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«Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo» (Gal 6,14).

Non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo…

In Quaresima ci è dato il tempo, in modo più intenso rispetto al resto dell’anno liturgico, per stare di fronte alla croce, evento centrale della nostra fede; Cristo infatti, con la sua croce e risurrezione, ci ha redenti. La Pasqua, evento di morte e risurrezione, si è quindi realizzata proprio passando attraverso la porta stretta della croce. Così San Paolo, andando presso i Corinzi, riteneva di non sapere altro «se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso» (1Cor 2,2), e ai Galati, come riportato qui sopra, scrisse di non porre altro vanto se non nella croce di Gesù… Ma la croce rimane una realtà dura, che, umanamente parlando, sarà sempre difficile da accogliere e che, di conseguenza, sarà sempre difficile ritenere come il nostro più grande vanto, il nostro più grande bene.

Infatti, quotidianamente, cerchiamo di evitare tutte le croci che incontriamo sul nostro cammino mentre siamo abili nel trarre un qualche genere di vanto da cose che con la croce del Signore non hanno nulla a che fare. Se quindi il nostro vanto non sta nella croce del Signore, di cosa finiremo per vantarci se non delle cose del mondo? A questo proposito ci possono essere di sprone le parole che il santo papa Clemente I rivolse ai Corinzi:

«Mettiamo in pratica quanto sta scritto. Dice infatti lo Spirito Santo: non si vanti il saggio della sua saggezza, né il forte della sua forza, né il ricco delle sue ricchezze, ma chi vuol gloriarsi si vanti nel Signore, ricercandolo e praticando il diritto e la giustizia (cfr. Ger 9, 23-24; 1 Cor 1, 32, ecc.)»1.

In questo senso non dobbiamo vantarci delle cose del mondo: saggezza, forza e ricchezze, seppur non costituiscano un male in sé stesse, lo possono diventare se pian piano prendono il primo posto nel nostro cuore e, a quel punto, il vantarsene ne è la conseguenza. Impariamo quindi da Cristo crocifisso: sulla croce la sua unica saggezza, forza e ricchezza era fondata sulla Parola di Dio, fino ad esclamare, citando il secondo versetto del salmo 22: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mt 27,46). Così Gesù, per noi, è stato fatto peccato da Dio (cf. 2 Cor 5,21), ha cioè assunto in sé il peccato del mondo e, con la sua morte di croce, lo ha annientato divenendone il Salvatore. Gesù, Re e Salvatore di un mondo che diviene redento, libero dalla schiavitù del peccato e dal quel principe che assoggettava il mondo intero.

…per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo.

Compreso che il peccato del mondo, che poi è il peccato di ciascuno di noi, è stato crocifisso, quindi annientato per la nostra salvezza, dovremmo porre ogni nostro vanto e ogni nostra riconoscenza in Cristo crocifisso e risorto, disprezzando il mondo del peccato e dispiegando ogni nostra risorsa per non vivere più per esso, così da affermare con san Paolo: «Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se steso per me» (Gal 3, 19b-20).

Noi siamo stati crocifissi con Cristo nel giorno del nostro Battesimo, giorno nel quale siamo stati immersi nella sua morte e risurrezione, e così siamo stati fatti nuova creatura, risorti in Colui che ora vive in noi: mentre viviamo nel corpo, la fede nel Figlio di Dio fa sì che Cristo sia «in qualche modo il soggetto di tutte le [nostre] azioni vitali»2, ossia di tutte le azioni compiute in grazia di Dio.

San Paolo invitava i Corinzi a considerare la loro chiamata, ossia il loro essere stati chiamati per grazia di Dio alla vita cristiana, e mi sembra che queste parole possono aiutarci a comprendere in che senso per noi il mondo è stato crocifisso, come noi lo siamo per il mondo. L’Apostolo fa notare che tra i Corinzi chiamati alla fede non ci sono «molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili» (1 Cor 1,26), perché quello che è «ignobile e disprezzato, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono, perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio. Grazie a lui voi siete in Cristo Gesù, il quale per noi è diventato sapienza per opera di Dio, giustizia, santificazione e redenzione, perché, come sta scritto, chi si vanta, si vanti nel Signore» (1 Cor 1, 28-31).

Ecco quindi che le cose che sono, ovvero tutto ciò che agli occhi del mondo è ritenuto qualcosa ed è motivo di vanto, viene ridotto ad essere nulla, e invece ciò che agli occhi del mondo è ritenuto inesistente e motivo di biasimo, Dio lo ha reso vivo in Cristo Gesù, rivestendolo della sua giustizia e santità e realizzando così le parole del Magnificat: «Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili» (Lc 1,52). Noi possiamo essere quegli umili che, grazie alla conversione meritata per il Sangue di Cristo, veniamo innalzati, e Maria Santissima è l’esempio per eccellenza di questo innalzamento che l’ha portata a magnificare il Signore e a divenire Regina dei cieli e della terra. Questa regalità l’ha ricevuta sotto la croce, dove l’umile Agnello, dichiarava l’umile sua Ancella «Madre nostra, Madre dei peccatori»3.

Se siamo consapevoli di tutto ciò, come non porre il nostro vanto nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, tramite la quale abbiamo ricevuto tanti e così grandi beni? Evidentemente sarebbe stolto confidare e porre il nostro vanto in qualcos’altro: «Riconosci, [ci dice san Gregorio], che sei divenuto figlio di Dio, coerede di Cristo e, per usare un’immagine ardita, sei lo stesso Dio!»4. Come porre, quindi, altro vanto se non nel Signore Gesù Cristo «il quale per noi è diventato sapienza per opera di Dio, giustizia, santificazione e redenzione» (1 Cor 1,30)?


1 Dalla Lettera ai Corinzi di San Clemente I, Papa. Fate Penitenza. (Sito vatican.va, consultato in data 1/3/2023).

2 Bibbia di Gerusalemme, EDB, Bologna, 2017, p. 2773 (nota a Gal 2,20).

3 Cfr. Supplica alla Madonna di Pompei del beato Bartolo Longo.

4 San Gregorio Nazianzeno: Dimostriamoci vicendevolmente l’amore di Dio (Dal sito vatican.va consultato in data 1/3/2023).

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Nato nel maggio 1997 e cresciuto a Villa del Ferro, piccolo paesino del basso Vicentino, ha compiuto gli studi di geometra ad indirizzo geotecnico e, preferendo alle squadre e alla pietra i microscopi e la carne, ha proseguito la sua formazione con una laurea in biologia. Conquistato dalla bontà del Signore e dal silenzioso profumo del santo padre Domenico, ha emesso la professione semplice il 4 settembre 2021. Ora attende agli studi formativi presso il convento patriarcale di Bologna.