Si è svolto lo scorso 22 ottobre 2022 presso l’Istituto Veritatis Splendor della Fondazione Lercaro di Bologna un convegno sulla storica Romana Guarnieri, dal titolo E i libri e le anime. Romana Guarnieri: un itinerario di vita. Ne parliamo oggi con la dottoressa Francesca Barresi, che ne cura il Fondo archivistico e librario conservato presso la Fondazione Lercaro.
Innanzitutto, può dirci qualcosa su Romana? Chi era, e quale la sua importanza per la cultura laica ed ecclesiastica del Novecento italiano ed europeo?
Romana Guarnieri è stata un’importante studiosa di mistica e storia della pietà medievale. Nata a L’Aia nel 1913 da madre olandese e padre italiano, all’età di 12 anni si trasferì a Roma dove, dopo il liceo, intraprese gli studi universitari specializzandosi in Lingua e Letteratura Tedesca alla Sapienza. Conclusa la formazione accademica, lo snodo delle sue scelte di ricerca e della sua vita avvenne dopo l’incontro, nel 1938, con don Giuseppe De Luca, una delle menti più vivaci e geniali della cultura cattolica del XX secolo. Un prete di fenomenale importanza nella storia della Chiesa contemporanea, purtroppo oggi poco ricordato.
Quale significato ebbe per la Guarnieri l’incontro con don Giuseppe De Luca?
Accanto a De Luca, di cui fu allieva e collaboratrice, Guarnieri iniziò la sua attività di operatrice culturale ed editoriale partecipando alla fondazione delle Edizioni di Storia e Letteratura e dell’Archivio italiano per la Storia della Pietà. Soprattutto, fino all’incontro con De Luca, Romana, che pure era stata battezzata, non aveva mai avuto alcun rapporto con la fede. L’incontro col “prete romano” segnò l’inizio di un percorso spirituale e intellettuale che la porterà alla piena conversione al cattolicesimo e alla scelta di orientare le sue ricerche verso gli studi di storia e letteratura religiosa, in particolare, sulla scia del suo maestro, all’approfondimento della storia della pietà.
Cosa si intende quando si parla di “storia della pietà”, metodologia che sembra fare da fil rouge all’intera produzione scientifica della Guarnieri?
La storia della pietà è una disciplina storica teorizzata da don Giuseppe De Luca nel 1951, in apertura del primo numero dell’Archivio. De Luca propone un tema d’indagine del tutto nuovo nel paesaggio storiografico di quegli anni, una realtà inequivocabile e tuttavia ancora mai presa in seria considerazione dagli storici: la realtà della presenza amata di Dio nel cuore degli uomini – presenza da lui chiamata “pietà” – nonché il fatto che questo amore coincida in misura talora rilevantissima nella loro storia terrena; storia non solo di singoli individui, quanto di interi gruppi e comunità umane (G. De Luca, Introduzione alla storia della pietà, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1961 [rist.]).
La nozione, apparentemente indeterminata, consente di estendere senza limiti la ricerca a qualsiasi testimonianza che fosse espressione, in ogni tempo, luogo e religione, di una dimensione fra le più alte e segrete della vita degli uomini, e in essa di cogliere e riscoprire la presenza di Dio nelle realtà più minute e nascoste della storia.
Su cosa si concentrarono prevalentemente gli studi della Guarnieri?
La sua attività di ricercatrice si è concentrata in particolare sull’analisi del rapporto tra donne e Chiesa tra il XIII e il XVI secolo. Nel campo degli studi storico-filologici, resta fondamentale la sua identificazione e successiva edizione critica (1965) del Miroir des âmes simples, opera della beghina francese Marguerite Porete (†1310) circolata anonima per più di sei secoli, dopo che la Porete fu arsa al rogo come eretica relapsa il 31 maggio del 1310 a Parigi. Nella storia dei roghi di libri, si trattò della prima istanza di una procedura inquisitoriale che finisce con il rogo sia del libro che della sua autrice.
Perché l’attribuzione del Miroir fu così sensazionale, tanto da essere definita «la più emozionante scoperta fatta nel campo degli studi medievali»?
