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Dopo l’articolo sul recentemente beatificato Giovanni Paolo I (disponibile a questo link), proseguiamo il nostro discorso sulla figura e sull’insegnamento del beato Papa Luciani, riprendendolo dagli anni del concilio Vaticano II, la grande assise che lo vide partecipe silenzioso ma ben attento.

Un vescovo silenzioso al concilio Vaticano II

Nel 1962 si apre il concilio: il vescovo Luciani ha cinquant’anni e vi partecipa come un diligente allievo. Luciani è assai silenzioso: ascolta molto, ma non interviene. Attende e si informa con serenità: formatosi alla teologia di san Tommaso d’Aquino, non si lascia lusingare dai teologi moderni, ma si proietta in avanti ancorato ai maestri della tradizione.

Tuttavia è un appassionato al destino della Chiesa nel mondo contemporaneo e della responsabilità di stabilire con esso un rapporto nuovo. È ben cosciente della complessità del pensiero moderno e delle esigenze dell’uomo d’oggi, ma nonostante ciò rimane fermo sui principi ed è pervaso da una profonda fiducia e speranza nei dettami del Vaticano II, sostenuti sia da Papa Roncalli sia da Papa Montini, ed è profondamente convinto che la Chiesa sarà sempre, seppur viva anche tempi di profonda crisi, guidata dallo Spirito Santo. Così dirà al suo gregge di Vittorio Veneto per spiegare l’evento conciliare:

«Al Concilio ecumenico – direbbe sant’Agostino – “non vincit nisi veritas”, vince solo la verità, se ha con se il Papa. Il Concilio non si raduna contro nessuno, non è il Concilio della difesa e della paura, non ha scopi politici di alcun genere. Alla Chiesa cattolica la fisionomia e la struttura sono già fissate, una volta per sempre, dal Signore e non si possono toccare»1.

Una «ciabatta rotta» sul soglio di Pietro

Il 26 Agosto 1978 quel povero bambino di Canale d’Agordo diventa sommo pontefice della Chiesa cattolica. Sembra di rivivere il Magnificat: «Il Signore ha innalzato gli umili».
E «Humilitas» è proprio il motto del nuovo Papa. Prendendo possesso della Cattedra di San Giovanni in Laterano, egli afferma che è un onore immenso essere a Roma, ma anche una grave responsabilità per lui.

Quattro furono le udienze generali del mercoledì che il beato Giovanni Paolo I tenne nell’aula Paolo VI.
Cominciò proprio con la virtù dell’umiltà: «Il Signore ha tanto raccomandato: siate umili. Anche se avete fatto delle grandi cose dite: siamo servi inutili. Invece la tendenza, in noi tutti, è piuttosto al contrario: mettersi in mostra»2.
Un papa criticato fin da subito per quella sua voce flebile, per la sua semplicità nel tratto e nella parola, ritenuto spesso inadatto al ruolo. Ma lui sempre rispondeva: «So di essere una ciabatta rotta, ma è Cristo che opera in me».

Il Beato Luciani e le sue parole profetiche

In alcuni passaggi del suo insegnamento si evince come il vescovo Luciani oltre ad essere lieto e sorridente sapeva ben insegnare e governare. Vedremo alcuni passaggi e si deduce come la sua voce di pastore sia al tempo stesso mite e ferma, in particolare, dinanzi agli sconquassamenti della modernità.

Efficace sintesi del pensiero di Albino Luciani nell’incontro-scontro con la cultura moderna risulta essere una sua omelia pronunciata alla Messa crismale dell’11 aprile 1974, a Venezia, dov’era Patriarca da quattro anni. Vorrei ripercorrere quattro passaggi significativi. In un primo punto il futuro papa manifesta le sue forti riserve verso quella che alcuni teologi hanno chiamato in teologia la «svolta antropologica»:

«Al centro alcuni cattolici non mettono più Dio ma l’uomo. Amare i fratelli è per essi l’unico comandamento e tutto il cristianesimo. Pregare personalmente, privatamente, è per essi perdere tempo, tradire la classe dei poveri, piegarsi borghesemente su piccoli problemi individualisti. Ma pensare e dire così è una stortura. Il primo comandamento è amare Dio con tutto il cuore e con tutta l’anima. Amare il prossimo è solo il secondo comandamento, è il segno dell’amore di Dio. Attenti, dunque, a non fare del cristianesimo una “religione dell’uomo”, nella quale Dio è si nominato, ma dalla quale è praticamente cacciato o confinato in un angolino insignificante»3.

