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Presumo sia capitato a molti cristiani durante un confronto con un credente di un’altra religione di sentirsi porre questa domanda: Voi cristiani credete in un Dio o in tre dèi?

Questa domanda inoltre può sorgere spontaneamente quando un non credente cerca di capire i contenuti fondamentali della fede cristiana. In questo breve articolo cercheremo di offrire una risposta sintetica a questa domanda. Il mistero della santissima Trinità ovviamente non può essere compreso nella sua pienezza dall’uomo pellegrino sulla terra, che si trova lontano dalla visione beatifica. Però con l’aiuto della grazia di Dio e dell’insegnamento dei grandi teologi che ci hanno preceduto, possiamo descrivere questo mistero nei suoi tratti essenziali.

Innanzitutto affermiamo che i cristiani non credono in tre dèi ma in un unico Dio, come dice il Catechismo della Chiesa Cattolica: «Noi non confessiamo tre dèi, ma un Dio solo in tre persone»1. Da questo si deduce che Dio è uno, ma non si trova in una sterile solitudine. Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono persone realmente distinte tra loro: il Padre genera, il Figlio è generato, lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio. Dio, l’essere per essenza, è atto puro, è una sostanza o natura, ma in essa vi sono due processioni e tre persone che vengono anche dette relazioni sussistenti, per non confondere in questo caso il termine persona con individuo. Soffermiamoci ora ad analizzare le due processioni trinitarie: la generazione e la spirazione.

In questa ricerca seguiamo i passi tracciati da Tommaso d’Aquino, il quale nella Somma Teologica ci offre il frutto della sua sapiente attività speculativa: «La processione del Verbo prende nome di generazione»2. La generazione del Figlio è simile alla generazione di un concetto da parte della mente, ma per evitare di cadere nell’errore del subordinazionismo bisogna fare alcune precisazioni. Il rapporto tra il Padre e il Figlio è senza moto e senza subordinazione, perché nelle relazioni trinitarie tutto è simultaneo; pertanto bisogna sviluppare il discorso eliminando ogni tipo di duplicità: «L’intelletto da una parte e l’attività del concepire e il suo prodotto dall’altra»3. Inoltre bisogna tenere presente che «l’intendere divino […] è la stessa sostanza di colui che intende […] perciò il verbo che ne procede, procede come un sussistente della stessa natura del suo principio»4. Per farci un’idea più precisa di questo mistero, è come se la mente si facesse una rappresentazione concettuale di se stessa. Siamo di fronte al rappresentante che rappresenta sé medesimo, quindi ad una opposizione relativa: «Il generato è la stessa sostanza divina, il generante è la stessa sostanza divina, così come lo stesso generare»5.

Esaminiamo ora la processione dello Spirito Santo. «Oltre alla processione del Verbo, si pone in Dio un’altra processione, quella dell’Amore»6. L’amore è la relazione tra l’amante e l’amato; poichè Dio è assolutamente semplice «l’amante è Dio, l’amato è Dio. L’impulso d’amore è Dio»7. Lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio come da un unico principio. Se procedesse solo dal Padre sarebbe il Figlio: «Lo Spirito Santo procede ugualmente dal Padre e dal Figlio, […] deriva immediatamente dal Padre in quanto procede da lui, e ne deriva mediatamente dal Figlio in quanto procede dal Figlio. E in questo senso si dice che procede dal Padre per mezzo del Figlio»8. In questo caso l’espressione per mezzo del Figlio non vuole dire che il Figlio è lo strumento mediante il quale lo Spirito Santo procede dal Padre, ma vuole «indicare il fatto che il Figlio a sua volta procede dal Padre»9.

Inoltriamoci ora un poco nella riflessione sulle tre persone. La prima persona divina è il Padre, il principio da cui procedono le altre persone divine: «Da tutta l’eternità Dio è Padre del Figlio, mentre soltanto dal principio del tempo è Padre delle creature. Quindi la paternità si attribuisce a Dio prima rispetto al Figlio e poi rispetto alle creature»10.

La seconda persona della Trinità viene chiamata anche Verbo o Immagine. La parola Verbo sta ad indicare il fatto che «procede per emanazione intellettuale»11; tutto è detto nel Verbo, il Padre dicendo il Verbo dice tutta la Trinità e la creazione. «In principio era il Verbo. E il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio […] tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste» (Gv 1,1-3). Anche il nome Immagine ha un fondamento nella Sacra Scrittura: «Chi ha visto me ha visto il Padre» (Gv 14, 9).

