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L’Epilogo di Saul

La figura di re Saul, primo sovrano d’Israele, possiede una potenza drammatica incontestabile. A lui è dedicata una buona parte del Primo libro di Samuele e, a fianco degli episodi che lo vedono in relazione con Davide, il testo propone la narrazione della sua personale storia di fede. Inutile dire, visti i noti esiti, che si tratta di una tragedia, la caduta di un uomo indubbiamente grande che, a tratti, sembra quasi venire schiacciato dal proprio stesso peso.

Il brano che vorrei meditare con voi è sito alla fine della vita di Saul, quando i suoi nemici l’hanno ormai circondato ed il suo agire si tinge di disperazione. Il testo in questione è troppo lungo per riportarlo per intero in questa sede, per cui devo chiedere a coloro che lo volessero leggere prima di proseguire con l’articolo di mettere mano alla loro personale copia della Bibbia1.

La situazione è semplice: i filistei, i nemici giurati d’Israele, hanno ammassato un forte esercito contro Saul e lo attendono sul campo di battaglia; il re, uomo d’indubbia esperienza e valore militare, si rende conto della disparità delle forze in campo e cerca aiuto consultando il Signore attraverso i consueti metodi, ma senza trovare risposta2. A questo punto, contravvenendo sia alla sua volontà che a quella di Dio3, Saul decide di consultare una negromante, una donna abile nell’evocare gli spiriti dei morti, allo scopo di ottenere l’aiuto che cerca4. La donna riesce a chiamare lo spirito di Samuele, recentemente scomparso5, e questi, di fronte ai gesti quasi di adorazione rivoltigli da Saul, non fa che rammentargli la volontà del Signore, ossia «Il Signore ha fatto quello che ha detto per mezzo mio. Il Signore ha strappato a te il regno e l’ha dato ad un altro, a Davide. […] Domani tu e i tuoi figli sarete con me; […]»6.

Il silenzio di Dio

Non è facile secondo me interpretare questo brano, e non dovrebbe esserlo per nessuno che intenda avere uno sguardo onestamente rivolto al proprio intimo. A ben vedere, siamo di fronte ad un uomo che, in una situazione di terrore, sperimenta il silenzio di Dio. Come Samuele impietosamente gli ricorda, non c’era in gioco solo la sua vita, ma anche quella dei suoi figli e, in generale, tutto ciò che aveva costruito. Devo ammettere che la prima reazione verso il povero Saul è di compassione, quella stessa che alla fine del brano muove anche la negromante7. Tuttavia noi, a differenza della donna, siamo chiamati ad orientare questo sentimento ad un’ottica di fede nel Signore che ci impedisce di attribuire all’Onnipotente comportamenti umani d’ingiustizia e di parzialità.

Ciò che davvero ci sorprende è che in altre occasioni Dio sembra essere molto più misericordioso verso i suoi eletti di quanto non sia verso Saul: solo per citare due episodi, re Davide, resosi colpevole dell’omicidio di Uria l’Ittita, si pente e viene perdonato dal Signore8, così come Acab, re d’Israele, nonostante le sue nefandezze, riceve la grazia di non vedere la rovina della sua casata9. Saul invece, per aver risparmiato, e quindi tenuto per sé, beni votati allo sterminio, riceve una condanna definitiva e senza appello10.

Questa differenza di trattamento trova una risposta nella diversità di atteggiamento fra Davide ed Acab da un lato e Saul dall’altro: mentre infatti i primi due rispondono al riconoscimento del loro peccato con la penitenza, Saul non solo non si abbassa a gesti simili, ma rivolge la propria richiesta di perdono a Samuele11. A ben vedere, questa forma di devozione verso il profeta trova la sua ultima, disperata espressione proprio nell’evocazione del suo spirito da parte del negromante; qui infatti Saul non solo tributa a Samuele dei gesti quasi di adorazione, ma gli chiede sostanzialmente di aggirare il silenzio di Dio12.

