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«Il vescovo d’Ippona affermava che l’anima, “condotta a segni materiali delle realtà spirituali, e da questi poi verso le cose che i segni rappresentano […] si rafforza nell’atto stesso di passare dagli uni alle altre […] come la fiamma di una fiaccola che, muovendosi, arde sempre più intensamente” (Epistola 55,11 e 21)»1

Nel periodo di Avvento ci troviamo avvolti da diversi segni materiali che si riferiscono a realtà spirituali. Osservando le vie delle città, l’esterno e l’interno delle nostre chiese e case, notiamo che tutto inizia ad illuminarsi sempre più: numerose luci di diversi colori si diffondono tra le palline colorate e i festoni rischiarando l’atmosfera all’avvicinarsi del gran giorno, il Natale del Signore, dove contempliamo il Bambin Gesù stretto tra le braccia di Maria, adorato dallo sguardo di Giuseppe e cercato da quello dei pastori e dei Santi Magi. Proprio questi ultimi, i «sapienti astronomi»2, seppero farsi condurre da segni materiali a realtà spirituali sublimi: videro infatti nel cielo la luce di una stella che li portò a piegare le ginocchia davanti a Colui che è «la luce vera» (Gv 1,9).

Ora, nella via verso il Natale, anche noi come i Santi Magi possiamo osservare quelle concrete fonti di luce, ad esempio le luminarie, che caratterizzano le festività natalizie e che suscitano in noi una meraviglia ed una gioia per certi versi affini a quella che i Saggi d’Oriente provarono al vedere la luce della stella (cf Mt 2,10). Non trascuriamola ma, parafrasando il santo dottore Agostino, ascoltiamola e lasciamoci rafforzare dall’esercizio di passare dai segni materiali, per quanto semplici, alle realtà spirituali che significano.

Simili considerazioni ci possono portare a guardare sotto una diversa luce ciò che, in fin dei conti, non è altro che una semplice e piccola lampadina di vetro. Ed eccoci giunti al primo termine in esame. Il vetro è un materiale di uso quotidiano ma non penso di esagerare nel dire che appaia pur sempre bello ai nostri occhi. È facile supporre che il vetro debba aver affascinato l’uomo al punto tale da portarlo ad attribuirgli il nome che meglio indichi quella particolarità che lo caratterizza, ovvero la sua impareggiabile trasparenza. Infatti, la parola vetro deriva dal termine latino «”vitrum”, che gli etimologisti traggono da vid-ere cioè che fa vedere, trasparente»3.

Ad esempio, se ci capitasse di vedere appesa ad un albero di natale una pallina di vetro o di cristallo, con all’interno un simpatico oggetto, sarebbe scontato attribuire proprio a questa trasparenza la possibilità di osservarlo senza difficoltà: il vetro non può nascondere alcunché, essendo trasparente si mostra quindi veritiero nei nostri confronti. A livello spirituale calza un altro esempio, è uno splendido augurio di santa Teresa di Calcutta: «Ti auguro di essere pulito come il vetro, il vetro se è pulito non si vede, se si vede è sporco, sii sempre un vetro pulito in modo che chi ti avvicina non guardi te, ma guardi Gesù che è presente in te; se noi cristiani siamo vetri puliti il mondo se ne accorge e si inginocchia davanti a Gesù»5. Qui, l’essere come vetri puliti, l’essere trasparenti e veri, si unisce ad un’altra splendida caratteristica pur sempre presente nel vetro: il non essere pienamente visibile per lasciar trasparire.

Ne consegue, quindi, il motivo per cui il vetro ci rimanda ad un’altra idea, quella di verità, la cui etimologia è ancora una volta di grande aiuto: «vero, dal lat. “verus”, inteso come meritevole di essere creduto, come mostra la radice slava corrispondente “věra”, fede»4. Il vetro quindi, permettendoci di vedere grazie alla sua trasparenza, è causa di fiducia: si prende il merito di farci credere, in un cristallino intravedere, ciò che nasconde dietro di sé. Nel vetro possiamo quindi veder rispecchiate quelle buone disposizioni dell’animo umano quali l’essere trasparenti, veri, degni di fede e quindi, proprio per la sua proprietà di lasciarci guardare oltre, umili.

