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Tutto tace

Pare che tutti siano tornati nel silenzio!
La nostra Quaresima viene di nuovo appesantita da questa situazione critica. Tornano a svuotarsi le nostre città! Di nuovo ci troviamo impauriti di fronte allo stesso vecchio problema che oramai da più di un anno assilla la nostra quotidianità, che mette in risalto la nostra fatica e la nostra fragilità. «Ci siamo trovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari»1.Tuttavia, la quaresima, così come questa nostra infausta condizione, viene rischiarata da una festa: san Giuseppe Sposo.

Quest’anno essa si impone in maniera ancora più incisiva all’attenzione del credente. Infatti, l’8 dicembre del 2020 il Santo Padre Francesco, in onore dei 150 anni dalla sua dichiarazione quale Patrono della Chiesa Cattolica fatta dal beato Pio IX, ha voluto indire un anno dedicato a questo santo con il quale «i fedeli potranno impegnarsi, con preghiere e buone opere, per ottenere con l’aiuto di San Giuseppe, capo della celeste Famiglia di Nazareth, conforto e sollievo dalle gravi tribolazioni umane e sociali che oggi attanagliano il mondo contemporaneo»2.

Ma chi era questo Giuseppe, marito di Maria?
Quale importanza ha mai avuto questa figura all’interno della storia della Salvezza?
E perché il Santo Padre ha voluto affidare proprio a questa figura il nostro cammino?

Sposo di Maria

Ad uno sguardo superficiale Giuseppe non pare una figura molto rilevante all’interno della trattazione evangelica. Ad essere precisi ne parlano “in maniera più articolata” soltanto Luca e Matteo (quindi neanche tutti gli evangelisti),e solo all’inizio (poi senza ma o perché scompare); alla sua entrata in scena sono assegnate giusto un pugno di battute.

È sufficiente, però, un’occhiata che vada poco più oltre, appena sotto la superficie, per accorgersi che nelle pochissime pennellate con cui dipingono Giuseppe ne viene fuori un quadro molto interessante. Al colpo d’occhio dice molto di più del numero effettivo di tratti, potremmo direttamente dire di parole, che sono usati per lui.

In particolare, a mio avviso, il Vangelo di Matteo mette in risalto la grandezza di Giuseppe e la sua missione all’interno della storia della Salvezza: «Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto»3.

In queste prime righe del brano evangelico, Giuseppe ci viene presentato come un uomo giusto e sposo di Maria. Ma in che modo fu sposo? Sappiamo bene infatti che Maria, pur trovandosi incinta per opera dello Spirito Santo, rimane sempre vergine… Vergine con un figlio, ma non figlio di Giuseppe. Potrebbe sembrare che Giuseppe sia soltanto una presenza transitoria e di nessuna importanza e che il suo appellativo di sposo sia più “formale” che reale. Niente di più falso! Quello che di cui non ci accorgiamo è che il matrimonio è anzitutto una chiamata all’amore e all’amore gratuito. La verginità? È anch’essa chiamata all’amore e in un modo così gratuito che, senza tenere nulla per sé, scopre un guadagno inimmaginabile. Sono due generosità quindi che, come tali, non possono combattersi, ma al contrario si completano. «A Giuseppe la tradizione ha messo anche il nome di “castissimo”. […]. La castità è la libertà dal possesso in tutti gli ambiti della vita. Solo quando un amore è casto, è veramente amore. L’amore che vuole possedere, alla fine diventa sempre pericoloso, imprigiona, soffoca, rende infelici. […] La logica dell’amore è sempre una logica di libertà, e Giuseppe ha saputo amare in maniera straordinariamente libera. Non ha mai messo sé stesso al centro. Ha saputo decentrarsi, mettere al centro della sua vita Maria e Gesù»4.

Il punto è che la vocazione del matrimonio è la chiamata di due persone ad essere una cosa sola. Quando due si sposano si potrebbe dire che abbiano la stessa vocazione. Pertanto, la vocazione verginale di Maria non è altro dalla sua vocazione sponsale verso Giuseppe, ma fanno parte dello stesso identico disegno di Dio. Allo stesso modo, la vocazione del falegname di Nazareth alla nuzialità non è altro dalla sua vocazione alla castità perfetta verso Maria: «Nella liturgia Maria è celebrata come “unita a Giuseppe, uomo giusto, da un vincolo di amore sponsale e verginale”. Si tratta, infatti, di due amori che rappresentano congiuntamente il mistero della Chiesa, vergine e sposa, la quale trova nel matrimonio di Maria e Giuseppe il suo simbolo»5.

