Condividi

Trovo che sia particolarmente opportuno in questo tempo presentarvi la figura del beato Giovanni da Vercelli. Perché? Anzitutto il primo giorno di dicembre ne ricorre la memoria liturgica, poi, in un certo senso, i costanti pellegrinaggi alla tomba di san Domenico si possono dire possibili grazie al beato Giovanni. A questo punto, sorge un altro perché: dovete sapere che la decisione di realizzare una tomba più decorosa al Santo Padre Domenico – sebbene non esattamente nel luogo di collocazione attuale e non del tutto nella forma odierna – fu adottata proprio dal beato Giovanni da Vercelli, allora Maestro Generale dell’Ordine dei Predicatori.

È interessante che proprio ora, ormai all’approssimarsi del termine del giubileo domenicano per gli ottocento anni dalla nascita al cielo di san Domenico – che si concluderà solennemente in concomitanza della prossima Epifania -, emerga questa figura all’interno del calendario liturgico dell’Ordine. Provvidenza vuole che accanto all’unica altra memoria liturgica domenicana del mese di dicembre – ossia il beato Cristoforo da Milano, il 10 dicembre – vi fosse anche il beato Giovanni. Proprio nel mese antecedente alla conclusione di quest’anno importante, questo beato ci riporta alla mente non solo il privilegio di avere qui, a Bologna, le spoglie mortali di san Domenico, non solo ci conduce a contemplare le meraviglie di cui Dio è capace nella vita dell’uomo osservando gli straordinari bassorilievi e sculture che decorano l’arca (sepolcro), commissionata dal beato Giovanni, raffiguranti scene della vita del fondatore, ma invita anche a fermarci nella frenesia del quotidiano.

Perché fermarci? Significa stallo? No, la vita spirituale è dinamica, o ci lasciamo sollevare dalla grazia di Dio o iniziamo a perdere le ali, non ci si può fermare…allora, perché fermarci? Nella frenetica attività quotidiana, dalla famiglia al lavoro, il beato Giovanni ci mostra, sul modello di Cristo, ad essere operatori di pace, portando in noi e con noi la Sua pace. A lasciare cioè che la vita dello Spirito in noi si espanda ed espandendosi ci innalzi ed innalzandoci ci renda testimoni con la vita, malgrado la frenesia del mondo che, se ci lasciamo travolgere, ci appiattisce, senza pietà.

Dalle seguenti note biografiche1 sono sicuro che comprendete meglio perché il beato Giovanni venne denominato anche “pellegrino della pace”.

Giovanni nacque in un paesino della Val Sesia, in Piemonte, nell’alto vercellese. Precisamente: Mosso Santa Maria, tuttora un comune esistente. In questo villaggio delle prealpi piemontesi nei primi anni del XIII secolo (la data non è ben chiara; si pensa comunque non oltre il primo lustro di quel secolo) nacque Giovanni. Per chi conosce quelle zone, sa quanto siano sperdute tra speroni rocciosi, boschi di abeti e castagneti: è quasi commovente, a questo proposito, osservare in qual modo i disegni eterni di Dio si realizzino dove e quando nessuno immaginerebbe.

Un carattere forte, schietto, pratico, determinato, taciturno, capace però di grande generosità, abnegazione e amorevolezza, anch’esso – senza farne uno stereotipo – caratteristico degli abitanti di quelle aree geografiche. Così, per quanto possibile, può essere “dipinta” la personalità di Giovanni.

Immaginiamocelo: il piccolo Giovanni, figlio – probabilmente – di una famiglia di proprietari di bestiame, profondamente credente, passò i primi anni della sua vita aiutando il padre nel lavoro. Pare che ricevette la prima istruzione alla scuola di qualche sacerdote che si recava nei paesi della valle per l’assistenza spirituale e, in seguito, per quanto si riesce a ricostruire, continuò gli studi primari a Vercelli, grazie forse ad una borsa di studio messa a disposizione da alcuni notabili del luogo. Si distinse immediatamente per le spiccate doti intellettuali, così, questo giovincello brillante venne destinato all’università di Parigi.

Molto giovane lasciò quindi il proprio paese natale. Compiuti gli studi secondo il consueto iter del tempo, ottenne brillantemente la laurea in utroque iure (diritto civile e diritto canonico) e praticamente subito divenne professore. Non molto dopo, nella primavera del 1229, insorsero alcuni dissidi tra il vescovo di Parigi e la regina di Francia, per cui tutti i corsi vennero sospesi e studenti e professori furono costretti a lasciare l’università.