Il testo riporta all’attenzione il vasto mondo della spiritualità beghinale e dell’elemento femminile in seno ai movimenti pauperistici del XIII secolo, ponendo altresì nuove basi per una storia delle donne e della loro dignità intellettuale nel contesto dei secoli medievali. La riscoperta dell’opera della Porete, donna coltissima e capace di un notevole slancio speculativo, non fu una mera acquisizione storico-filologica, ma un importante punto di partenza per scrivere una nuova e più esatta storia delle donne medievali e insieme affermare che il genio femminile non può essere escluso, espulso o negato ma restituito nella sua dignità alla storia europea. Questa infatti appartiene loro a pieno titolo, nonostante le scellerate violenze e usurpazioni degli assetti sociali ed ecclesiastici. La scoperta della Guarnieri rappresenta un tassello fondamentale per promuovere questa visione, che non solo rende giustizia all’universo femminile medievale, ma ristabilisce piena umanità, identità e veridicità alla storia europea. In tal senso, insieme alla Porete occorrerebbe ricordare un lungo elenco di figure approfondite e riscoperte dalla studiosa, come Hadewijch di Anversa, Angela da Foligno, Chiara da Montefalco… tutte da lei considerate “beghine”!
Romana Guarnieri stessa viene spesso ricordata come «l’ultima beghina del Novecento». Quale fu il suo percorso personale di fede e come fu influenzato e ispirato anche dalle sue ricerche?
Ormai anziana Romana si definì “beghina”, accorgendosi retrospettivamente come, in modo “oggettivo” più che “soggettivo”, la sua esperienza religiosa concordasse con quella delle beghine del Medioevo. Il carattere “pratico”, squisitamente olandese, della personalità di Romana la portò infatti non solo a studiare, ma a sperimentare in prima persona l’esperienza beghinale, consacrando con voti privati la sua vita alla carità e allo studio, nel contesto del rinnovamento ecclesiastico suscitato dal Concilio Vaticano II e nel clima di una inattesa e specifica attenzione all’elemento femminile. Proprio quando nelle società del secondo Novecento si alzava, irruento e incontrollabile, il vento contestativo dei movimenti di liberazione femminista.
Come mai, se la vicenda di vita della Guarnieri si svolse prevalentemente a Roma, il suo fondo librario è conservato a Bologna?
Fu la Guarnieri stessa a desiderare che la biblioteca fosse affidata agli eredi, Adriano e Massimo Guarnieri Minnucci, per essere trasferita dalla sua casa di Roma a Bologna, e destinata all’Istituto Veritatis Splendor. Lei, che si sentiva «chiamata a servire la Chiesa nella ricerca del vero, applicandosi da un lato agli studi storico-umanistici e dall’altro mettendosi a servizio degli studiosi e degli studi altrui», pensò che l’Istituto, nato nel ’98 per volontà del Card. Giacomo Biffi e situato nell’ambito del “progetto culturale” della Chiesa italiana, fosse la sede giusta per conservare il suo patrimonio e custodire la sua eredità culturale. Qui la collezione avrebbe mantenuto la sua unitarietà, senza essere dispersa nelle tante sezioni di una biblioteca più vasta, e sarebbe stata resa accessibile agli studiosi.
Il card. Carlo Caffarra, allora arcivescovo di Bologna, accolse volentieri questa possibilità, e proprio a partire da essa desiderava che l’Isituto approfondisse l’attenzione all’universo femminile e al suo contributo nella storia della Chiesa. Durante la giornata di studi, anche il card. Matteo Zuppi ha ribadito l’importanza del continuare l’opera di studio sui materiali del Fondo, per riconoscere il giusto valore della Guarnieri nel contesto della cultura laica ed ecclesiastica sottolineando la grande libertà della sua ricerca, una libertà personale e intellettuale che non è stata compromessa ma ampliata e accresciuta attraverso l’incontro con Cristo.
Quali sono stati gli esiti della giornata di studi, e perché tornare a parlare di Romana Guarnieri oggi?
Parlare di Romana Guarnieri a più di cento anni dalla sua nascita vuol dire ricordare una straordinaria lezione di vita oltre che un’esemplare attività di ricerca e di studio. Il convegno si è bilanciato perfettamente tra queste due dimensioni: l’affettuoso ricordo dei testimoni e la discussione scientifica circa la sua proposta di un modello originale e nuovo di beghina, inculturato e contemporaneo ai nostri tempi.
La giornata è stata interessante, ricca, varia nei temi e negli approcci, con una splendida alternanza di riferimenti al lavoro intellettuale di Romana e affettuosi ricordi personali. È emersa insomma, non solo la grande studiosa, ma anche la grande persona. In linea, in fondo, col titolo E i libri e le anime.
Intervista realizzata dai nostri fra Alessandro Biasibetti e fra Lorenzo Bertollo.