Padre obbediente

Su questo amore sponsale, poi, si fonda la paternità giuridica di Giuseppe su Gesù: «La paternità di Giuseppe – una relazione che lo colloca il più vicino possibile a Cristo, termine di ogni elezione e predestinazione – passa attraverso il matrimonio con Maria, cioè attraverso la famiglia»6. In Giuseppe troviamo il modello della paternità: tutta la sua vita è il compimento di questa vocazione, è incentrata a rendere sempre più vera ed autentica la chiamata di Dio nella sua vita.

Nella esortazione apostolica Patris Corde, papa Francesco si sofferma ad analizzare varie caratteristiche di questa formidabile vocazione; io vorrei soffermarmi su un aspetto in particolare: il padre obbediente. Nel racconto di Matteo7 emerge come Giuseppe risponda prontamente ai comandi dell’angelo.

In ogni circostanza narrata dall’ evangelista notiamo come Giuseppe faccia suo sempre il fiat di Maria all’arcangelo Gabriele. Egli, appena sente la chiamata di Dio, abbandona ogni preoccupazione e subito si mette a seguirla: «San Giuseppe […] ci insegna che, in mezzo alle tempeste della vita, non dobbiamo temere di lasciare a Dio il timone della nostra barca. A volte noi vorremmo controllare tutto, ma Lui ha sempre uno sguardo più grande»8.

Così questo santo diventa per noi esempio eccellente di obbedienza alla volontà di Dio, al suo progetto di felicità nella nostra vita. Doveva, infatti, piacere proprio a Dio, divenuto bambino in Gesù, rimanere sottomesso a Giuseppe e imparare nella sua umanità l’obbedienza da colui il quale sempre fu pronto e lesto a seguire la Sua volontà. In questo gesto di profondissima umiltà del Signore ci viene rivelato il senso di ubbidienza che ci lega a Lui: non oppressivo, non repressivo, se Egli stesso si è sottomesso nella Sua umanità ad un uomo (giacché non lo poteva essere nella Sua divinità).

Così, «nel nascondimento di Nazareth, alla scuola di Giuseppe, Gesù imparò a fare la volontà del Padre. Tale volontà divenne suo cibo quotidiano (cfr Gv 4,34). Anche nel momento più difficile della sua vita, vissuto nel Getsemani, preferì fare la volontà del Padre e non la propria e si fece «obbediente fino alla morte […] di croce (Fil 2,89.

Conclusione

San Giuseppe nel silenzio e nel nascondimento della casa di Nazareth compie una delle più importanti e straordinarie vocazioni che l’uomo abbia mai potuto ricevere: custode della Sacra Famiglia. A questo potentissimo intercessore il papa ha affidato tutta la Chiesa in special modo quest’anno, perché «Tutti possono trovare in San Giuseppe, l’uomo che passa inosservato, l’uomo della presenza quotidiana, discreta e nascosta, un intercessore, un sostegno e una guida nei momenti di difficoltà. San Giuseppe ci ricorda che tutti coloro che stanno apparentemente nascosti o in “seconda linea” hanno un protagonismo senza pari nella storia della salvezza»10.


1 Francesco, Discorso per il momento straordinario di preghiera in tempo di epidemia, 27 marzo 2020, in http://www.vatican.va/content/francesco/it/homilies/2020/documents/papa-francesco_20200327_omelia-epidemia.html.

2 M. Piacenza, dalla sede della Penitenzieria Apostolica, l’8 dicembre 2020.

3 Mt 1, 18-19.

4 Francesco, Lettera apostolica Patris Corde, cap.7, in http://www.vatican.va/content/francesco/it/apost_letters/documents/papa-francesco-lettera-ap_20201208_patris-corde.html.

5 Giovanni paolo II, Esortazione Apostolica Redemptoris Custos, cap. IV par. 20, in http://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/apost_exhortations/documents/hf_jp-ii_exh_15081989_redemptoris-custos.html.

6 Ivi, cap. II par. 7.

7 Mt 1, 20-25.

8 Patris Corde, cap. 2.

9 Ivi, cap. 7.

10 Ibidem.

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Fra Paolo Maria Ignazio Zauli, nato a Bologna nel 1998, diplomatosi al liceo scientifico, ha emesso nel settembre del 2019 la professione semplice nell’Ordine dei Frati predicatori. Attualmente studia filosofia presso lo Studio Filosofico Domenicano.