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«Studiare senza pensare è inutile, pensare senza studiare è pericoloso».

Questo antico adagio dovrebbe essere ben stampato nella mente di ogni studioso. Cosa significa studiare san Tommaso? Qual è l’obiettivo della scuola tomista? Di certo non significa diventare allievi colmi di sterili nozionismi, ma nemmeno dei presuntuosi che pensano di superare il maestro senza prima aver appreso i suoi segreti1.

Vero discepolo è colui che si lascia contagiare dal maestro, ovvero colui che elabora un proprio pensiero originale per mezzo di quegli stessi strumenti che gli sono stati insegnati a scuola. Lasciarsi contagiare dai principi dell’Aquinate così da continuare quell’opera da lui iniziata e ancora oggi non conclusa: questo significa studiare Tommaso.

Ragionare con il maestro per diventare a propria volta dei veri maestri: questo è l’obiettivo di un allievo tomista2.

Il segreto

Cos’è un segreto? L’etimologia di “segreto” deriva dal latino “secernere” e significa “messo da parte”. Scoprire un segreto significa guardare con attenzione qualcosa per trovarvi quella cosa che “è messa da parte”, non perché inutile, ma al contrario perché tanto importante da sorreggere tutte le altre. Il segreto di una cosa è il fondamento della stessa. E un fondamento non si vede, perché è “sotto” quello che si vede: è segreto, appunto.

San Tommaso è un “maestro” e come tutti i veri maestri ha il suo segreto e per scoprirlo bisogna guardare dentro il suo lascito più importante: la Somma Teologica.

Se consideriamo la Somma con uno sguardo attento scopriamo che è costituita su due livelli, ovvero uno logico e l’altro interpretativo3. Di primo acchito questi due piani sono in contraddizione tra loro: l’aspetto logico è noioso e schematico perché si identifica come un rigido metodo con cui Tommaso organizza il proprio pensiero; il secondo, invece, è pieno di sfaccettature, privo di rigidità schematica e, dunque, più difficile: è il piano delle interpretazioni.

San Tommaso intende guidare il suo allievo in un itinerario a due versanti: nel primo vuole insegnargli un metodo per non sbagliare a organizzare un discorso, è il segreto logico, nel secondo gli rivela il cuore del discorso stesso, è il segreto immaginifico o metaforico. Ma così i segreti sono due! Niente affatto, è uno solo: il segreto di saper riassumere il discorso su Dio, ovvero la teologia, in modo semplice e chiaro, cioè attraverso la schematicità della logica e il diletto della metafora4.

Il segreto razionale e strutturale

Che cos’è un riassunto? Etimologicamente deriva dal latino “re-ad-sumere” e vuol dire “prendere di nuovo”. Riassumere un discorso significa, dunque, prenderlo nuovamente in attenzione. E per fare cosa? Per spiegarlo in modo sintetico e chiaro.

San Tommaso definisce la Somma Teologica come un riassunto di teologia destinato ai novizi. Il suo scopo è quello di aiutarli a cogliere con l’intelligenza i segreti della disciplina servendosi di una sintesi chiara. Quando l’Aquinate spiega, sinteticità e chiarezza sono sempre insieme. “Teologia” significa “discorso su Dio”. La teologia è innanzitutto un discorso. E un discorso è diviso in tre punti: un principio, un percorso, anche detto “medio” e un termine5. San Tommaso assume questa triadicità come proprio sistema strutturale. Infatti, prende da Dionigi pseudo-Areopagita la divisione triadica della moné (manenza), próodos (uscita) e epistrophé (ritorno)6: la manenza, ovvero il principio, è Dio; l’uscita, ossia il medio, è l’atto creativo; il ritorno o termine è la tensione delle creature al loro Creatore, cioè il ritorno dell’uomo a Dio.

La Somma Teologica, quindi, è divisa proprio in queste tre parti: nella prima tratta di Dio in sé stesso, nella seconda delle creature, nella terza della via attraverso cui l’uomo torna a Dio, ovvero di Cristo, il Dio fatto uomo7.