Proprio a Vercelli, nel frattempo, era in corso la fondazione di una nuova università. Qui venne chiamato ad insegnare Giovanni e proprio qui, verso la fine del 1229, conobbe l’allora Maestro generale dell’Ordine dei Predicatori, il beato Giordano di Sassonia. Dalla sua predicazione fu irresistibilmente attratto il giovane Giovanni che, in breve tempo, lasciò la carriera accademica per entrare nell’Ordine. Fu una risposta risoluta quella di Giovanni: un giorno, abbandonati i libri, tutti gli autorevoli incarichi rivestiti e la casa in cui viveva, si mise a correre finché incontrò per strada un gruppo di domenicani, tra i quali scorse il beato Giordano e, a quanto riportano i cronisti, pronunciò queste parole: «Io son di Dio, sì, io son di Dio2»; il Maestro dell’Ordine, Giordano, rispose, senz’altro aggiungere, cogliendo istantaneamente la bellezza e la trasparenza dell’anima che aveva dinanzi: «Poiché desideri essere di Dio, noi ti consegniamo nelle sue mani» e gli fece indossare l’abito dell’Ordine3».

Giovanni venne inviato al convento di Bologna. Più di cento frati vivevano qui, e diversi di loro oggi sono annoverati tra i beati e i santi della Chiesa. Qui Giovanni poté assistere a due eventi centrali: la prima traslazione delle reliquie del santo fondatore, avvenuta il 24 maggio 1233, e la canonizzazione di san Domenico (luglio 1234).

Divenuto sacerdote, dato il talento per la vita intellettuale, resa fruttuosa dalla fecondità di una profonda vita spirituale, Giovanni venne inviato a Vercelli per fondare un nuovo convento. Di lì a poco venne eletto priore nella nuova fondazione ed iniziò l’insegnamento nella locale università. Si può dire che da questo momento ebbe inizio una serie di incarichi di governo nell’Ordine che impegnarono Giovanni sino alla morte.

Dopo il priorato al convento di Vercelli, Giovanni venne eletto priore del convento di san Domenico in Bologna e poco dopo, nel 1257, venne eletto priore provinciale della provincia domenicana di Lombardia. Essa aveva un’estensione geografica veramente ampia, comprendendo tutta l’alta Italia, circa trenta conventi e più di cinquecento frati. Accanto all’estenuante cura e governo della provincia, gli vennero assegnati anche importantissimi incarichi diplomatici e il ruolo di inquisitore della regione veneta. Recatosi poi a Parigi in occasione del Capitolo generale dell’Ordine, il 7 giugno 1264 venne proclamato Maestro generale dell’Ordine dei Predicatori, succedendo a Umberto di Romans e divenendo così sesto successore di san Domenico. Incarico che con totale dedizione e spirito di servizio ricoprì per diciannove anni, fino alla sua morte.

Da questo momento svolse una quantità impressionante di incarichi. Scrisse diverse opere, anche esegetiche e molte lettere destinate a tutto l’Ordine. Grande promotore della vita regolare, predicatore indefesso, visitò a piedi – sorretto sempre da un bastone di legno -, un gran numero di conventi dell’Ordine, specialmente in Italia e Francia. Conobbe Tommaso D’Aquino4. In seguito, Innocenzo IV, considerate anche la preparazione giuridica e teologica di Giovanni, lo nominò inquisitore a Venezia e, poi, di tutta la Lombardia. Ruolo questo che esercitò con determinazione sempre ricca di carità, per salvare le anime. Urbano IV lo nominò procuratore apostolico della crociata contro gli infedeli. Clemente IV lo nominò suo consigliere, nel 1268.  Svolse in modo pressoché ininterrotto attività di paciere in situazioni alquanto delicate e complesse; una tra tutte, la pacificazione tra le repubbliche di Genova e Venezia affidatagli da papa Gregorio X. Rifiutò la nomina a patriarca di Gerusalemme e pare anche che rifiutò di accettare la sua elezione a pontefice.

Nel giugno del 1267, il beato Giovanni, dopo aver ordinato la realizzazione di un’arca marmorea più degna del santo fondatore Domenico, presiedette solennemente alla traslazione delle reliquie nella nuova sistemazione. Buona parte di ciò che è tuttora visibile, tra sculture e bassorilievi, proprio quella tomba dinanzi alla quale tanti pellegrini oggi sostano in orazione, è frutto del lavoro commissionato dal beato Giovanni a Nicola Pisano e ai suoi collaboratori.