Veniamo ora allo Spirito Santo, designato anche coi nomi di Amore e Dono.

Il termine Amore indica l’unione quando si riferisce al nesso tra il Padre e il Figlio, che «nel loro convergere costituiscono nell’amore reciproco l’unico principio spiratore»12. Invece se consideriamo il nome amore nel suo significato distintivo esso indica la sua distinzione simultanea dall’amante e dall’amato; in questo senso il nome Amore si addice allo Spirito Santo poiché «si distingue dal Padre e dal Figlio, come ciò che si distingue dall’amante in quanto amante, e dall’amato in quanto amato»13.

Il nome Dono indica invece il fatto che lo Spirito Santo è «un donazione gratuita»14. Come nelle vicende umane, il motivo per cui si fa un dono gratuito è l’amore verso il destinatario di tale dono: «È chiaro che l’amore ha natura di primo dono, da cui provengono tutti i doni gratuiti. Ora, si è già visto che lo Spirito Santo procede come Amore, quindi procede come primo Dono»15.

Nella consapevolezza di aver presentato soltanto un quadro minimale del mistero della Santissima Trinità16, concludo augurando a tutti di diventare santi per poter contemplare e gustare pienamente, grazie all’unione perfetta della visione beatifica, il mistero del Dio trino ed unico nella patria beata.


1 Catechismo della Chiesa Cattolica, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1999, p. 85.

2 Tommaso d’Aquino, La Somma Teologica, I, q. 27, a. 2, a cura dei Domenicani italiani, ESD, Bologna 2014, p. 342.

3 Giuseppe Barzaghi, La Trinità. Mistero giocato tra i riflessi, Edizione Studio Domenicano, Bologna 2017, p. 37.

4 Tommaso d’Aquino, La Somma Teologica, I, q. 27, a. 2, op. cit. p. 343.

5 Giuseppe Barzaghi, La Trinità. Mistero giocato tra i riflessi, op. cit., p. 45.

6 Tommaso d’Aquino, La Somma Teologica, I, q. 27, a. 3, op. cit. p. 345.

7 Giuseppe Barzaghi, La Trinità. Mistero giocato tra i riflessi, op. cit., p. 47.

8 Tommaso d’Aquino, La Somma Teologica, I, q. 36, a. 3, op. cit. p. 427.

9 Giuseppe Barzaghi, La Trinità. Mistero giocato tra i riflessi, op. cit., p. 178.

10 Tommaso d’Aquino, La Somma Teologica, I, q. 33, a. 3, op. cit. p. 402.

11 Tommaso d’Aquino, La Somma Teologica, I, q. 34, a. 2, op. cit. p. 412.

12 Giuseppe Barzaghi, La Trinità. Mistero giocato tra i riflessi, op. cit., p. 184.

13 Ibidem.

14 Tommaso d’Aquino, La Somma Teologica, I, q. 38, a. 2, op. cit. p. 441.

15 Ibidem.

16 Rinviamo quindi alla lettura del trattato De Deo Trino della prima parte della Somma Teologica.

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Sono nato a Crema il 12 luglio 1991. Ho iniziato a farmi domande serie sulla fede e sulla mia vocazione intorno ai 19 anni, una volta finite le scuole superiori. Queste domande mi portarono ad approfondire i contenuti della fede cristiana, iniziai a leggere personalmente i vangeli e successivamente, come mi consigliò un mio amico, lessi anche il Catechismo della Chiesa cattolica. Inoltre incominciai a frequentare le iniziative della parrocchia, e fu proprio qui che, durante gli incontri di catechismo per gli adulti tenuti dal viceparroco, sentii per le prime volte i nomi di san Tommaso d’Aquino e di santa Caterina da Siena, nomi che suscitarono in me un forte interesse di approfondire il loro insegnamento. Piano piano, continuavo a sentire in me sempre più intenso il desiderio di diventare religioso: fu così che, una volta avuti i contatti per il percorso di discernimento vocazionale nell’Ordine, intrapresi un percorso che mi ha portato ad essere un frate dell’Ordine dei Predicatori. Ho emesso i voti semplici il 15 settembre 2019.