Dio, Uomo, Dio-Uomo: ecco lo schema logico del riassunto. Si tratta di una struttura sillogistica in cui dalle due premesse si genera una conclusione: Dio si fa uomo perché l’uomo diventi Dio; l’Uno si fa molteplice, perché il molteplice diventi Uno. In un sillogismo non conta la consequenzialità temporale, ciò che viene prima o ciò che viene dopo. La struttura di un sillogismo è simile a quella di una volta architettonica: esiste una “chiave” che regge il tutto e che si trova esattamente nel centro. La chiave di volta di un sillogismo è il suo terzo termine, ovvero il medio.

Per Tommaso, la “chiave”, ovvero il mediatore tra Dio e uomo, è Cristo: Dio crea l’uomo per mezzo di Cristo e in vista di Cristo. La via tra Dio e uomo, ovvero il percorso del loro dialogo, è la medesima tanto nell’uscita quanto nel ritorno.

“Spiegare” vuol dire “togliere le pieghe”. Da cosa? Dal “complicato”, ovvero da ciò che è “con pieghe”. Riassumere un discorso significa ritrovare un’unità all’interno della sua complessità, vuol dire spiegarlo. Spiegare la teologia è riassumerla in quel termine in cui uomo e Dio sono insieme: Cristo8.

La complessità del Cristianesimo si svela nella semplicità di Cristo per mezzo di un’operazione dialettica, ovvero semplificando il complesso delle molteplici premesse attraverso il semplice dell’unico termine medio. Il cuore del segreto logico di Tommaso, dunque, è la struttura dialettica9.

Il segreto immaginifico o metaforico

Che cos’è una metafora? Etimologicamente deriva dal greco “metaphorà” e significa “trasferire”. Si tratta di un moto, dunque, con cui un significato astratto viene “trasferito” in un’immagine concreta e ad essa non immediatamente correlata.

Per parlare di Dio si possono usare metafore? San Tommaso non ha dubbi, si può fare. Infatti, è convinto che l’uomo, per conoscere le verità di fede, e quindi per poterle amare, abbia bisogno di immagini che lo aiutino ad innalzarsi dalle cose visibili del proprio quotidiano a quelle invisibili della Rivelazione10.

Quando un bambino vede qualcosa che lo incuriosisce chiede: «Che cos’è?». Molti al sentirlo risponderebbero con un sorriso, ma non Aristotele. Infatti, lui gli ribatterebbe: «Cosa ti spinge a farti questa domanda?». Secondo lo Stagirita, tra la radice che alimenta la curiosità di un bimbo e a quella di un cucciolo di animale la differenza sta nell’epagoge, cioè nella capacità intrinseca dell’uomo di cogliere l’essenza delle cose, ovvero la struttura intima delle stesse. L’essenza delle realtà materiali, quando viene concepita dal nostro intelletto, si chiama quiddità, perché risponde alla domanda Quid est?, in italiano Cos’è?11.

Per San Tommaso, l’oggetto proprio della mente dell’uomo è la quiddità delle cose materiali. La conoscenza diretta dell’intelligenza umana è limitata, dunque, alla sfera del sensibile. Per arrivare alla comprensione delle cose sovrasensibili dovrà ricorrere a una conoscenza indiretta, ovvero trasferendo il proprio modo di conoscere le cose materiali su quelle immateriali.

L’intelletto degli uomini, in quanto umano, ha per oggetto proprio esclusivamente l’essenza delle realtà materiali. Tuttavia, in quanto intelletto, ha per oggetto l’essenza di qualunque ente, anche immateriale. Proiettare le caratteristiche proprie delle cose materiali su quelle spirituali per poterle assaporare12: ecco il segreto metaforico e delle interpretazioni.

Questo secondo aspetto dell’unico segreto di Tommaso è molto più difficile del precedente: qui ci sono tante facce e altrettante possibili interpretazioni, ci si rende conto di come esistano cose che la pura ragione e la filosofia non possano scoprire. Tuttavia, non è solo più difficile, è anche più bello, perché si riflette su Dio secondo il modo del meraviglioso.

Chi riflette meravigliandosi capisce, ma non come un logico che abbraccia tutto, ma come chi prende consapevolezza del fatto che la gloria di Dio non possa essere racchiusa in uno schema13. Meravigliarsi è rendersi conto della gloria di Dio, è lasciare che essa si rispecchi nella propria coscienza14.