Dopo una vita intensissima, il beato Giovanni da Vercelli nacque al cielo il 30 novembre 1283 nel convento di Montpellier, mentre vi si trovava per ragioni apostoliche. Ben presto il suo culto si estese in tutto l’Ordine e non solo, così il santo papa Pio X ne confermò il culto il 7 settembre 1903, fissando al 1° dicembre la memoria liturgica. Le sue reliquie, collocate nel convento domenicano di Montpellier, vennero disperse nel 1562 ad opera degli eretici protestanti che, distrutto il sepolcro, ne dispersero i resti mortali, per poi abbattere tutto il convento di Montpellier.

Volontariamente nella narrazione biografica ho posto in evidenza il particolare del bastone che il beato Giovanni portava con sé nei lunghi e continui viaggi a piedi per l’Europa (i mendicanti infatti non si spostavano a cavallo). Questo per varie ragioni: non solo è un ulteriore particolare che lo riconduce al santo fondatore Domenico, quanto allo zelo nell’itineranza apostolica, non solo perché è l’unica reliquia ancora conservata nell’ex chiesa dei domenicani dedicata a san Cristoforo, a Vercelli, ma anche per via del significativo risvolto che questo oggetto, apparentemente ordinario, possa avere per scoprire meglio la personalità del beato Giovanni.

Pellegrino della pace, questo è l’appellativo di Giovanni da Vercelli. Ciò a ragion veduta: fu pellegrino, soprattutto nel cuore, disdegnando e relativizzando, nonostante i prestigiosissimi incarichi rivestiti, gli onori, la ricchezza, il potere… La sua fu una donazione totale a Cristo, consapevole dell’esigenza di lasciarsi salvare da Lui; fu un claudicante attraverso l’Europa: custodendo l’umiltà del cuore e le chiavi della cella interiore, in ogni fatica si appoggiò sempre “al braccio” del suo carissimo e instancabile Amico, Gesù, consapevole che senza di Lui nulla di buono possiamo compiere.

Così prossimo a Cristo, in ogni circostanza, il beato Giovanni poté diffondere la Sua pace, finanche nelle situazioni più intricate e bellicose. Con un orecchio teso nel suo cuore, ove parla il Signore, e un orecchio attento alle parole del suo interlocutore, fu sempre paciere sapiente, caritatevole e prudente.

Così fedele alla Chiesa: dovremmo assumerlo come esemplare, oggi, ove il rispetto e la fedeltà al Pontefice sono spesso intaccate dalla superbia di taluni che si ergono a fallaci ed unici pastori del gregge.

Così pacificato nello Spirito: preghiamolo affinché in un tempo animato da un’incomprensibile frenesia possiamo pur sempre gustare la stabile presenza di Cristo in noi ed essere testimoni autentici, collaboratori della Grazia, in un frangente storico complesso e contorto.

Così umile, il beato Giovanni da Vercelli, ci renda sereni nell’abbandono quotidiano alla Provvidenza, senza più trattenere e progettare, solo lasciando che Cristo sia l’unico, vero e totale protagonista della vita donataci, ricordandoci di essere solo servi inutili.


1 Per il presente scritto sono stati consultati (dunque si consigliano per eventuali approfondimenti personali): Giuseppe Pio Mothon, o.p., Vita del Beato Giovanni da Vercelli, Roma, 1903 (prima per precisione di analisi e puntualità nell’utilizzo delle fonti); del medesimo autore: Compendio della vita del Beato Giovanni da Vercelli, Roma, 1904. Sintetica ma valida è anche: Reginaldo Francisco, o.p., Chi era il beato Giovanni da Vercelli, ed. Torino: La stella di San Domenico, 1983. Più breve ma pur sempre considerevole è: Antonino Silli, o.p., voce: Giovanni da Vercelli, in: Bibliotheca Sanctorum, vol. VI, pagg. 918-919. Ed. Roma: Citta Nuova, 1965. In ultimo è da menzionare anche: Supplemento alla Liturgia delle Ore secondo il calendario proprio dell’Ordine dei Predicatori e delle province italiane, Province domenicane d’Italia, 1999.

2 Cit. Geraldo di Frachet, o.p., Vitae fratrum, Angelico Ferrua, o.p. (a cura di), ed. Bologna: Tamari, 1963, pag. 253, n. 199.

3 Ibidem.

4 Fu proprio il beato Giovanni a portare con sé a Vercelli il cingolo di san Tommaso dopo la sua morte, oggi custodito nel convento dei domenicani di Chieri.

Non perderti nessun articolo!

Per restare sempre aggiornato sui nostri articoli, iscriviti alla nostra newsletter (la cadenza è bisettimanale).