In un secondo passaggio condanna un cristianesimo meramente orizzontale e che si risolverebbe nelle conseguenze sociali del cristianesimo. Parla di «nuovi cristiani» che avrebbero falsificato l’autentico cristianesimo:

«I nuovi cristiani dicono che la salvezza portata da Cristo si attua tutta e solo quaggiù: sarebbe la liberazione dell’ignoranza, dalla fame, dal sottosviluppo, dall’oppressione politica, dallo sfruttamento economico. Salvezza? – dicono – è liberazione dei mali della vita. Peccato? Ce n’è uno solo: il peccato sociale. Male? Il capitalismo. Dovere? Lottare contro il capitalismo con la scelta “socialista”. […] Cristo salva soprattutto dal peccato. Agnello di Dio che togli i peccati del mondo, non lupo, che sbrana avversati capitalisti. Cristo ha detto che quaggiù siamo di passaggio, che andava lassù a prepararci un posto»4.

Un terzo passaggio suona di grande attualità anche per la Chiesa di oggi, quando sovente si dice che il centro del Vangelo sono i poveri e si contrappone quello che viene ritenuto l’autentico spirito del Vangelo, con l’autorità dell’istituzione ecclesiale:

«È bello che si esalti il Vangelo; è brutto che per esaltarlo, lo si contrapponga o sottragga alla Chiesa. “nuovi cristiani” dicono infatti: primo, il Vangelo è stato dato ai poveri; secondo, va letto dal punto di vista dei poveri […]. In realtà, il Vangelo è stato affidato a tutta la Chiesa e nella Chiesa tocca al papa e ai vescovi il compito di darne una interpretazione autentica e sicura. Dire che il magistero della Chiesa per venti secoli ha falsato il Vangelo a favore dei ricchi è ingiuriare Cristo, che non sarebbe stato capace di custodire la sua parola e la sua istituzione»5.

Il Beato Papa Luciani spende poi una parola sul pluralismo e sul pericolo di perdere di vista la verità dell’unica fede nel ginepraio di opinioni e correnti teologiche alla moda:

«Ma siamo, o non siamo, nella Chiesa del pluralismo? Ohimè! La parola “pluralismo” è a fisarmonica. Può riferirsi a sole opinioni e in campo giusta opinabilità, e va bene. Spesso, però, si riferisce a veri dogmi, a fedi diverse e contrapposte, e allora va male. Si tratta di una “vera alterazione della fede cattolica”. […] Una fides ha detto san Paolo, “una sola fede!”. In altre parole: il “cristianesimo nuovo o critico” è oggi una trappola mortale. Rischiano di scavarvi dentro tre qualità di persone. Prima: gli apostoli, che desiderano vendere il cristianesimo a buon mercato nella speranza di avere più compratori. Seconda: i teologi, che scambiano la verità col progressismo, e, scrivendo la teologia della rivoluzione, portano la rivoluzione nella teologia. Terza: i giovani generosi, che, proclamandosi seguaci del Cristo liberatore dei poveri, finiscono col trovarsi fuori dall’autentico Cristo e della Chiesa. Per essi e per tutti noi valgono le parole pronunciate da Cristo il giovedì santi nell’orto: “Vegliate e pregate per non cadere in tentazione” (Mc 14,38)» 6.

Quante verità nella parole di questo pastore del ‘900, e anche quanta attualità! La sorella Antonia racconta che spesso andava a trovare il fratello Albino che allora era Patriarca di Venezia. A volte gli sentiva dire: «È tutto un rebaltòn [ribaltone] nella Chiesa». La sorella si mostrava un po’ preoccupata per queste parole del fratello allora lui la incoraggiava dicendole: «Stai tranquilla Nina, stai tranquilla…perché è il Signore che guida la Chiesa. Lui c’è sempre». Anche noi allora teniamo bene in mente queste parole di incoraggiamento per superare i «ribaltoni» a cui anche oggi è sottoposta la nostra bella barca della Chiesa.

1 Lettera alla Diocesi, aprile 1962.

2 GIOVANNI PAOLO I, La virtù teologale della fede (Catechesi dell’Udienza generale del 13 settembre 1978).

3 A. LUCIANI-GIOVANNI PAOLO I, Opera Omnia, vol. VI, p 304.

4 Ibidem, vol. VI, p. 305.

5 Ibidem.

6 Ibidem, vol. VI, pp. 306-307.

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Veritas. È uno dei motti del nostro ordine. Che bella questa parola. Sembra che sia scomparsa dal nostro vocabolario, dai nostri discorsi, oserei dire, anche dalle nostre omelie. Veritas. Che bella parola. Eppure non interessa più. Basta osservare nei salotti televisivi quanto successo riscuotano i cosiddetti “opinionisti”. Il nostro tempo sembra aver fatto una scelta apparentemente vantaggiosa: ha preferito l’opinione rinunciando alla Verità. Tutti “vendono” le loro opinioni, tutti si sentono autorizzati a dire e a commentare qualsiasi cosa. Ecco che allora desidero essere un cercatore della Verità! Non mi accontento delle opinioni anche se le ascolto volentieri! Fin da piccolo ho avuto questo desiderio per poter rispondere alla grandi domande di senso! Frate perché? Per mettermi a servizio della Verità in Persona: Gesù Cristo.