Ora, tornando all’esempio della lampadina, affinché questa sia veramente tale, non basta che abbia un vetro trasparente, quindi non opaco o tantomeno sporco, poiché è la luce che contiene a rendere una mera sfera di vetro una lampadina. Così il cristiano non solo è chiamato alla trasparenza ma deve lasciar risplendere la sorgente luminosa che porta in sé. La fonte di luce è Gesù: è la sua grazia a renderci trasparenti alla luce del suo volto, senza la quale non possiamo nulla (cf Gv 15,5), tanto meno manifestarci come suoi veri discepoli. Il fatto che ciò sia opera sua, non vuol dire che noi possiamo starcene con le mani in mano: dobbiamo essere disposti a lasciarci guidare come i Santi Magi, rispondendo agli appelli che il Signore, tramite i segni della sua Provvidenza, pone nelle nostre vite.

Come scorgere tali segni? I Magi, in quanto sapienti studiosi del cosmo, li seppero ascoltare per giungere a Dio. Essi, mi pare, evochino la figura di un filosofo presocratico: penso ad Eraclito di Efeso, il quale dallo studio del mondo esteriore giunse a quello del mondo interiore. Egli ci ha così lasciato alcuni indizi, sparsi in frammenti simili a stelle nel cielo oscuro: «Ho investigato me stesso»6 e «A tutti gli uomini è data possibilità di conoscere se stessi ed essere saggi»7. Un’anima molto più vicina a noi, per epoca e per tradizione, ricca dell’eccelsa sapienza che promana direttamente da Cristo, è quella di santa Caterina da Siena, che ci ha lasciato parole simili: «(La Divina Provvidenza dice:, ndr) La via di chi vuole giungere alla perfetta conoscenza e vuole gustare me, Vita eterna, è questa: che tu non abbandoni mai la conoscenza di te stessa; e che, una volta scesa nella valle dell’umiltà, tu conosca me in te, poiché soltanto da questa conoscenza trarrai tutto ciò di cui hai bisogno e che ti è necessario».8

Sia le prime sia le seconde sono parole impegnative, ma la Provvidenza non ha mancato di indicarci qual è il segno guida per eccellenza: Maestra in questo percorso è la Stella del Mare, Maria Santissima. Guardando a lei, Madre Immacolata, possiamo avere la certezza di vedere un vetro pulito che lascia trasparire l’immagine del Figlio; è infatti tradizionale raffigurarla come cristallo attraversato da un raggio di sole o come una finestra che lascia passare la vera luce. Ella è certamente più che desiderosa di guidarci in questo cammino verso la vera luce.

«Maria è divenuta finestra del cielo, perché attraverso di lei Dio ha effuso sui secoli la vera luce»9.


1 Verdon Timothy, Le xilografie nella Bibbia: un commento dilatato, in La Bibbia di Gerusalemme, Bologna, EDB, 2017, p. XVI.

2 Ivi, p. 2315, nota a Mt 2,1

3 Pianigiani O., Vocabolario etimologico della lingua italiana, Genova, Fratelli Melita Editori, 1988, alla voce vetro, p. 1256.

4 Devoto G., Dizionario Etimologico, Avviamento alla etimologia italiana, Milano, Casa editrice Felice Le Monnier, 1968, p. 454.

5 Da un’intervista al card. Angelo Comastri, visualizzata il 9/12/21. Questo il collegamento: https://www.gloria.tv/post/E9iPPm7xwLmm1jY7FjcWpKmaw.

6 Reale G., I presocratici. Prima traduzione integrale con testi originali a fronte delle testimonianze e dei frammenti nella raccolta di Hermann Diels e Walther Kranz, Milano, Giunti Editore S.p.A., 2019, p. 365, [DK 22 B 101].

7 Ivi, p. 369, [DK 22 B 116]

8 Santa Caterina da Siena, Dialogo della Divina Provvidenza, versione in italiano corrente di Maria A. Raschini, Bologna, ESD, 2006, p.35, n.4

9 Comunità di Bose, Maria – Testi teologici e spirituali dal I al XX secolo, Milano, IV ed., Mondadori, 2003, p.202. Queste parole attribuite tradizionalmente a sant’Agostino non sono ora più ritenute sue ma hanno comunque plasmato i secoli e sono giunte a noi inalterate nel fascino.

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Nato nel maggio 1997 e cresciuto a Villa del Ferro, piccolo paesino del basso Vicentino, ha compiuto gli studi di geometra ad indirizzo geotecnico e, preferendo alle squadre e alla pietra i microscopi e la carne, ha proseguito la sua formazione con una laurea in biologia. Conquistato dalla bontà del Signore e dal silenzioso profumo del santo padre Domenico, ha emesso la professione semplice il 4 settembre 2021. Ora attende agli studi formativi presso il convento patriarcale di Bologna.