Il fallimento della prova

Il sovrano infatti non invoca da Samuele un’intercessione per lui presso il Signore, ma cerca proprio in quelle pratiche proibite dalla Legge un modo per superare un comportamento, da parte di Dio, visto come un ostacolo immotivato. Sia la mancanza di penitenza sia l’incoerenza di questo atteggiamento ritraggono l’immagine di un uomo capace di vedere in Dio solo uno strumento, non un fine. Saul non sottomette la propria regalità a Dio, riconoscendo quindi implicitamente che solo dal Signore essa proviene, ma la vive come qualcosa che è altro da Dio e che quindi, in determinate circostanze, può dover fare a meno di Lui.

Sotto questa luce, l’episodio della negromante non appare come il gesto disperato di un uomo abbandonato da Dio, ma come l’estremo tentativo di un individuo tanto superbo da non riuscire ad ammettere l’unica verità: che senza il Signore non siamo nulla. Allora la negromanzia non è qui solo il segno di una corruzione morale di Saul, ma anche della degenerazione cui questa folle pretesa di autonomia porta l’uomo; il totale fallimento di questa azione, conclusasi con la patetica apatia del re, rivela non solo l’impotenza dell’uomo ma anche la sua stupidità. Le secche parole che Samuele rivolge a Saul non sono il segno della sordità di Dio alle suppliche umane, bensì i frutti tragici della cecità dell’uomo di fronte alla misericordia di Dio. Quel silenzio infatti che Saul tanto ha temuto può essere letto come l’invito a consegnare con fiducia la vita nelle mani dell’Onnipotente, a porre la propria volontà nel sacco e sulla cenere, così da lasciare che la Sua potenza riempia la nostra debolezza.

Ecco che quindi nel momento in cui Saul varca quella tenda, getta via l’ultima occasione che il Signore gli aveva dato di riporre in Lui la sua vita.


1 Cfr. 1Sam 28,3-25.

2 «Saul consultò il Signore e il Signore non gli rispose, né attraverso i sogni né mediante gli urìm né per mezzo dei profeti»; cfr. 1Sam 28, 6.

3 Cfr. Lv 19,31 e Dt 18,11.

4 Il fatto che la donna sia una vera negromante o solo una truffatrice è irrilevante per il discorso attuale.

5 Cfr. 1Sam 25,1.

6 Cfr. 1Sam 28,17-19.

7 Cfr. 1Sam 28,20-25.

8 Cfr. 2Sam 12,13-14.

9 Cfr. 1Re 21,23-29.

10 Cfr. 1Sam 15,1-23.

11 Cfr. 1Sam 15,25-31.

12 Cfr. 1Sam 28,14-15.


Riconoscimenti per le immagini: per la copertina, rielaborazione del dipinto di Nikiforovich Dmitry Martynov (1826–1889), “Lo spirito di Samuele invocato da Saul”.

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Quando il Signore mi venne a cercare, la mia mente vagava confusa nei caldi spazi dell’inedia, talmente carica di nulla da non poter portare altro con sé. Il mio corpo invece si preparava ad un indefinito inverno nella città di Ancona, gioiello del medio Adriatico (si fa per dire). Nella patria del pesce e del “mosciolo”, per un leggiadro scherzo della Provvidenza, sono nato quasi trentadue anni fa con una sentita inimicizia fra me e qualunque carne marina. La chiamata del Signore mi vide studente in storia ed appassionato consumatore di storie: racconti di tutti i tipi e narrati da aedi di tutte le arti. Ora che lo Spirito mi ha indirizzato nella famiglia di San Domenico ho posto questo mio nulla nelle mani della Vergine Maria e del caro Castigliano e chiedo loro quotidianamente di mostrarmi in ogni storia, vera o immaginaria, la traccia del Divino che lì soggiace. Ora che sto a Bologna studio come studiando rendere omaggio a Dio. Per contattare l'autore: fr.giuseppe@osservatoredomenicano.it