Il segreto del predicatore

Qual è il compito di un predicatore? Il verbo “predicare” deriva dal latino praedicare, che significa “rendere noto solennemente”. Predicatore, dunque, è colui che annuncia qualcosa di non ancora conosciuto da chi lo ascolta.

San Tommaso è un predicatore e il suo scopo è quello di rendere noto il Vangelo15. Dunque, predicare e insegnare teologia sono la stessa cosa? Non proprio. Tommaso è estremamente consapevole della consequenzialità tra studio e annuncio, tanto da comporre questa breve preghiera16: «O Signore, dammi acutezza d’intelletto, capacità di ricordare, metodo e facilità nell’apprendere, finezza nell’interpretare, una grande eleganza nel parlare»17.Tuttavia, non avrebbe mai permesso ai suoi studenti di diventare maestri in Sacra Doctrina, ovvero in teologia, se prima non fossero diventati buoni predicatori. Annunciare non è soltanto spiegare. Si spiega quando si dice tutto, ovvero quando si costringe l’uditore all’assenso per mezzo di ragionamenti ineccepibili. Chi annuncia fa un’altra cosa, infatti non dice tutto, ma dà degli strumenti perché chi lo ascolta, non studenti, ma discepoli, possano lavorare con la propria intelligenza18. Il predicatore non convince gli uditori, ma li contagia, ovvero comunica loro la sapienza divina affinché essi stessi, una volta assimilato l’insegnamento, siano capaci di aggiungervi del proprio19. Se il fine del predicatore è annunciare il Vangelo, e la causa dell’esserlo è l’averlo ricevuto, allora predicare significa rendere il prossimo nella condizione in cui sia a propria volta possibile diventare un annunciatore. Comunicare la Sacra Doctrina stimolando in chi ascolta la soddisfazione della scoperta e il desiderio della ricerca: questo è il segreto del predicatore20.

Conclusioni

Nel Vangelo di Matteo (Mt 5,13-14) Gesù paragona i suoi discepoli alla luce del mondo. Com’è possibile? Non era forse lui stesso la vera luce (Gv 8,12)? Certo, ma se il discepolo brilla non è per virtù propria, è infatti Dio stesso che lo illumina, che lo contagia di quella stessa brillantezza con cui risplende nel mondo (2 Cor 1,3-4)21.

Cosa significa studiare Tommaso? Qual è l’obiettivo di un allievo tomista? Significa lasciarsi contagiare dalla sua maestria per diventare, come lui prima di noi, autentici discepoli dell’unico vero Maestro, per essere «riflesso della bellezza di Dio, per riflettere la maestria di Gesù»22.


1 Giuseppe Barzaghi, La Maestria Contagiosa, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 2017, p. 11.

2 Cfr. Ivi, p. 13.

3 Cfr. Ivi, p. 15

4 Cfr. Ivi, p. 17.

5 Cfr. Ivi, p. 19.

6 Cfr. Ivi, p. 20.

7 Cfr. Ivi, p. 22.

8 Cfr. Ivi, p. 23.

9 Cfr. Ivi, p. 24.

10 Cfr. Ivi, p. 50.

11 Cfr. Ivi, p. 51.

12 Cfr. Ivi, p. 53.

13 Cfr. Ivi, p. 25.

14 Cfr. Ivi, p. 24.

15 Cfr. Ivi, p. 77.

16 Cfr. Ivi, p. 78.

17 Ibidem.

18 Cfr. Ivi, p. 79.

19 Cfr. Ivi, p. 81.

20 Cfr. Ivi, p. 82.

21 Cfr. Ivi, p. 279.

22 Ibidem.

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Mi chiamo Alessandro Cestari, in religione fra Alessandro Giordano Maria. Sono nato a Milano il 1 dicembre 2000, da padre trentino e madre pugliese. Mi sono diplomato al liceo classico del seminario Vescovile di Bergamo nel 2020, mentre l’anno successivo, il 13 Febbraio 2021 ho fatto la vestizione nel convento domenicano di Santa Maria delle Grazie a Milano, dove il 3 Settembre 2022 ho fatto professione semplice. Attualmente vivo al convento di San Domenico a Bologna e frequento lo Studio Filosofico Domenicano