dottrina cristiana è essenziale e noi siamo condotti da Dio nella conoscenza di Dio: questa è la bellezza del Cristianesimo. Leggere il Vangelo significa trovarne i legami interni, entrare in profondità, e per fare ciò bisogna essere degli esploratori. L’esplorazione deve procedere dall’alto, ossia dal punto di vista di Dio. San Tommaso è un esploratore divino del divino. Il pensiero divino è denso, concentrato; il pensiero umano è diluito. Chi presta attenzione alla densità è esperto ed assaggia (e facendo ciò, egli diventa saggio); l’esploratore assaggia la Parola di Dio e la comunica. Assaggiare è ricordare: per ricordare bisogna assaggiare e san Tommaso era molto esperto in questo perché egli era un uomo dotato di grande memoria. L’immagine non è altro che un’idea più densa che ci fa intravedere una cosa attraverso un’altra cosa e mantiene in esercizio la nostra intelligenza.
San Tommaso è il maestro nell’uso e nell’interpretazione delle immagini. Il vocabolario riporta il significato, non le immagini che stanno dietro una certa parola. Gli esempi costituiscono un particolare tipo di immagini. Un’immagine è un simbolo che rinvia a qualcos’altro: il simbolo èun concetto che mette insieme, tiene uniti due aspetti diversi della realtà che si implicano a vicenda.
La scienza invece conosce qualcosa nel senso che lo sa spiegare. Perciò la scienza si colloca sul piano del rigido perché essa procede per dimostrazioni ed è rigorosa perché il suo scopo è convincere, cioè incatenare, non dare via di scampo all’interlocutore. Ciò che è scientifico ammette un unico metodo risolutivo: da lì non si scappa. Il linguaggio fatto di immagini ha invece luogo sul versante del tenero perché deve persuadere, avvincere l’ascoltatore e fargli gustare la bellezza: è qui che troviamo la retorica che, pur essendo un’arte, una tecnica dotata di proprie regole rigide, ha come obiettivo quello di attrarre intensamente l’uditorio affascinandolo, coinvolgendolo.
Le immagini sono necessarie all’uomo per comprendere (cum prendere, cioè prendere insieme, facendo proprio) la realtà. Il processo conoscitivo umano è circolare: si parte dall’esperienza, ci si distacca da essa con l’astrazione ma si ritorna alla stessa esperienza per poter cogliere l’essenza del reale che è un esistente ben individuato, determinato.
Il linguaggio figurato è metaforico. La metafora implica la sostituzione di un termine proprio con uno figurato, in seguito a una trasposizione simbolica di immagini. Questo transito si attua da una conoscenza propria ad una conoscenza impropria, cioè vi è il passaggio da un ordine concettuale valido sul piano del sensibile ad un altro ordine che non rientra nell’ambito del sensibile.
Una fede intelligente: predicazione e contemplazione
Il nostro san Tommaso è un vero maestro perché trae questa sua sapienza dalla Sacra Scrittura. Ci si domanda, a questo punto, quale rapporto vi sia quindi fra l’intelligenza che ci consente di comprendere la Scrittura e la fede che ci è necessaria per credere ad essa.
L’espressione Intelligo ut credam e credo ut intelligam2 (capisco per credere e credo per capire) è nata con sant’Agostino d’Ippona ma è stata riutilizzata da sant’Anselmo d’Aosta. L’Aquinate non prescinde dall’uso della ragione, anzi parte proprio da essa per parlare di Dio e presentare la bellezza della fede cristiana. Per comprendere Dio dobbiamo passare attraverso il credere in Lui e questo comporta un atto di fede.
Chi è generato da Dio è divinizzato e quindi può conoscere Dio: dopo che è stato reso partecipe della natura divina l’uomo sarà in grado di conoscere Dio e questa conoscenza avviene per connaturalità. Avere la stessa natura è avere la stessa nascita. Chi non è stato generato da Dio non può capire le cose di Dio. Abbiamo detto che attraverso il linguaggio simbolico si comunicano concetti densi e profondi. L’Antico Testamento è per noi figura, promessa e profezia: esso è prefigurazione del Nuovo Testamento. Ogni frammento evangelico è prezioso perché lì dentro è contenuto tutto.
Contemplata et contemplari aliis tradere: contemplare e trasmettere agli altri ciò che si è contemplato. Questo è il motto dell’Ordine dei Frati Predicatori. San Tommaso è un ottimo contemplatore delle cose divine ed un eccellente predicatore.
La predicazione sapiente (che è Cristo) corrisponde alla fede contemplativa. Il credere porta alla contemplazione, la sapienza nutre la predicazione. L’atto di fede è un atto contemplativo. La fede è divina per merito della grazia santificante. La vitalità della fede è garantita dal suo aspetto contemplativo. Lo studio deve essere valorizzato perché è da esso che sgorga una predicazione sapiente: non si studia per studiare, ma per predicare.
San Tommaso ama lo studio e trova diletto nel predicare le verità eterne che ha appreso e a tale scopo ci invita a pregare il Padre Celeste con queste parole: «O Signore, dammi acutezza d’intelletto, capacità di ricordare, metodo e facilità nell’apprendere, finezza nell’interpretare, una grande eleganza nel parlare»3.
Libro consigliato: Giuseppe Barzaghi, La maestria contagiosa – Il segreto di Tommaso d’Aquino, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 2017, pp. 288, € 18,00.
1 Giuseppe Barzaghi, La maestria contagiosa – Il segreto di Tommaso d’Aquino, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 2017, p. 260.
2 Questa espressione riprende quella agostiniana presente in: Sermones 43, 7.9.
3 Giuseppe Barzaghi, op. cit., p. 78.