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Abbiamo rivolto alcune domande a fra Marco M. Riatti, confratello della nostra Provincia che attualmente vive nel convento di Bogotà in Colombia per conseguire il dottorato in teologia.

1. Per prima cosa raccontaci un po’ qualcosa di te: come sei arrivato nell’Ordine?

Per la misericordia di Dio. Sono entrato a 19 anni nel seminario della mia diocesi, a Rovigo, e lì ho vissuto per sette anni, studiando filosofia e teologia. In questo periodo, ho conosciuto i domenicani come professori e compagni di classe nella Facoltà Teologica dell’Emilia Romagna di Bologna. La svolta è avvenuta nell’anno 2018-2019: sono stati mesi molto difficili: l’aiuto del Signore mi si è fatto concreto nella persona di due confratelli della nostra Provincia presso i quali ho trovato accoglienza ed entrambi mi hanno aiutato a “guardare in alto”, oltre le sconfitte umane e verso Dio. Ecco che nel giugno 2019 sono così uscito definitivamente dal seminario e in ottobre ho iniziato l’anno di prenoviziato tra i frati predicatori al convento di Bergamo. Ho professato i voti semplici il 4 settembre 2021 a Milano, insieme con altri 6 confratelli.

2. Per quanto riguarda questa esperienza d’interscambio provinciale, sei stato scelto o è stata una scelta tua? Cosa hanno detto i tuoi genitori quando l’hanno saputo e cosa dicono ora?

È stata una decisione del provinciale: a fine luglio del 2021 mi ha chiamato e mi ha presentato il progetto di trascorrere alcuni mesi in Colombia, chiedendomi che cosa ne pensassi. Ho accettato e, alla fine del colloquio, mi sono subito messo a cercare su internet informazioni su questo paese che non conoscevo. Prima di dirlo ai miei genitori ho aspettato un giorno: ci ho dormito su e poi ho telefonato a mia mamma. Certo, la prima reazione della mia famiglia è stata perlomeno stupita… però adesso sono contenti e hanno in programma di farmi visita qui in Colombia nel prossimo gennaio insieme a mia sorella, sarà anche il loro primo viaggio nel Nuovo Continente.

3. Qual è la realtà generale del convento che ti ha accolto e qual è il compito specifico dei frati domenicani in Colombia?

Sono stato assegnato al convento di Santo Domingo di Bogotà, uno dei tre conventi della capitale. Si tratta si una comunità ampia, perchè è composta attualmente di 16 frati in formazione (lo “studentato” di filosofia e teologia) più altri 18 frati che si dedicano quasi completamente alla Università San Tommaso d’Aquino, al Collegio Giordano di Sassonia e ad altre pastorali legate al convento. In generale, la Provincia di Colombia è dedicata a San Ludovico Bertràn (missionario in queste terre nel XVI secolo) e può contare su circa 200 frati, divisi in 9 conventi e 6 case. Credo che il tratto caratteristico dei frati colombiani sia l’apostolicità, ossia una grande intraprendenza pastorale che li porta a predicare il Vangelo in molte realtà: collegi e scuole, parrocchie, santuari, l’università con le sue diverse sedi e facoltà, missioni popolari e le missioni rurali in luoghi veramente lontani del territorio nazionale.

4. Ormai sei in Colombia da un anno e qualche mese: come hai vissuto questo grande cambiamento? Qual è la cosa che più ti ha colpito dei frati e del paese in particolare?

Fare un passo fuori dalla propria nazione e iniziare un percorso di vita all’estero richiede sempre un certo tempo di adattamento e molte energie per imparare cose nuove. Grazie a Dio, sono stato accompagnato passo dopo passo dai confratelli colombiani, dai superiori e dagli altri frati studenti, nell’apprendimento progressivo della lingua, delle abitudini, delle forme culturali colombiane molto diverse delle mie. Uscire dalla zona di comfort è un investimento sul futuro: all’inizio costa un poco però poi offre prospettive prima sconosciute.

In tutto ciò, mi sono venute incontro l’amabilità e l’allegria proprie del popolo di Colombia: ho sempre incontrato molte persone accoglienti e ben disposte nei miei confronti, socievoli e pronte a integrarmi nel loro mondo.

5. Come procedono i tuoi studi? Cosa ci puoi raccontare della teologia che hai conosciuto in Colombia?

Adesso, fine di novembre 2022, sto concludendo il primo anno del dottorato in teologia presso la Pontificia Università Javeriana di Bogotà. Sono nella fase di definizione del progetto di studio, e particolarmente sto presentando al Consiglio di facoltà le mie proposte di ricerca teologica. La teologia in Colombia ha alcuni tratti specifici: meno teoretica e meno cattedratica che in Europa, porta l’eredità di una lettura latinoamericana del Concilio Vaticano II e (tra le altre) della teologia della liberazione. In questi anni, poi, si sono sviluppati molti filoni di studio sui temi cari al papa Francesco: l’ambiente e la natura (eco-teologia), la sinodalità, la teologia femminista e la teologia indigena, il tema della pace e della fraternità come via di soluzione ai conflitti armati che tuttavia continuano in modo molto acceso in alcune aree del Paese.

6. Infine: cosa credi che hai portato dall’Italia da lasciare ai frati colombiani, e tu quando dovrai tornare in Italia cosa ci porterai?

Bella domanda! Quando sono arrivato a Bogotà, il 30 settembre 2021, avevo solo una valigia di 23 kg: nulla di più che alcuni vestiti, il pc e alcuni santini di San Domenico da regalare ai neo-confratelli colombiani come ringraziamento per l’ospitalità. Quindi non ho portato nulla di materiale… piuttosto, credo sia molto utile e arricchente l’esperienza di reciproca conoscenza e amicizia che stiamo costruendo lungo tutti questi mesi. Pur nelle rispettive diversità, abbiamo imparato a stimarci e a condividere idee e prospettive, la nostra maniera di vivere la vita religiosa e di studiare la teologia. Quando ritornerò in Italia, credo che sarà esattamente questo ciò che di più importante porterò con me: la scoperta di come l’Ordine dei Predicatori può vivere in differenti contesti, alcune nuove modalità di annunciare il Vangelo, il camminare a fianco del Signore… infine lo spagnolo sudamericano!

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Sono nato a Medellín, in Colombia, cresciuto in una famiglia molto numerosa, dove imparai ad apprezzare la bellezza della vita prima di ogni altra cosa, nonostante le difficoltà. Sono andato via da casa molto giovane, mosso da una irrefrenabile curiosità per la vita. Dopo tante esperienze, all’età di 24 anni, nel mezzo di un buio esistenziale, ho avuto pensieri profondi intorno al fine ultimo e alla fede, dopo tante riflessioni, spinto da una chiamata sono entrato nell’Ordine mosso dal desiderio di amore infinito e di Verità. Ora sono a Bologna per studiare filosofia e teologia.